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Pronto soccorso, 240 pazienti al giorno. Breggia: «Così gestiamo l’emergenza»

Luglio con record di accessi a Grosseto. Il primario, Mauro Breggia: «Mancano i medici, ma la riforma della rete sta aiutando. Però servono più infermieri»
L'ingresso del pronto soccorso dell'ospedale Misericordia di Grosseto e il dotto Mauro Breggia
L’ingresso del pronto soccorso dell’ospedale Misericordia di Grosseto e il dotto Mauro Breggia

GROSSETO. 240 accessi al giorno al pronto soccorso di Grosseto: luglio è iniziato con una pressione importante sulla struttura di via Senese.

Pressione che, peraltro, prosegue un trend iniziato da qualche anno e che fa del pronto soccorso del Misericordia quello con il maggior numero di accessi di tutta l’Asl Sud Est. Più di quello di Arezzo, che pure ha un bacino di utenti più ampio. E più anche di quello di Siena, che però dipende dall’Azienda ospedaliera.

In questo contesto si inserisce la riforma della rete di emergenza ed urgenza, voluta dalla Regione con la delibera 1424 del 2022, che ha portato qualche polemica a Grosseto. Una riforma che non è dovuta, ma  è comunque conseguenza, prima di tutto, della cronica mancanza di medici.

Un problema che, in Maremma, è più sentito che altrove, dove stanno anche andando in pensione anche molti medici di base sul territorio. Proprio coloro che dovrebbero essere il primo filtro.

È chiaro che se in una frazione o in un paese manca il medico di famiglia, al primo problema si sale in macchina e si va al pronto soccorso. Quindi il grandissimo numero di accessi in cima alla rampa del Misericordia dipende anche da questo: da una rete sul territorio che è carente. Oltre, ovviamente, all’afflusso di turisti che aumenta in modo esponenziale la popolazione rispetto ai residenti.

Gestire questa macchina complessa non è semplice. 

Mauro Breggia alla guida del pronto soccorso dal 1997

Lo sa bene il dottor Mauro Breggia che, il pronto soccorso, lo guida di fatto dal 1997, quando ancora la Usl era solo grossetana. Laureato e specializzato in medicina e chirurgia a Siena è una colonna dell’azienda grossetana fin dalla direzione Mariani che, già nel 1997, gli dette la responsabilità del pronto soccorso.

Nel frattempo era arrivato Piero Giulianotti, con cui Breggia ha una forte amicizia, e nel 2000 l’area del pronto soccorso diventò una struttura autonoma. Così, con Desideri alla direzione generale, diventò primario.

Poi nacquero i dipartimenti ed è stato titolare, con Ricci dg, fino alla fusione delle tre Usl (Grosseto, Siena, Arezzo).  Con la riunificazione delle tre Usl nell’Asl Sud Est, scelse di restare a guidare solo Grosseto e direttore dell’emergenza urgenza di area vasta fu fatto Massimo Mandò. Nel luglio del 2023 Antonio D’Urso lo ha nominato direttore del dipartimento di emergenza-urgenza dell’Asl sudest.

In sostanza guida tutti i 13 pronto soccorso e tutto il sistema del 118. E poi guida anche le rianimazioni.

Il nuovo modello organizzativo dell’emergenza urgenza

La delibera della giunta regionale 1424 del 2022 ha imposto una riorganizzazione di tutto il sistema dell’emergenza urgenza sul territorio. (Scarica QUI la delibera).

Il nuovo modello è partito da una ricognizione dello stato delle diverse postazioni sul territorio aziendale, con la definizione provincia per provincia del numero e della tipologia di mezzo avanzato di soccorso, ovvero con personale medico, infermieristico o solo volontario, e ha così ridefinito la geografia della rete dell’emergenza.

Il nuovo assetto organizzativo ha portato a un aumento complessivo delle postazioni di emergenza con potenziamento del personale infermieristico da destinare a questo servizio. In particolare, il progetto porta ulteriori 3 mezzi di soccorso in totale nella Sud Est, con 7 ambulanze infermierizzate in più. Parallelamente, quindi, anche il numero degli infermieri impiegati nei soccorsi è aumentato di circa 40 unità.

Una nuova organizzazione che ha portato anche molte polemiche, perché in qualche caso il medico sull’automedica è stato sostituito da un infermiere.

«La delibera regionale – spiega il dottor Mauro Breggia, che fa parte della commissione interna dell’Asl incaricata di riferire ogni 6 mesi sull’andamento della riforma alla conferenza dei sindaci – non è conseguenza della mancanza di medici. Però che mancano i medici è un dato di fatto. A livello nazionale, toscano e nell’Asl Sud Est. Questa riorganizzazione è stata quindi necessaria e riformula gli assetti territoriali senza, però, far scendere i livelli di sicurezza».

Però l’utente si preoccupa: prima veniva un medico, ora viene un infermiere.

«Su questo va fatto un ragionamento chiaro. Negli Usa e in Gran Bretagna, dove la sanità funziona, il territorio non è neppure degli infermieri, ma è dei paramedici. Figure di tipo tecnico infermieristico che fanno solo quello. Se stai male nel territorio in America, non viene mai il dottore, viene il paramedico, che ti fa le manovre di supporto vitale, ti stabilizza e ti porta in ospedale dai dottori che ti prendono in carico».

Quindi le macchine sono di più?

«Guarda, la gente va educata, deve capire che così il sistema funziona meglio. Nella riorganizzazione complessiva se fai il conto delle postazioni e degli strumenti impiegati, il territorio è stato potenziato, c’è maggiore capillarità, quindi più velocità di intervento». 

Su Grosseto cosa è cambiato?

«Qui c’erano due automediche. E una, di fatto, già funzionava con l’infermiere. Quella che è diventata un’ambulanza infermierizzata è più performante, tanto che da quando è partita non c’è stato alcun problema. Però quel medico che, di fatto, passava la giornata ad aspettare di partire per l’intervento, adesso è nel pronto soccorso che lavora. La delibera dice che deve farlo alla bassa intensità, anche se qualcuno potrebbe farlo anche a livelli superiori, e mi risolve parecchi problemi. E all’occorrenza si muove per i trasporti secondari. Gradualmente stiamo implementando questo nuovo sistema, decisamente più efficiente, se visto nel suo complesso».

La pressione sul pronto soccorso, numeri altissimi

Quindi questo sistema consente di recuperare medici per i pronto soccorso?

«La mancanza di medici crea, oggettivamente, delle difficoltà. Facciamo i salti mortali per coprire tutti i turni, nonostante l’orario si faccia non per singola unità operativa. Tieni presente che noi, qui da Grosseto, abbiamo da fornire il personale per Orbetello, Massa Marittima, Castel del Piano e Pitigliano. Perché i medici, quelli che siamo riusciti a reclutare, vogliono sempre lavorare a Grosseto. Però con loro il patto è che, con qualche incentivo, all’occorrenza vanno nelle strutture periferiche».

L’Asl Sud Est quanti pronto soccorso ha?

«Sono 13 in tutto, cinque a Grosseto, cinque ad Arezzo e 3 a Siena, dove c’è anche quello dell’Azienda ospedaliera. Grosseto da 5 anni ha più accessi di Arezzo, pur avendo 220mila abitanti contro 350mila. E questo non è un indice necessariamente performante, sia chiaro. Segnala una disfunzione territoriale, significa che il territorio in questa zona è fragile. La gente le risposte le trova al pronto soccorso. E poi c’è il problema dei medici di famiglia, molti stanno andando in pensione. Questo nel grossetano è ancora più evidente. Si creano zone di vuoto e il cittadino che vive in una zona svantaggiata se non trova risposte viene al pronto soccorso».

E tutto questo cosa comporta?

«Come ti dicevo, Grosseto è il pronto soccorso con i numeri più alti, poi viene Arezzo, poi Montevarchi. Siamo più alti anche del pronto soccorso di Siena dell’azienda ospedaliera».

Un luglio da 240 pazienti al giorno al pronto soccorso

Può darci qualche numero?

«Abbiamo chiuso il 2023 con 73500 accessi (201 al giorno di media, ndr). Un 9% in più rispetto al 2022. Un trend alto e che continua a salire. Nei primi mesi del 2024, mentre la crescita si è stabilizzata in tutti gli altri pronto soccorso, a Grosseto i numeri sono aumentati. Al 31 maggio 2024 abbiamo avuto 3000 pazienti in più rispetto al 2023, circa il 7% di aumento. Poi a giugno c’è stata una parziale stabilizzazione (6379 persone, 212 al giorno), ma a luglio, dal 1° all’8 luglio, abbiamo avuto 1911 pazienti in 8 giorni, cioè 239 al giorno. Questo significa che, in alcuni giorni, si sfiorano i 300, capisci che sono numeri altissimi. Nel 2023 erano stati 217 al giorno».

«Non ci dimentichiamo che a Grosseto, per 4 mesi all’anno, non abbiamo un bacino di 220 mila persona, ma di 500mila o un milione. Questo dovrebbe incidere anche sulla ripartizione delle risorse, ma mi rendo conto che è una discussione di un livello più alto. Certo, soprattutto a Grosseto, dovremmo avere più infermieri, almeno in estate».

Il pronto soccorso dell'ospedale Misericordia di Grosseto
Il pronto soccorso dell’ospedale Misericordia di Grosseto

Come siete organizzati per gestire questi numeri?

«Abbiamo un’organizzazione solida interna. Abbiamo fatto anche delle modifiche interne ai locali. Abbiamo anche un pronto soccorso pediatrico, voluto dalla dottoressa Falorni, che è un gioiellino, ben guidato dal dottor Luca Bertacca. Per i grandi numeri di cui ti dicevo le risorse siamo riuscite a reclutarle, sia pur con grande fatica. Anche se vorrebbero tutti lavorare a Grosseto, dove c’è una casistica interessante e c’è la sede dell’elicottero Pegaso, che fa capo al dottor Barbadori. In questo contesto aver recuperato un medico con la riforma dell’emergenza urgenza ci aiuta moltissimo. E anche i medici dell’elisoccorso, se necessario, fanno i turni al pronto soccorso».

Che rapporto avete con i medici di famiglia? Riuscite a farvi mandare meno persone?

«Lo stiamo facendo grazie alle Aft (aggregazioni funzionali territoriali, ndr) che sono delle unioni di medici locali, sul territorio, con cui, tramite il dottor Renato Tulino che è il loro capo dipartimento, facciamo delle riunioni, anche per avere più scambio di informazioni e per mettere a punto meccanismi di efficienza. A volte capita, per esempio, che pazienti arrivino da noi senza passare da loro. In questo caso glielo comunichiamo e la volta successiva lo prendono in carico loro e magari fa qualche accesso in meno».

Ma questo incide sui tempi di attesa in pronto soccorso?

«Noi cerchiamo di dare il massimo sempre. I nostri tempi di attesa sono buonissimi. Anche perché non va confuso il tempo di attesa con quello di permanenza. Se stai 5-6 ore in pronto soccorso, ma fai la visita, poi fai gli esami del sangue, la risonanza al torace, poi ti vede il cardiologo, fai cose che per farle fuori ti ci vorrebbero tre mesi. Il tempo di attesa è quello fra l’arrivo e la presa in carico, che è diverso».

E questi sono particolarmente buoni?

«Sono buonissimi. Per i casi a rischio vita, l’1-2% del totale, l’attesa è zero. Abbiamo un dato di 7 minuti, ma è perché prima facciamo le manovre salvavita necessarie e poi scriviamo… I codici 2, comunque gravi, circa l’8%, li vediamo in meno di 15 minuti. I codici 3, per i quali abbiamo un limite di un’ora e mezzo, li vediamo in meno di un’ora. Il 4 e il 5, che potrebbero stare per legge 4 ore, li vediamo comunque in poco più di un’ora, massimo un’ora e mezzo. Abbiamo creato il sistema “see and treat“, per i casi più lievi, che consente agli infermieri addestrati, con protocolli chiari, di intervenire. Penso al piccolo corpo estraneo o alla puntura di insetti».

Un’ultima cosa. Ma in questo contesto, ha senso tenere il numero chiuso a medicina?

«A mio avviso è sciocco. Una società evoluta non deve lasciare le scelte al caso o alle baronie. Una società evoluta programma. In base ai fabbisogni si decide a quanti aprire. Ora siamo in difficoltà, non ha senso limitare gli accessi. A mio avviso un sistema sarebbe dare accesso libero a tutti e poi mettere sbarramenti importanti durante il corso di studi, che creino selezioni. Se non hai dato un certo esame, non vai avanti. Fino alla laurea. Se dobbiamo prendere medici dall’estero, meglio se formiamo bene gli italiani».

Autore

  • Direttore di MaremmaOggi. Dopo 30 anni di carta stampata ho capito che il presente (e il futuro) è nel digitale. Credo in MaremmaOggi come strumento per dare informazione di qualità. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma

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