SCARLINO. Primo importante incontro a palazzo Sacrati a Firenze del tavolo istituzionale richiesto dalla Provincia di Grosseto e convocato dagli assessori regionali Leonardo Marras e Monia Monni per discutere della situazione dell’azienda Venator di Scarlino.
All’incontro, che si è svolto alla presenza di Jim Holden, manager dell’azienda, e degli assessori regionali, hanno preso parte i sindaci della zona nord della Provincia di Grosseto, il presidente Francesco Limatola, i sindacati e le Rsu.
Alla base della discussione, ovviamente, il tema più caldo della questione Venator: la collocazione del materiale di scarto ottenuto dalla produzione del biossido di titanio i gessi rossi.
«È arrivato il momento di fissare impegni seri e concreti che garantiscano prospettive economiche e occupazionali. – spiega Limatola – All’azienda chiediamo di recuperare la prospettiva futura e di pianificare al meglio i passi da fare nel breve termine, per poi concentrarsi sul medio e sul lungo periodo. Per questo ha assolutamente senso parlare di un protocollo d’intesa: serve una scansione molto chiara sui passi futuri».
Il presidente Limatola e i sindaci presenti hanno espresso profonda preoccupazione per i numerosi dipendenti che lavorano nell’azienda, fortemente interconnessa a tutte le realtà industriali del territorio di Scarlino.
Va trovata una discarica per i gessi rossi
Durante l’incontro è stato chiarito il percorso da seguire nell’immediato: individuare, nel brevissimo termine, una discarica dove conferire i gessi rossi e contestualmente, attendere l’esito della vicenda relativa al completamento del ripristino della cava di Montioni, oggi bloccata dalla diffida regionale sulla quale pendono due ricorsi al Tar.
Infine, per il lungo termine, si è convenuto che è indispensabile la definizione di un protocollo d’intesa tra le varie parti, dove l’azienda dovrà condividere tutti i suoi obiettivi, le strategie, i siti di conferimento e i progetti concreti, con tempistiche chiare, di riuso del gesso rosso e di riduzione del materiale di scarto.
«Valutiamo positivamente – commenta Limatola – quanto detto dall’azienda sulla possibilità di ridurre del 50 per cento in 5 anni i gessi grazie alla tecnologia alla ricerca e allo sviluppo di nuovi processi operativi».
Raggiungere l’opzione zero è l’obiettivo auspicato ma, per farlo dovrà essere individuato rapidamente un sito di stoccaggio dove conferire la rimanente parte non più come ripristino ambientale, ma attraverso il conferimento in discarica quindi sicuramente con regole ancor più stringenti rispetto al ripristino.
«In questo momento occorre alzare lo sguardo e mettere in salvaguardia il polo del Casone che rappresenta una fetta importante di Pil della provincia di Grosseto. È in gioco la serenità di tante famiglie dei nostri concittadini – conclude Limatola – Serve una prospettiva certa sulla quale lavorare ma siamo fiduciosi nel lavoro di concertazione tra Regione e azienda per individuare una soluzione».
La sindaca di Scarlino: «Finalmente ricevuti in Regione»
Francesca Travison, e l’assessore all’Urbanistica, Cesare Spinelli, hanno incontrato negli uffici della Regione Toscana le istituzioni, i vertici dell’azienda Venator e i sindacati. Al centro della riunione la vicenda dei gessi rossi.
«Finalmente, dopo due mesi di attesa – dichiara il sindaco – siamo stati ricevuti dalla Regione Toscana per affrontare la questione degli scarti di lavorazione di Venator, in seguito alle ultime vicende che hanno bloccato il conferimento nella zona di Montioni».
«È emerso che l’azienda sta cercando soluzioni alternative per depositare i residui nel rispetto delle normative. Ormai è evidente che una soluzione, condivisa e che tuteli l’ambiente, va trovata e in fretta: già troppo tempo è stato perso».
«Dobbiamo dare risposte a una realtà produttiva che coinvolge tantissimi nostri concittadini, residenti nel nostro territorio. Il Comune di Scarlino, come sempre in questi ultimi mesi, resta a disposizione dell’azienda e dei lavoratori: l’Amministrazione comunale aveva dato parere favorevole ad alcune soluzioni che oggi non sono più praticabili. Adesso non servono più solo soluzioni tampone ma un progetto a lungo termine che metta in sicurezza i posti di lavoro e tutto l’indotto economico che quell’azienda coinvolge».
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