GROSSETO. Un giudice del tribunale di Grosseto. E un avvocato, che difende un uomo accusato di aver aggredito la propria moglie e il compagno di lei. Sono stati loro a sollevare una questione giuridica alla Corte costituzionale che giovedì 6 febbraio ha depositato la sentenza numero 9 con la quale è stata ritenuta non fondata la questione sollevata da Sergio Compagnucci, oggi presidente della sezione penale e discussa a Roma dall’avvocato Riccardo Lottini che difende l’imputato.
La questione sollevata riguardava la procedibilità d’ufficio o meno nei casi di sequestro di persona, quando il reato viene commesso nei confronti del coniuge. Quesito imprescindibile, questo, per il presidente Compagnucci che un anno e mezzo fa, come giudice per l’udienza preliminare , si era ritrovato ad occuparsi del caso. La donna e il suo nuovo compagno, avevano ritirato la denuncia nei confronti dell’uomo. E sulla base della «riforma Cartabia», che ha reso in via generale il sequestro di persona procedibile a querela di parte, il giudice aveva sollevato il problema. Ma la Corte Costituzionale ha scelto di mantenere la procedibilità d’ufficio del sequestro di persona, quando sia commesso in danno del proprio coniuge.
Ritirano la querela ma il reato resta
È la quarta volta che vengono sollevate questioni alla Corte costituzionale in procedimenti patrocinati dall’avvocato Riccardo Lottini. Le prime tre volte, le questioni sollevate sono state accolte dai giudici del più importante organo di garanzia costituzionale. Questa volta, però, la questione sollevata dal giudice Compagnucci non è stata accolta.
L’imputato, accusato di sequestro di persona dall’ex moglie e dal nuovo compagno di lei, aveva risarcito loro i danni e i due avevano rimesso la querela. L’avvocato Lottini aveva chiesto la riqualificazione del reato da sequestro di persona a violenza privata. Ma il giudice aveva deciso di rivolgersi direttamente alla Corte costituzionale, per fugare ogni tipo di dubbio sul rispetto della Costituzione. E così, da Grosseto, la richiesta è arrivata a Roma.
Compagnucci aveva chiesto che questa disciplina fosse dichiarata incostituzionale. Secondo il giudice, le ragioni che hanno indotto il legislatore del 2022 a subordinare la punibilità del sequestro di persona alla querela della persona offesa – in particolare, l’intento di favorire una conciliazione bonaria tra le parti – varrebbero a maggior ragione nell’ipotesi in cui autore e vittima siano uniti in matrimonio. Ciò anche a garanzia del valore dell’unità familiare, riconosciuto dall’articolo 29 della Costituzione.
Maggiore tutela sulle donne vittime di violenza
La Corte non ha condiviso questa prospettazione. La Consulta ha sottolineato che il legislatore ha mantenuto il regime di procedibilità d’ufficio di alcune ipotesi aggravate di sequestro di persona in cui vi siano particolari esigenze di tutela della vittima nel contesto di relazioni familiari.
Nell’ambito di queste relazioni esiste un concreto rischio che i soggetti più vulnerabili siano esposti a pressioni indebite, affinché non presentino querela o la rimettano. Proprio per tale ragione, la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, ratificata dall’Italia nel 2013, vieta agli Stati che ne sono parte di subordinare alla querela della parte i procedimenti penali per i reati di violenza fisica contro questa tipologia di persone offese, e stabilisce che il processo penale debba continuare anche quando la vittima ritiri la propria denuncia.
L’interesse alla conservazione dell’unità del nucleo familiare – ha concluso la Corte – non può prevalere rispetto alla necessità di tutelare i diritti fondamentali delle singole persone che ne fanno parte.
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Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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