SCARLINO. Tutto ruota intorno alle autorizzazioni per lo stoccaggio dei gessi rossi. E a nemmeno 24 ore dalla festa dei lavoratori, la preoccupazione espressa dagli assessori regionali Leonardo Marras e Monia Monni, è la dimostrazione che la crisi che sta attraversando la Venator è seria.
Marras e Monni hanno scritto una lunga lettera aperta, per mettere in chiaro un fondamentale elemento di verità: quello della preoccupazione di fronte “all’ennesimo atto sconsiderato” compiuto dall’azienda che ha annunciato la sospensione dell’attività produttiva «raccontando una visione come minimo parziale dei fatti».
«Nessun progetto presentato»
Che la Venator stia attraversando una crisi tremenda, nessuno lo mette in dubbio. «Ma nel corso degli anni – dicono i due assessori – da parte delle istituzioni c’è stato il massimo impegno per trovare soluzioni in grado di consentire all’azienda di proseguire nella sua attività e nel suo rapporto con il territorio. Sul tema della collocazione dei gessi, una volta esaurito il sito di Montioni, era chiara a Venator la necessità di dover intervenire per ridurre la quantità di gessi prodotti e di doversi dotare di una discarica per poter gestire correttamente quanto necessario, ma da parte di Regione e Comune mai è venuta meno la disponibilità a lavorare per trovare soluzioni transitorie, comunque rispettose di norme e salute. Tuttavia per essere valutati i progetti devono essere presentati e per essere approvati devono rispondere a requisiti di legge posti a tutela di ambiente e salute».
Ecco perché, affermano ancora Monni e Marras, «dire che Venator non abbia ricevuto le autorizzazioni ambientali per i propri progetti è una mistificazione. La verità è che la Regione rilascia autorizzazioni ogni giorno, ma lo fa quando ci sono le condizioni tecniche e normative per farlo. Qui, in molti casi, non c’è nemmeno un progetto e, quando c’è, pare presentato per pulirsi la coscienza più che per vederlo autorizzato».
Di fronte a questa situazione assicurano Monni e Marras «non ci fermeremo e continueremo a lavorare con il massimo impegno» e annunciano che «la prossima settimana incontreremo nuovamente proprietà e lavoratori, insieme alla Provincia di Grosseto e al Comune di Scarlino».
«Per trovare soluzione al problema dei gessi rossi serve che l’azienda faccia gli investimenti attesi. Confidiamo in un atteggiamento più costruttivo della Venator – si chiude la lettera -Esprimiamo solidarietà alle lavoratrice e ai lavoratori e assicuriamo il nostro impegno per arrivare ad una positiva risoluzione».
L’affondo di Fratelli d’Italia: «Immobilismo e lentezza della Regione»
Immobilismo e lentezza della Regione. Con queste parole Fratelli d’Italia parte all’attacco sulla vicenda Venator. «La Regione deve provvedere ad approvare l’autorizzazione temporanea allo stoccaggio dei gessi rossi nel terreno messo a disposizione da parte del comune di Scarlino», dicono il deputato e coordinatore regionale di Fratelli d’Italia-Toscana, componente della commissione Ambiente della Camera, Fabrizio Rossi e il coordinatore provinciale Luca Minucci.
«Arrivati a fine aprile – aggiungono – con la Regione Toscana che ancora non ha dato le autorizzazioni necessarie, giocoforza la Venator si trova costretta a fermare tutto, in quanto non sa dove poter stoccare il materiale di scarto della lavorazione del biossido di titanio, i famosi gessi rossi. Di tutto questo a farne le immediate spese sono i lavoratori, ma anche tutto l’indotto. Lavoratori che si vedranno costretti alla Cig a zero ore, con enormi ripercussioni familiari».
Potere al popolo: «Stesse merci, regole diverse»
È un’analisi di respiro più ampio quella di Potere al popolo di Grosseto, che pone l’accento sull’abbandono, da parte dei governi di centrodestra e di centrosinistra della difesa delle produzioni nazionali. «Sono state sottoscritte le regole neoliberiste del WTO – tuonano – che consentono la libera circolazioni dei capitali e merci, ma non delle stesse regole. Se la UE prima e il Parlamento italiano poi hanno stabilito che i fanghi rossi Tioxide non potevano più essere scaricati in mare nel Tirreno o depositati senza cautele in una cava, ha significato imporre una giusta tutela al territorio che però ha un costo, che le altre fabbriche nel mondo della stessa multinazionale non hanno».
Perché quindi, si domanda Potere al popolo, si consente che nel mercato europeo si possa importare lo stesso prodotto da paesi che non si vogliono dare quelle stesse tutele ritenute da noi necessarie?
«I vari partiti che sono d’accordo sulla libera circolazione di merci e capitali senza regole non possono essere sorpresi se una multinazionale scelga di produrre dove ha i costi inferiori – dicono – Questi partiti mostrano un’evidente ipocrisia di fondo. Non si può accettare una concorrenza di chi produce lo stesso prodotto senza i costi di smaltimento»-
Per il partito di sinistra dev’essere «trovata una soluzione mediante un cambio di paradigma produttivo, che metta al centro la pianificazione di un modello alternativo di produzione compatibile con l’ambiente, elementi che non sono pensabili dentro la logica del profitto a tutti i costi e della concorrenza capitalistica».
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