GROSSETO. In questi giorni è iniziata la demolizione di un’altra ala del vecchio ospedale, quella che ospitava l’ex anagrafe. E che per un certo periodo ha ospitato il professionale Luigi Einaudi, preside era il professor Sartori.
Nel 2015, in mezzo a mille polemiche, fu demolita l’ala progettata a metà del XIX secolo dall’ingegner Pietro Passerini, che formava una L con la parte che adesso ospita l’università.
Al suo posto è stato realizzato il giardino dell’Archeologia.
Dell’antico ospedale resteranno alla fine solo parte delle strutture: in un certo senso è un pezzo della memoria storica che se ne va per sempre. Tanti ricordi e testimonianze cancellati dalle ruspe.
All’inizio lo gestivano i francescani
Il complesso sorse alla fine del XIII secolo come struttura assistenziale di pellegrini ed indigenti; inizialmente era denominato “ricovero di fra Roncone” e gestito dai francescani che risiedevano, come adesso dove sono tornati un secolo fa, nel vicino convento.
Agli inizi del XIV secolo i frati cedettero la struttura all’amministrazione, che successivamente divenne una succursale dello Spedale di Santa Maria della Scala di Siena.
Non per nulla sul pozzo dello Spedale (o delle Corna), risalente al XV secolo, che ancora oggi è in piazza San Francesco si vedono bene la balzana senese e la scala di Santa Maria della Scala, lo storico ex ospedale di Siena, che è davanti al Duomo ed è diventato un museo.
Le monache di Santa Chiara e il ponte su via Ginori
Il vicino convento di Santa Chiara, conosciuto come convento delle Clarisse, un tempo era collegato con l’ospedale da un ponte su via Ginori, prima via dell’Ospedale, conosciuto come “ponte degli infermieri”, attraverso il quale le monache potevano fare il loro servizio in ospedale senza dover scendere in strada.
È stato demolito, anche questo, nel 1929.
A lungo le monache e i frati sono stati gli infermieri dell’ospedale che, sotto varie forme, ha funzionato fino agli anni ’60. Infatti proprio in questi giorni il nuovo ospedale Misericordia, aperto nel 1964, ha compiuto 60 anni.
Il complesso nel 1787 fu profondamente ristrutturato e ampliato: in questo periodo venne conferita la denominazione di spedale del Beato San Giovanni Battista, successivamente cambiata in ospedale della Misericordia. La seconda ristrutturazione è del 1848, con il progetto di Pietro Passerini.
Aveva l’ingresso da via Ginori e piazza San Francesco, al lato del cancello ancora esistente si può ancora vedere il casottino dei portieri, che cade in rovina. Ma che non può essere demolito perché, quello sì, è vincolato dalla Soprintendenza.
Un ospedale che è stato un riferimento per la Maremma per secoli e che, nel XIX secolo, ha ospitato per due cicli di studi di 6 mesi il medico, batteriologo e microbiologo tedesco Heinrich Hermann Robert Koch, premio Nobel per la medicina nel 1905.
Robert Koch è ritenuto – assieme al suo collega-rivale Louis Pasteur – il fondatore della moderna batteriologia e microbiologia. Venne in Maremma per studiare la malaria che, allora, in queste terre paludose era un flagello.
Aureli: «Demoliamo un pezzo di storia»
Da anni l’architetto Roberto Aureli, in varie forme, si batte per la conservazione e il recupero dei vecchi edifici. Per contrastare la loro sostituzione con il cemento armato che, soprattutto nei centri storici, bello non è.
«Dopo la demolizione dell’ala progettata da Passerini, un benefattore per la Maremma, perché tante opere etrusche e romane che sono nel museo archeologico sono state prese proprio dalla sua villa di Roselle, adesso va giù un altro pezzo di un edificio che ha scritto un pezzo di storia di Grosseto. Peccato che non si sia trovato il modo di recuperarlo in qualche modo, pensando di abbatterlo per sostituirlo con cemento armato. Non ho visto il progetto, quindi non mi esprimo, ma mi dicono sia un cuboide, vedremo l’effetto che avrà».
«Eppure in centro storico qualche esempio di come il cemento armato rovini l’armonia dell’architettura già lo abbiamo, basti pensare alla Camera di Commercio o al palazzo della Provincia fra il chiasso delle Monache e via Cavour».
«La Camera di Commercio, che ormai è a metà con Livorno, alla fine sarà un palazzo semivuoto. Io propongo da tempo di ristrutturarlo, presentai anche un progetto, qualche anno fa. A mio avviso la sala a piano terra potrebbe diventare un’esposizione dei prodotti tipici della Maremma. In centro storico non c’è niente del genere. Sarebbe una vetrina per tante aziende».
«Ma non solo in centro. Basta fare due passi fuori da porta Vecchia per trovare altri esempi. Ad esempio abbiamo abbattuto gli storici lavatoi per farci quella cosa in mattonelle bianche e nere che ospita il mercato coperto. Noi grossetani siamo un po’ così, si sostituiscono i portoncini in legno massello per metterli in alluminio anodizzato».
La mancanza della scheda storica
L’edificio che è in corso di abbattimento, quello su via Saffi, è il più recente del complesso dell’ospedale, ma ha comunque oltre 70 anni.
«Purtroppo non esisteva una scheda storica dell’edificio. Evidentemente, dopo una valutazione, è stato ritenuto non di interesse e per questo è arrivato il via libera alla demolizione».
La scheda storica ha un’importanza fondamentale per il vincolo.
«Se è stata recuperata la biblioteca Chelliana è anche perché la scheda storica c’era, la feci io stesso. Da lì nacquero i primi interventi che facemmo nel 2008 insieme all’ingegner Augusto Ferrari, di adeguamento sismico e consolidamento del tetto. Dai quali siamo arrivati al lavoro fatto in questi ultimi anni».
Nuovo cemento in centro
«Non capisco proprio perché si getti altro cemento nel centro storico. A Siena non succede».
«Forse la Soprintendenza lì è più attenta, essendo il centro storico di Siena patrimonio dell’Unesco. Però siamo due città sorelle, abbiamo la stessa storia, lo stesso Monte, lo stesso fiume, la stessa università. Se penso che qui a Grosseto c’è un corso che prevede anche la conservazione e il recupero dei beni architettonici mi viene un po’ da sorridere».
Certo il centro storico soffre. E anche le scelte urbanistiche incidono.
«I centri storici sono sempre un insieme di tante attività. Però alcune sono andate perse. Hai fatto caso che non c’è più un artigiano? Forse rimane solo il coraggioso Nardini con le sue cornici. Poi tanti negozi in franchising, molta ristorazione. E quelle Mura che lo cingono che andrebbero valorizzate. Non sono come quelle di Lucca, sia chiaro, ma sono un patrimonio enorme. Nel piano regolatore del 1928, elaborato da Cesare Chiodi e Giuseppe Merlo avevano anche una grande fascia di rispetto all’esterno, come a Lucca appunto. Poi nel dopoguerra si è costruito a ridosso, purtroppo. Ma qualcosa si potrebbe fare…».
Ad esempio?
«Penso al parcheggio degli Arcieri, nato provvisorio ad inizio 2000 e ancora rimasto lì, nonostante quella cementata del parcheggio Amiata, che i grossetani non amano, con quella piazza sopra che non usa nessuno. Quello spazio andrebbe recuperato, non può essere una distesa di auto sotto alle Mura. A volte mi chiedo dove siano gli ambientalisti in questa città. Sarebbe anche uno spazio fantastico per eventi e concerti».
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Direttore di MaremmaOggi. Dopo 30 anni di carta stampata ho capito che il presente (e il futuro) è nel digitale. Credo in MaremmaOggi come strumento per dare informazione di qualità. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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