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Via al restauro dell’eremo del santo che uccise il drago

Castiglione, grazie al Pnrr, recupera le rovine del meraviglioso eremo di Guglielmo di Malavalle. Il ruolo decisivo di Enzo Montalti dell’Asbuc di Tirli
La visita ai lavori dell’Eremo di Guglielmo di Malavalle: Enzo Montalti, Susanna Lorenzini, Elena Nappi e Barbara Fiorini

CASTIGLIONE DELLA PESCAIA. Una leggenda narra che Guglielmo di Malavalle, noto anche come Guglielmo di Aquitania e San Guglielmo il Grande, nato in Francia e morto a Castiglione della Pescaia nel 1157, abbia anche ucciso un drago, che si aggirava nella macchia fra il paese sul mare e le prime case abitate a Tirli.

Lo fece con un semplice tocco del suo bastone.

San Guglielmo ringrazia Dio per averlo aiutato a uccidere il drago (Antonio Nasini, chiesa di Sant'Agostino, Massa Marittima)
San Guglielmo ringrazia Dio per averlo aiutato a uccidere il drago (Antonio Nasini, chiesa di Sant’Agostino, Massa Marittima)

Cavaliere francese appartenente alla famiglia ducale d’Aquitania, dopo la scomunica ad opera di Papa Eugenio III Guglielmo si è convertito ad opera di Bernardo di Chiaravalle. Dopo aver compiuto tutti e tre i grandi pellegrinaggi medioevali (a Santiago di Compostella, Roma, Gerusalemme), sarebbe giunto in Toscana dove sarebbe diventato eremita. Dopo un periodo passato fra Pisa e Volterra, scelse la zona di Malavalle, fra Castiglione e Tirli, per condurre una vita come anacoreta in preghiera, in silenzio, in digiuno e penitenza.

L’eremo di Malavalle era un complesso monastico fondato dai seguaci di San Guglielmo di Malavalle. Una piccola cappella fu costruita sopra la tomba di San Guglielmo di Malavalle ed intorno a questo luogo si riunirono i suoi seguaci. A seguito di molte testimonianze di miracoli operati per intercessione di Guglielmo, il papa Alessandro III concesse il culto del santo (1174) ed approvò la regola dei Guglielmiti (1211). Nel corso del XIII secolo molti eremiti giunsero a Malavalle.

Il monastero fu edificato tra il 1230 e il 1249 da Papa Gregorio IX e divenne uno dei principali centri spirituali della Maremma.

I monaci hanno abitato il monastero fino alla seconda metà del XVIII secolo.

Via al restauro dell’eremo di San Guglielmo

Adesso, dopo un periodo in cui è stato lasciato in rovina, sono partiti i lavori di restauro dell’eremo di San Guglielmo di Malavalle. E nei giorni scorsi il sindaco Elena Nappi, accompagnata dall’assessore Susanna Lorenzini, ha visitato il cantiere per fare il punto sugli imponenti lavori di restauro eseguiti grazie ai fondi europei “Next Generation EU” del Pnrr.

«Un importante intervento – affermano la sindaca Elena Nappi e l’assessore Susanna Lorenzini – che ci ha fatto scoprire un immenso tesoro sepolto da secoli. Ringraziamo il presidente degli Usi Civici di Tirli, Enzo Montalti, per il progetto presentato e l’architetto Barbara Fiorini che ha seguito il recupero».

«Siamo consapevoli che il lavoro da fare è ancora lungo, le sfide aperte sono tante, stiamo lavorando per reperire nuovi fondi per completare gli interventi necessari ad impedire ulteriori danneggiamenti. L’eremo di San Guglielmo ha un’importanza storica per il nostro territorio e l’obiettivo di questa amministrazione è quello di continuare a valorizzarlo, speriamo in tempi brevi visto che il 2025 sarà l’anno del Giubileo e vorremmo dedicare al nostro santo patrono iniziative speciali che ci permetteranno di riscoprire la sua storia e il mito che ha legato il suo nome alla nostra comunità».

Le rovine dell’eremo di San Guglielmo di Malavalle, meta di tanti pellegrinaggi e visitatori locali e forestieri, erano completamente nascoste dalla vegetazione e ormai prossime al collasso definitivo.

Lavori grazie alla tenacia di Enzo Montalti

Questi interventi, giunti a compimento grazie alla tenacia di Enzo Montalti presidente del comitato Asbuc di Tirli e alla validità del progetto elaborato dall’architetto Barbara Fiorini, rappresentano un importante traguardo di ricerca storica e di recupero del sito per riportare alla luce l’originale struttura di questo monumento che ha valore non soltanto a livello locale ma anche europeo.

«Scoperte molto importanti – dichiara l’architetto Barbara Fiorini – che possono svelare un mondo ancora celato sono state fatte grazie al lavoro sinergico che ho diretto con l’archeologa Irene Corti e con la Soprintendenza».

«L’eremo di San Guglielmo è un luogo di fede e di comunità che spero trovi la giusta valorizzazione attraverso i nuovi lavori di scavo e restauro. È infatti un luogo di enorme potenzialità che auspico possa tornare a manifestare tutta la sua imponenza. Ringrazio don Franco Cencioni per aver dato inizio a questo cammino, la Soprintendenza prima e l’Asbuc di Tirli dopo per avere investito su questo bene».

«Il recupero – conclude Enzo Montalti presidente del comitato Asbuc di Tirli – è stato possibile grazie anche alla disponibilità dei tirlesi che tramite Asbuc hanno sostenuto l’intervento con un consistente contributo finanziario, e alla straordinaria professionalità delle maestranze della ditta Faser».

 

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