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Quando si stampava col piombo: la tipografia con 109 anni di storia

Esiste una “bottega” ancora più vecchia del Comune di Follonica (cento anni quest’anno) ed è La Poligrafica, tipografia nata nel 1914
109 anni di storia per la tipografia La Poligrafica
109 anni di storia per la tipografia La Poligrafica

FOLLONICA. Esiste una “bottega” ancora più vecchia del Comune di Follonica (cento anni quest’anno) ed è La Poligrafica, tipografia nata nel 1914.

Lontano dalla tecnologia di oggi, la necessità della stampa su carta ha riguardato tutti almeno una volta nella vita: biglietti d’auguri, manifesti, partecipazioni, ringraziamenti, biglietti della lotteria, d’ingresso ai veglioni e in epoca più recente i blocchetti delle ricevute fiscali. Di rimbalzo, alzi la mano chi non ha mai comprato un quaderno, penne o pennini, album o libri, nella cartolibreria accanto (inizialmente aperta nel 1952 in via Amorotti).

La Poligrafica della famiglia Ferrini è stata quindi una presenza costante, un punto di riferimento per diverse generazioni per molto, molto tempo.

La loro storia comincia con Calab Ferrini nato primogenito nel 1891 ad Orbetello e trasferitosi a Follonica nel 1908, pare su suggerimento di un maestro di musica.

Questo giovanissimo ragazzo, che già lavorava dall’età di nove anni nella tipografia lagunare, quando arrivò a Follonica per iniziare una vita sua trovò subito lavoro in quella di Corradino Mori, a quel tempo ubicata dietro l’ufficio postale che, a sua volta, era adiacente a l’Ufficio di Bonificamento (oggi chiamato casello idraulico).

Fu qui che Calab finì di imparare il mestiere e lo imparò così bene che quando nel 1914 il Mori decise di andare in pensione, lui appena ventitreenne, si sentì pronto a prenderne il posto e fondò La Poligrafica. Al suo fianco l’amico e collega Rigoletto Salvini che rimarrà con lui fino al 1953, anno in cui Rigoletto lasciò il lavoro.

Per ben trentanove anni la tipografia fu la ditta “Ferrini & Salvini”.

Da destra Ferruccio Ferrini (padre di Calab), Vera Bugiani, una lavorante, Calab Ferrini e Rigoletto Salvini.

Inizia da qui una lunga e incredibile storia, una storia di altre epoche e di famiglie che hanno contributo a scrivere le pagine dello sviluppo di un piccolo paese affacciato sul Tirreno. E che per questo non vanno dimenticate.

La stampa del Risveglio

Dopo che Calab e Rigoletto ebbero rilevato l’azienda, complici il Tosi e l’Orlandini, La Poligrafica cominciò a stampare il giornale di propaganda politica Il Risveglio, un settimanale socialista della provincia di Grosseto; parallelamente Calab dedicava il restante tempo ad evadere le tante commissioni che arrivavano in bottega. Va ricordato che in quegli anni la carta stampata era il solo modo per divulgare le notizie, quindi è facile immaginare che le macchine dovessero procedere ad un ritmo assai costante.

In più, il giovane aveva un chiaro obiettivo da raggiungere e cioè la sicurezza economica che potesse permettergli di chiedere in moglie la sua amata; d’altra parte gli occhi dolci di una certa ragazza avevano fatto breccia nel cuore del giovane Ferrini.

Lei era Annita Giani, la figlia più grande della famiglia che lo aveva ospitato quando Calab arrivò a Follonica.

Non passò nemmeno un anno e i due giovani convolarono a nozze: da questo matrimonio nacquero Danilo e Dino.

Tutto andava per il meglio: una volta cresciuti Danilo intraprese la carriera militare in marina, mentre Dino all’età di tredici anni scelse di lavorare in famiglia. Il lavoro non mancava, i rapporti con il socio e amico Rigoletto erano collaborativi ma la sorte, che fino all’ora aveva sorriso, d’un tratto girò il viso altrove e quando nel 1918 arrivò l’epidemia di “spagnola”, si portò via Anita che aveva solo 24 anni.

Fortunatamente la sorella di lei, Bruna, si dedicò ai due piccolissimi nipoti fino a sostituire il ruolo della madre che avevano perduto, una volta celebrato il matrimonio (quasi obbligato) con Calab.

Da questa nuova unione nacquero Aurelio, Ferruccio (detto “Fuccio”) e Annita .

Arriva la macchina Marinoni

In questo intervallo di tempo la famiglia Ferrini continuò a testa bassa il proprio lavoro, ingrandì l’attività investendo in nuovi e sempre più moderni macchinari per la stampa come la grande Marinoni che stampava in formato molto più grande di quello che si era visto fino a quel momento. (La grande stampatrice si trova oggi esposta nella biblioteca comunale di Follonica).

Con l’insorgere dell’ideologia fascista anche i Ferrini passarono momenti difficili: intanto fu vietato loro di stampare il settimanale Il Risveglio, poi Dino fu richiamato al servizio di leva e con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale il ragazzo stette ben sette anni lontano da casa.

Chi rimase fu costretto a cambiare sede alla tipografia almeno due volte, chissà se perché erano antifascisti o semplicemente di origine ebrea. Fatto sta che prima aprirono in via Parri e poi, nei primi anni cinquanta, in via Amorotti dove fu aperta anche la cartolibreria, la prima di Follonica. In quegli anni il padre di Calab, Ferruccio, rimasto solo ad Orbetello, raggiunse il figlio stabilendosi anche lui a Follonica.

 

A sinistra dall’alto in basso: Anita, Dino, Antonio Braccini. A dx Calab Ferrini, Vera Bugiani (futura moglie di Dino e sorella di Luciano) e Vilma Braccini (zia di Antonio).

Con la fine del conflitto mondiale Dino tornò a casa e poco dopo convolò a nozze con Vera Bugiani (da cui nacquero Bruno e Alberta). Nell’occasione fu cambiata anche la ragione sociale che, dal momento del rientro a casa di Dino, divenne “La Poligrafica, Calab Ferrini & Figlio”.

Calab intanto aveva già cominciato a costruire la nuova e definitiva sede in via Matteotti, sopra la quale aveva previsto anche le abitazioni per i vari nuclei familiari dei Ferrini. Uscio e bottega.

Nel 1955 tutto è pronto per un nuovo trasloco che porta La Poligrafica in via Matteotti.

La famiglia vicino alla nuova macchina da stampa.

Con questa nuova sede si entra in quella che possiamo definire la storia recente di questa grande famiglia e quindi, invece di mettere insieme pezzi lontani di un puzzle stinto e difficile da comporre, è un piacere parlare direttamente con Alberta, figlia di Dino e Vera e nipote di Calab.

Dino Ferrini
Calab Ferrini

Una macchina tedesca per la svolta

«Lo ricordo benissimo il giorno del trasloco: era l’11 febbraio e avevo nove anni” – ricorda sicura. “A quel tempo si festeggiavano ancora i Patti Lateranensi quindi è impossibile dimenticarlo o sbagliarsi sulla data.. Accanto alla tipografia mio nonno Calab volle riaprire anche la cartolibreria e la fece gestire a mia zia Annita».

 

1955- Anita Ferrini nella nuova cartolibreria in via Matteotti.
2002- Bruna Giani Ferrini

«A quel punto l’azienda era davvero grande: gli spazi che accolsero la tipografia permisero anche l’acquisto di una nuova macchina stampatrice, l’automatica Heidelberg di produzione tedesca». Era il 1957.

«Mio padre era al settimo cielo, orgoglioso e deciso a rimanere al passo coi tempi che avevano cominciato a correre velocissimi; mio nonno invece era molto preoccupato per il grosso impegno economico che la famiglia si era accollata e bofonchiava tutto il giorno» ricorda Alberta con un filo di commozione.

Bruno e Alberta Ferrini

«Sono cresciuta in quegli stanzoni con tutta la famiglia, continua Alberta, ma soprattutto con mio fratello Bruno: chi faceva una cosa, chi un’altra e noi più piccini eravamo affascinati da quel mondo rumoroso ma anche un po’ magico».

«L’odore dell’inchiostro, della carta, dei colori e poi il miracolo della stampa! Sono cose che mi sono rimaste attaccate alla pelle, esattamente come il coinvolgimento di ogni membro della famiglia nel lavoro che, spesso e volentieri, ci seguiva a casa. La sera dopocena il grande tavolo di cucina era ricoperto di piccoli lavoretti da rifinire, come la messa insieme dei blocchi oppure la rilegatura dei libri».

Sere tipiche di famiglie laboriose che vivevano insieme e condividevano quel focolare quasi sempre sotto la luce e sopra il tavolino di cucina.

Se ne va Vera, a soli 39 anni

Sull’onda del boom economico la famiglia e la ditta stavano andando a gonfie vele, ma in agguato un’altra tragedia colpì i Ferrini: la giovane moglie di Dino, Vera Bugiani, morì improvvisamente nel 1963 all’età di 39 anni.

«Quella perdita segnò tutti noi, drasticamente Bruno, e mio padre rimase come annichilito – racconta Alberta. Non credevamo ce la facesse a superarla, ma la forza di andare avanti forse la trovò per rispondere agli impegni economici che aveva preso per farci studiare a Firenze, perché Bruno volle fare l’Istituto d’Arte a Firenze mentre io scelsi ragioneria».

Conclusi gli studi nel 1966, la chiamata alla leva portò Bruno a Monza dove incontrò una vecchia amica Marilia Rossi; trovò lavoro come grafico pubblicitario a Milano, sposò Marilia e là rimase fino al 1972. Alberta invece dopo il diploma nel 1967 entrò nella ditta di famiglia come contabile.

Arriva il formato 50×70

«Proprio l’anno che entrai in azienda nonno e babbo decisero di comprare un altro nuovo macchinario, la Mussano & Sisto che permetteva di stampare un formato straordinario, 50×70!»

Nel 1970 Alberta sposa Aldo Malvezzi il quale, dopo alcuni mesi, entrò a far parte della forza lavoro della tipografia.

Alberta Ferrini e Aldo Malvezzi (1970)

Nel 1971 Calab muore all’età di ottanta anni lasciando vuoto un posto importante nell’azienda; Bruno al nord soffre la lontananza e, grazie all’intervento del cognato Aldo, alla fine si convince a tornare a Follonica insieme alla moglie Marilia riempiendo quel vuoto: La Poligrafica ricambierà la ragione sociale in “Dino Ferrini e Figli”.

La presenza di Marilia, ottima disegnatrice dalle capacità artistiche notevoli, porterà una sferzata di novità soprattutto nella costruzione delle immagini per le locandine, dei biglietti da visita così come per le pubblicità. Saranno anni di impegno economico e di gran lavoro, visto l’acquisto anche di tagliacarte elettriche, cucitrici, un’altra Heidelberg e in ultimo il “reparto Offset con macchina e settore sviluppo lastre” gestito principalmente da Aldo.

Anni frenetici di modernizzazione, consolidamento e allargamento della clientela sempre più esigente.

E poi nuovamente i casi della vita entrano con prepotenza a mescolare le carte: un amico disse ad Aldo che c’era un concorso alla tipografia della Banca d’Italia e quasi a giocare con la sorte, Aldo decise di partecipare. Era il 1980 e Aldo quel concorso lo vinse.

Andare o non andare? Dopo lunghe riflessioni Aldo e Alberta decisero di accettare l’opportunità e trasferirsi a Roma. La sfida una volta raccolta andava giocata fino in fondo.

Aldo partirà per primo per cercare casa e sistemare le cose in attesa dell’arrivo di Alberta la quale, nel frattempo, avrebbe dovuto trovare la persona giusta che potesse prendere il suo posto nell’amministrazione dell’azienda.

Alberta parte per Roma sostituita nel ruolo dalla sua amica Laura Buti , rimasta a gestire con Bruno la tipografia fino al 2004 cioè fin quando si ammalò gravemente e non poté più aiutare Bruno in tipografia.

Laura Buti
Da sinistra Dino, Alberta e Bruno Ferrini (1992)

Nel 2011 muore Dino all’età di 94 anni.

Nel 2012 muore anche Bruno: aveva solo 67 anni e stava già preparando i festeggiamenti per il centenario de La Poligrafica del 2014.

Non ne ha avuto il tempo ma, per il cuore dei follonichesi che l’hanno conosciuto, è bene pensare che a modo suo lo abbia festeggiato lo stesso.

Alberta: «Grazie a tutti coloro che hanno lavorato per noi»

«Sono felice di aver contribuito alla stesura di questa vasta panoramica della mia famiglia – conclude Alberta – anche perché mi dà l’opportunità di ringraziare le maestranze che in tutti questi anni hanno contribuito all’andamento dell’azienda. In tipografia sono passate decine di apprendisti, operaie e operai per brevi o lunghi periodi ma tutti importanti».

«Voglio ricordarne qualcuno, almeno tra quelli che sono stati con noi più a lungo come Wilma Braccini, Vincenza Bartolini, Matteo Armeni, Alfredo Pieraccioli e l’affezionatissimo Vincenzo Boccuni. In ultimo, ma non certo per importanza, nonna Bruna che tutte le mattine dava “il cencio” in tutte le tipografie che abbiamo avuto».

Oggi al numero 36 di via Matteotti c’è ancora l’attività di Chiara Ferrini, esattamente dove una volta c’era la cartolibreria di Annita e dove suo padre Ferruccio si dedicò alla stampa dei biglietti da visita e partecipazioni.

Chiara Ferrini

«Mio padre era un marittimo – racconta Chiara – e una volta sbarcato nel 1979 per motivi di salute, si mise all’opera con la “Pedalina” la prima macchina utilizzata dal mio bisnonno Calab ancor prima della Grande Guerra».

Il sopraggiungere del “male”, che ne provocò la prematura scomparsa nel settembre del 1993, indusse la figlia Chiara e il marito Enrico Bidischini (arrivato da Venezia) a continuare il lavoro di Ferruccio, ingrandendo e modernizzando l’azienda fino ad oggi.

A fine anno si abbassa la saracinesca

Il salto nel tempo si ripete per chi ha conosciuto quei giorni, perché anche lì è rimasto l’odore di tante vite e del loro lavoro; qui c’è il profumo caratteristico della carta nuova, dell’inchiostro e delle colle che subito si sente quando si varca la soglia. Peccato che dopo 109 anni di attività la lunga storia dei Ferrini stia per concludersi; Chiara infatti ci ha informato che con la fine del 2023 la saracinesca al numero 36, ultimo baluardo della tipografia Ferrini, sarà abbassata definitivamente.

Mentre rimane aperta con il nome La Poligrafica, la società che fa capo a Massimo Ghini, colui che ha rilevato le quote della famiglia Ferrini e che dal 2019 si è trasferito in via dell’Agricoltura 379, sempre a Follonica.

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  • Collaboratrice di MaremmaOggi. Il turismo e l'accoglienza sono nel dna familiare, ma scrivere è l'essenza di me stessa. La penna mi ha accompagnato in ogni fase e continua a farlo ovunque ce ne sia la possibilità. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma

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