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Alex, 10 anni dopo il naufragio: «Ora torno a vivere»

Alex Brandini, pianista sulla Costa Concordia la notte del naufragio, ci racconta come ha ritrovato la voglia di vivere
Alex Brandini nella sua casa - maremmaoggi.net
Alex Brandini nella sua casa

di Giancarlo Mallarini

GIUNCARICO. Quando sono trascorsi quasi 10 anni dal naufragio della Costa Concordia, era il 13 gennaio 2012, mi ritrovo a guidare su soavi colline, verde soleggiato e olivi addormentati. La strada porta a casa di Alessandro Brandini, il pianista della Concordia. Il solco asfaltato improvvisamente diventa case, porte, finestre, balconi, circolo Arci.

«Qui hanno suonato e cantato moltissimi personaggi diventati famosi, anche i Pooh – mi dice l’uomo dai capelli bianchi – io strappavo i biglietti davanti all’ingresso». La musica chiama la musica, penso, Alex ha trovato rifugio nel posto giusto.

Mi aspetta davanti casa, insieme a Rocco, l’inseparabile cane trovato dentro un cassetto dell’immondizia. In casa conosco Luna la gatta nera. «La vidi mentre suonavo in un locale, era piccolissima. Si muoveva tra i tavoli, ogni tanto sbatteva nei piedi della gente. Finita la serata caricai i miei attrezzi in macchina e mi misi in viaggio. Ad un tratto ecco un miagolio, poi un altro. Mi fermai, aprii il bagagliaio e lei mi guardò con gli i suoi occhi gialli. Da allora ci vogliamo bene».

Alex accarezza Luna e gioca con Rocco, fuori dalla portafinestra si sono radunati altri felini, lui apre facendoli entrare. Questo basta per capire l’animo di questo ragazzo, sentirne il battito, intuire il suo mondo dove ha scelto di vivere, avvertire il suo passato coperto di cicatrici, tastarne il vissuto di marinaio perennemente tra le onde, sempre in viaggio con il mondo sotto le scarpe, nelle orecchie e tra gli occhi. Alex è una nave.

Alex, il pianista: qui ho ritrovato la pace

«Qui ho ritrovato pace, serenità e voglia di vivere – racconta mentre dai vetri entra il sole e un panorama rigenerante – qui sono riuscito, da solo, a curare i miei dolori, a dominarli, forse a capirli».

Matrimonio, moglie scomparsa insieme al figlio. «Ogni volta che ho toccato l’apice sono precipitato in terra – dice con una vena di amarezza subito ripudiata – come dieci anni fa quando la nave ha toccato lo scoglio delle Scole mentre cantavo davanti a un mare di persone, mentre tutto mi sorrideva e mi appariva incrollabile».

Una carezza a Rocco, un richiamo a Luna. «Nel momento del disastro – riprende – ho avuto un attimo di panico. È stato quando ho dovuto sfondare la porta della mia cabina nel buio e nel caos più totale per prendere il giubbotto di salvataggio. Risento gli odori, le urla di quegli istanti. Quindi sono riuscito a ritrovare la lucidità. Questo mi è servito a capire come comportarmi nei periodi neri, quelli che graffiano, pungono, aprono ferite, quelli che potrebbero farti affogare».

Pausa. Apre il pianoforte – è un regalo, spiega, di una persona speciale che custodisco con immenso amore, Rocco e i gatti si accomodano sul divano.

«Fanno sempre così, sono i miei spettatori quando suono e canto in casa» spiega Alex mentre dai tasti bianchi e neri escono le note di “La notte dei miracoli” di Lucio Dalla. La replica adesso, in quella stanza piena di strumenti, forse un giorno ospiterà una nuova vita, con gli animali a contemplarlo. Minuti di grande emozione. «Stavo cantando questa canzone – ricorda – e questa canzone ogni volta mi dice che mi sono salvato nella notte del Giglio».

Alex, entrato in Costa da giovanissimo

Cancellato l’istante Alex riprende il racconto: «Il primo provino per entrare in Costa Crociere l’ho fatto, giovanissimo, a Desenzano del Garda in un convento, tra preti e suore. Qualche giorno dopo è arrivata la telefonata di consenso insieme alla premonizione che sarei riuscito a farmi conoscere. Così sono iniziati i miei 20 anni di mare, il mio girovagare infinito nel mondo, respirandone l’essenza a pieni polmoni. Alla prima crociera ho avuto il mal di mare con relativa corsa furibonda in bagno. E’ stata l’unica volta».

«Il mio percorso non è stato facile. Adesso ho un repertorio superiore ai quattromila brani, che canto in italiano, francese, spagnolo e inglese riuscendo a soddisfare le tante richieste durante le esibizioni – lo dice con orgoglio – ho faticato, sudato, passato notti in bianco. In definitiva devo dire che ho saputo trasformare quel naufragio in un fiore colorato e ricco di contenuti. Mi sento migliore di prima».

Il finale è una nuova apertura d’animo. «Non sopporto l’arroganza, la mancanza di rispetto e, con l’età, le combatto senza peli sulla bocca rischiando anche di perdere qualche pezzo per strada. Adesso suono anche la chitarra elettrica acquistata in America tanti anni fa. Credo nel mio dio, quello che gli ruota intorno non mi appartiene e non mi interessa. Credo nel domani».

 

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