Venator chiede il concordato negli Usa. Ora il futuro è incerto Skip to content

Venator chiede il concordato negli Usa. Ora il futuro è incerto

Tre incontri in tre giorni e tanta preoccupazione. Il problema strutturale di Venator: costi dell’energia e delle materie prime. E inadeguatezza della politica
Lo stabilimento della Venator a Scarlino
Lo stabilimento della Venator a Scarlino

SCARLINO.  Venator, la multinazionale che produce biossido di titanio nello stabilimenti di Scarlino, ha presentato in una corte degli Stati Uniti istanza di accesso al chapter eleven, una procedura concorsuale che precede un accordo coi creditori che prevede la continuità produttiva.

Già a fine aprile, il vice presidente della società aveva informato per lettera i lavoratori, i sindacati e gli amministratori della crisi aziendale, annunciando la riduzione dei livelli produttivi con la previsione di attivare gli ammortizzatori sociali per le maestranze. Ma la questione, in quel caso, era legata alla mancanza di un sito in cui stoccare i gessi rossi. 

Il problema di fondo è il sito per i gessi 

La notizia ha mandato in fibrillazione maestranze, sindacati, amministratori, aziende dell’indotto. Tutti giustamente preoccupati per la sorte dei lavoratori ai quali già ieri i vertici aziendali hanno detto di «stare tranquilli», ma che tranquilli non sono.

«Qualcosa di simile ad avere il cappio al collo e stare su uno sgabello al quale manca una gamba», ha commentato stamani qualcuno. 

In attesa degli incontri di oggi, tra Venator e amministratori locali, del tavolo regionale programmato già da tempo per domani, e dell’assemblea dei lavoratori di giovedì con Rsu e sindacati, il quadro è abbastanza fumoso.

Il problema restano le autorizzazioni per lo stoccaggio dei gessi rossi. Quello di Scarlino è uno stabilimento importante per la multinazionale e se viene trovata una soluzione per gli scarti potrà continuare a produrre.

Venator, molte la variabili da considerare

Detto questo, le variabili da considerare sono molte e sono legate all’andamento del mercato, che negli anni ha avuto fasi alterne, segnate anche dai cambiamenti normativi. Sono dinamiche che si sviluppano su un livello internazionale, che non è semplice analizzare e che rendono difficile fare previsioni

Dunque non resta che aspettare gli incontri di oggi e dei prossimi giorni, per capire quale orientamento verrà assunto.

Il problema strutturale: i prezzi delle materie prime, il costo dell’energia e l’inadeguatezza della politica

Quello che nessuno ha il coraggio di dire a chiare lettere è che la sommatoria di tre fattori rischia di rendere la crisi irreversibile.

Storicamente Venator soffre per la possibilità di stoccare i residui della lavorazione, i cosiddetti gessi rossi.

La cui pericolosità non è mai stata scientificamente dimostrata ma che nessuno vuole. E così ogni soluzione si è scontrata con la debolezza della politica, pronta a fare marcia indietro di fronte a ogni protesta dell’ultimo dei comitati e alle ansie elettorali delle amministrazioni locali. Follonica prima, Gavorrano poi, Campagnatico; ogni soluzione è naufragata.

Dal lato della azienda, che persegue il profitto, si è fatto di tutto per contenere i costi dello smaltimento, preferendo soluzioni complicate pur di risparmiare. 

Da parte della politica in compenso non si è mai dato una risposta chiara, nè tantomeno veloce. Iter farraginosi, riavviati più volte, sovente rimettendo in discussione quanto già deciso.

Tante parole per professare il sostegno al mantenimento della occupazione ma pochi fatti per tutelarla concretamente.

Oggi però a rendere forse irreversibile la sospensione della produzione si sono aggiunti due fattori: il caro energia e quello delle materie prime. E anche una minor richiesta del prodotto finito.

Il ricorso alla procedura concorsuale della liquidazione controllata è il risultato della somma delle circostanze sopra illustrate.

Forse una maggiore efficienza della pubblica amministrazione nell’affrontare il problema dello stoccaggio dei gessi non sarebbe bastata a scongiurare la crisi. Non lo sapremo mai. 

Un cosa è certa: l’efficienza nel dare risposte – in termini di procedimenti autorizzativi celeri – non c’è stata e si è preferito sacrificare il sostegno all’economia di fronte alle proteste di chiunque alzasse la voce. Senza una vera valutazione della fondatezza delle ragioni dell’opposizione.

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