MASSA MARITTIMA. Era il 2021 quando il documentarista Riccardo Bicicchi tornava in Iraq per raccontare il viaggio di Papa Francesco nel Daesh.
Da Erbil, capoluogo del Kurdistan iracheno, fino a Mosul, dove l’Isis proclamò la nascita del Califfato, fino a Qaraqosh, tra i principali insediamenti cristiani della Piana di Ninive, occupata dalle milizie dell’Isis il 7 agosto 2014. Queste le tappe del viaggio fortemente voluto dal Papa e che Bicicchi ha documentato nel suo “Ritorno a casa, Papa Francesco in Iraq”.

Bicicchi, originario di Massa Marittima, ha girato il documentario per Vatican Media, oggi disponibile su Rai Play, seguendo passo dopo passo il pontefice e anticipando le sue tappe, proprio per raccontate i preparativi e per vedere le città irachene rifiorire sotto il lavoro del residenti. Sono nate così le riprese del documentario che è andato in onda per la prima volta su Tv2000 nel 2021.
Un viaggio denso di eventi, dove non sono mancate forti tensioni. In primo piano l’incontro del Papa con la popolazione, le immagini dell’incontro con il padre del piccolo Alan Kurdi, il bambino siriano morto su una spiaggia dell’Egeo durante un tentativo di sbarco, la povertà dei campi profughi, la visita al cuore di Mosul e la forza simbolica della preghiera di fronte alla croce costruita con le panche bruciate.
A quattro anni di distanza MaremmaOggi ha intervistato Riccardo Bicicchi che adesso si trova in Lituania per girare un nuovo documentario.

La morte del pontefice che parlava di disarmo
«Mi ha fortemente colpito la morte di Papa Francesco, proprio per come è avvenuta quando si sperava che stesse meglio. È andato via in un momento in cui la sua presenza era più importante che mai in questo mondo impazzito – dice Bicicchi – sarebbe servita la sua voce. Oggi tanti leader mondiali e politici si professano bergogliani, ma non sempre lo hanno ascoltato quando da vivo parlava di pace e di disarmo nel nostro mondo e nei mondi lontani. Voglio pensare che con questa morte Papa Francesco abbia cercato di accendere sulle nostre coscienza un’ultima fiammella».
Il primo pontefice in Iraq
Con il viaggio in Iraq Papa Francesco apriva un dialogo con l’Islam. Uno dei primi luoghi visitati è stato Ur dei Caldei, vicino Nassirya, lì è stato organizzato l’incontro con tutte le componenti religiose del Paese ed il Papa. Seguiva poi la visita in forma strettamente privata al Grand Ayatollah Al-Sistani a Najaf, il principale centro religioso sciita iracheno.

«Quel viaggio – dice Bicicchi – è stato un momento storico che rimarrà e sarà ricordato a lungo come il primo e contrastato viaggio di un papa in un paese in guerra. Papa Francesco corse un rischio non da poco e io ho avuto modo, nel mio piccolo, di raccontare un pezzo di quesa storia». Di quel viaggio Bicicchi ricorda tre cose fondamentali che oggi, guardate a distanza, rappresentano per lui «la somma del suo magistero».
La denuncia del riarmo, il perdono e i migranti
La prima cosa che Bicicchi ricorda di Papa Francesco è la sua determinazione nel denunciare il commercio delle armi. «Ogni discorso che Papa Francesco ha tenuto in Iraq è stato contro il commercio delle armi, senza le quai difficilmente si fa la guerra – dice il documentarista – E spesso sono gli stessi governi che producono e smerciano armi che alimentano la spirale senza fine». «Tacciano le armi, qui e altrove» è stata la prima frase pronunciata dal Papa in Iraq.
Bicicchi ricorda poi la frase che Papa Francesco disse alla vigilia del viaggio apostolico in Iraq: «Vengo come pellegrino, come pellegrino penitente per implorare perdono e riconciliazione dopo anni di guerra e di terrorismo».

Il terzo ricordo, il più forte, è quello legato all’incontro del pontefice con il padre di Alan Kurdi. «Non lo dimenticherò mai quel momento – racconta Bicicchi– ho visto un uomo piccolo e contrito con un quadro in mano. Era il babbo di Alan, il bambino che fu trovato senza vita sulla spiaggia dell’isola greca con solo una magliettina rossa addosso. Il Papa volle incontrare il babbo di questi bimbo e, fregandosene del cerimoniale, si isolò con lui che aveva in mano un quadro del figlio». Nell’immagine si vedeva il bambino sulla spiaggia e vicino a lui, nell’acqua, erano stati disegnati i personaggio della Sirenetta.
«È stato straziante e bellissimo – ricorda Bicicchi – Quello è stato un momento di umanità profonda che travalicava il senso religioso. Ho visto un uomo davanti ad un altro uomo. Due persone vicine di fronte all’immane tragedia di tutti i bimbi persi. Quello è stato il punto apicale di quel viaggio».
La speranza per il futuro
«Ho avuto la sensazione di assistere e di poter raccontare un momento particolare, storico – dice Bicicchi» Poi la speranza per il futuro: «Speriamo succeda di nuovo che un papa vada in guerra – conclude – e che la chiesa abbia la forza di andare avanti su quel cammino già tracciato».