GAVORRANO. La piccola Russia prima della piccola Russia. Prima dell’inaugurazione della casa del popolo di Bagno di Gavorrano del 1973, prima del comizio di Pietro Ingrao e del taglio del nastro, prima del Sessantotto e delle lotte operaie. Quando la politica si faceva alla casa del popolo La Ricreativa e quando militare a sinistra voleva dire assumersi la responsabilità delle proprie scelte.
Anche quando queste portavano dritti davanti al giudice.
È la storia che emerge da uno dei fascicoli trovati da Oriano Negrini nell’archivio del tribunale di Grosseto, che però è successivo ai dieci casi trattati nel libro scritto dal cancelliere insieme alla funzionaria Sandra Zanelli “Storie di Resistenze. Dieci screziature di nero e altre ombre”.
Si tratta infatti di un fascicolo aperto nel 1959, dopo l’affissione di un manifesto per le strade di Gavorrano, di Bagno e del Filare.
Con l’accusa di vilipendio al Governo italiano e pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico finirono a processo 12 persone. Undici uomini e una donna, che, una volta individuati, si assunsero le proprie responsabilità di fronte alla giustizia.
Gavorrano “dichiara guerra” agli Usa
Nel 1958 la situazione in alcuni paesi del Medioriente non era stabile. In Libano, tra il maggio e l’ottobre del 1958 ci furono scontri che videro opposti da un lato i sostenitori del presidente Camille Chamoun e la galassia di movimenti di sinistra-panaraba-marxista guidata dal leader politico druso Kamal Jumblatt (con il suo Partito Socialista Progressista) insieme con il primo ministro Rashid Karame. Controversie che furono risolte grazie all’intervento militare degli Stati Uniti d’America.
In Giordania invece, nel 1958 nacque l’Unione araba a base dinastica con l’Iraq, crollata con il colpo di Stato iracheno del luglio successivo. Due conflitti le cui eco erano arrivate fino alle colline metallifere, dove l’associazione artigiani indipendenti, l’Anpi, l’Ancr, l’alleanza delle cooperative di consumo, la Fgci, il Pci e il Psi ma anche la sezione cacciatori, l’Unione sportiva di Gavorrano e la sezione sindacale dei Minatori decisero di prendere posizione.
Mettendoci la faccia, senza pensare alle conseguenze.
Il manifesto affisso in 25 copie
Bastò una riunione, indetta il 18 luglio 1958 per organizzare la protesta. Alla casa del popolo La Ricreativa, i rappresentanti delle associazioni di lavoratori, i cacciatori e l’unione sportiva, i comunisti e i socialisti, si riunirono e decisero di realizzare e affiggere in tutto il territorio comunale dei manifesti di protesta.
“Sull’orlo dell’abisso”, il titolo del manifesto, che recitava:
«Cittadini!
L’umanità sta correndo un gravissimo pericolo, che da un momento all’altro può tramutarsi in un irreparabile e spaventoso conflitto mondiale.
L’imperialismo americano e inglese hanno aggredito i popoli Libanese e Giordano in lotta per rovesciare i regimi corrotti dei loro paesi asserviti allo straniero.
Queste due vili aggressioni sono state condotte in spregio ad ogni legalità della carta dell’O.N.U. e al diritto internazionale dell’autodecisione dei popoli e dimostrano chiaramente la vera natura del capitalismo imperialista, il quale tenta con la violenza di soffocare il moto di liberazione dei popoli Arabi, e di arginare il suo traballante prestigio ed il suo ormai morente dominio nel Medio Oriente e nel mondo.
Il Governo italiano ancora una volta ha dimostrato il suo odioso servilismo agli aggressori americani concedendo loro le nostre basi militari per azioni di guerra.
L’Italia deve condannare energicamente tale atto di violenza, deve dissociarsi le proprie responsabilità.
Il Governo italiano deve negare agli aggressori l’uso del nostro territorio e del nostro spazio aereo.
Tutti uniti contro la guerra imperialista per la difesa della pace.
W I POPOLI ARABI IN LOTTA PER LA LORO INDIPENDENZA.
Nulla di diverso – se non per il linguaggio – rispetto a quanto si potrebbe leggere oggi sui manifesti contro la guerra nella striscia di Gaza. Solo che nel 1958, per quel manifesto, 12 persone finirono in tribunale.
Tutti prosciolti grazie all’amnistia
Fu la polizia di Stato a redigere il verbale sull’affissione dei manifesti. Venticinque copie delle quali ne è sopravvissuta soltanto una. Le altre 24, quando gli operai del Comune ricevettero l’ordine di toglierli, vennero distrutte.
I 12 responsabili furono denunciati con l’accusa di vilipendio al Governo italiano e pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico. Furono tutti sentiti nell’ufficio di polizia di Gavorrano. Nessuno di loro si sognò di dire che quel manifesto non era stato farina del loro sacco.
Le indagini andarono avanti e si arrivò alla sentenza, che porta la data del 9 novembre 1959: sentenza di non luogo a procedere perché l’11 luglio dello stesso anno era intervenuta l’amnistia.
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Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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