GROSSETO. Probabilmente, quello che trae in inganno chi ha bisogno di trascorrere qualche tempo – al massimo due settimane – nell’ospedale di comunità, è proprio il suo nome. Perché la struttura, ospitata all’interno del Misericordia, non ha nulla a che vedere con un “ospedale”.
Chi è ospite di quelle camere viene infatti trattato – secondo la normativa nazionale che regola la gestione delle strutture territoriali – come se fosse a casa propria.
Quindi, se dalla camera dell’ospedale di comunità c’è bisogno di scendere al piano di sotto per sottoporsi, ad esempio, alla dialisi, il paziente deve chiamare una delle associazioni di volontariato che invia chi si occupa dei servizi sociali per accompagnare il paziente. Come se dovesse trasportarlo da casa.
Togliendo in questo modo tempo e risorse ai soccorritori che prestano servizio, quasi tutti come volontari, nelle varie associazioni.
Da reparto a reparto accompagnati dai volontari
Il caso è stato sollevato quando un uomo, ricoverato appunto nell’ospedale di comunità, ha avuto bisogno di essere accompagnato a fare la dialisi. Sempre all’interno del Misericordia.
Dall’ospedale di comunità è stata chiamata un’associazione di volontariato che ha mandato i volontari ad accompagnare, a piedi, l’uomo. Da un piano all’altro del Misericordia.
«Non solo – spiega Chiara Guidoni, responsabile dell’Unità funzionale cure primarie – Anche quando dobbiamo chiedere l’intervento, ad esempio, del personale medico per un’emergenza, dobbiamo chiamare la centrale del 118. Non possiamo far intervenire il rianimatore direttamente dal pronto soccorso, perché nel reparto non ci sono né farmaci e nemmeno strumentazioni per la rianimazione o comunque per intervenire durante un’emergenza».
Esattamente come succede quando una persona si sente male a casa propria.
L’ospedale di comunità infatti è un servizio territoriale: si può restare ricoverati nelle stanze messe a disposizione per chi non può tornare a casa propria, al massimo per quindici giorni. I posti letto disponibili sono 20.
Presto il trasferimento a Villa Pizzetti
Una situazione paradossale, quella che si è creata al Misericordia da quando è stato istituito l’ospedale di comunità. «Una situazione – dice ancora la dottoressa Guidoni – che spesso si fa fatica a far comprendere anche ai nostri colleghi».
Perché quello che succede nelle stanze dell’ospedale di comunità è, né più né meno, quello che succede quando una persona è a casa propria e ha bisogno dell’intervento dei soccorritori. O dei volontari che svolgono i servizi sanitari.
«Le stesse procedure, ad esempio, vengono attivate nel reparto di psichiatria – spiega la responsabile dell’Unità funzionale cure primarie – Anche quello è un servizio territoriale».
Nel reparto dell’ospedale di comunità non c’è il medico 24 ore su 24 ma c’è il servizio infermieristico. Se serve il medico, interviene quello di medicina generale durante il giorno o la guardia medica di notte. Altrimenti, dal reparto viene chiesto l’intervento del 118 per le emergenze.
Grandi anziani che vivono da soli, che stanno bene ma che, per qualunque motivo, possono avere bisogno di passare qualche giorno in una struttura dove non manchi loro l’assistenza. Dopo un intervento, per esempio, dopo un ricovero.
Bisognerà aspettare un annetto circa, prima che l’ospedale di comunità trovi la propria collocazione a Villa Pizzetti, dove i posti letto raddoppieranno.
«Quando saremo nella nuova sede – dice la dottoressa Chiara Guidoni – l’intervento dei volontari per accompagnare i pazienti nei vari reparti sarà considerato normale. Così come quello dei soccorritori del 118 in caso di emergenza, perché comunque saremo fuori dall’ospedale Misericordia».
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Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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