di Vanna Francesca Bertoncelli
GROSSETO. Il nuovo codice della strada è già entrato in vigore ma le vecchia abitudini sono dure a morire. Lo dimostra quello che è successo qualche giorno tra via Matteotti e via Mameli. Un esempio lampante di come tutto cambia affinché nulla cambi per dirla come Tancredi, il protagonista politicamente corretto per eccellenza, nipote del principe di Salina, nel romanzo Il Gattopardo (1958) di Giuseppe Tomasi principe di Lampedusa.
Gli essere umani, come tutti i mammiferi, si sa che sono abitudinari, e, soprattutto i comportamenti che in qualche modo danno soddisfazione sono davvero resistenti al cambiamento.
Parcheggia l’auto in mezzo alla strada
È pomeriggio. Un uomo tra i 35 e i 40 anni, sale con il suo suv di lusso di un bel lucido scuro, sul cordolo rialzato che delimita il marciapiede nel tratto compreso tra viale Matteotti e viale Mameli, con tutta l’intenzione di metterla in “sosta” proprio lì. Questo marciapiede allargato, così come la piccola zona adibita a parcheggio, sono già, come sempre, zeppe di auto. L’unico passaggio dove passa con difficoltà, a struscio, una persona di media statura risulta essere quello tra il muro del posto auto dell’ex albergo Appennino ed un mezzo tipo Ford Transit bianco in sosta pressoché continua proprio lì. E se non è questo mezzo ce n’è comunque un altro. Sempre.
Si fa notare all’uomo della berlina che l’auto lì, chiude completamente il passaggio ai pedoni, costretti a camminare sulla carreggiata creando disagio soprattutto agli utenti fragili: anziani con bastone, genitori con carrozzina o passeggino, disabili su sedia a rotelle.
«Mi fermo solo un attimo»: l’analfabetismo di ritorno
Ed è allora che l’uomo della berlina dà il meglio di sé e, in abito da imbonitore, snocciola una scusa dopo l’altra: che non tutte quelle categorie di persone sarebbero passate in quel momento, che lui sarebbe rimasto lì giusto il tempo per consegnare un foglio, che quel furgone bianco sostava lì proprio tutto il giorno.
Insomma si capiva non dalla lingua parlata ma dal modo di pensare che si trattava di un italiano verace. Torna in mente Amleto, tiktoker di tempo addietro ed il suo dubbio: analfabetismo funzionale o caratteristica antropologica? E Tullio De Mauro, linguista e già Ministro della Pubblica Istruzione (2000) che aveva affrontato il tema dell’analfabetismo di ritorno, cioè la perdita di conoscenze acquisite nella popolazione italiana già circa trenta anni fa.
Analfabetismo. Argomento riportato in qualche modo alla ribalta dall’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) che su 31 Paesi censiti (2022-2023) ha rilevato che un italiano su tre nella fascia 16-65 anni comprende solo testi brevi se scritti in modo molto chiaro. Altrimenti non capisce. Il punteggio medio degli adulti italiani è pari a 245 punti contro una media di 260. Messi peggio dell’Italia soltanto 5 Paesi. Quindi, a livello internazionale, siamo agli ultimi posti e si continua a peggiorare.
Gli analfabeti disfunzionali non si rendono conto di questo loro grave limite. Ritenuti e ritenendosi “furbi” hanno troppo spesso atteggiamenti e comportamenti prepotenti che sfociano in aggressività verbale e non solo.
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