ISTIA D’OMBRONE. Seduta sul marciapiede davanti a casa. «Benedetta, vieni, entra». La mamma che chiama la figlia dentro, per prepararsi e andare a dormire, dopo che l’anziana era arrivata a Istia d’Ombrone per portare alcuni farmaci a sua figlia, farmaci che sarebbero serviti per curare il suo cane.
L’invito della figlia a dire il Padre Nostro, a recitarlo insieme. A farsi benedire con l’acqua. «Perché la mamma era il diavolo».
Due immagini contrapposte: quella in chiaro, la prima, nella quale le due donne entrano insieme nella villa, quella in scuro, la seconda, nella quale la mente della donna elabora immagini tutte sue. Immagini che non hanno attinenza con la realtà.
Poi le botte, date per venti minuti, con una violenza inaudita. Giuseppina De Francesco sarebbe stata colpita con tre oggetti differenti da sua figlia, Benedetta Marzocchi, 50 anni, fermata pochi giorni dopo con l’accusa di omicidio volontario aggravato. Da allora, dal 23 giugno, la donna è rinchiusa nel carcere di Sollicciano.
La perizia: Benedetta è incapace di intendere e volere
Venerdì 15 dicembre nell’aula gup del tribunale di Grosseto, il perito incaricato di stabilire se Benedetta Marzocchi fosse lucida quando ha ucciso sua madre, ha fugato ogni dubbio: la cinquantenne è incapace di intendere e volere.
È stato il dottor Romano Fabbrizzi a spiegare in aula, di fronte al pm Giampaolo Melchionna e alla giudice Cecilia Balsamo, i risultati di tutti i test condotti sulla donna.
Ci sono voluti due mesi di tempo, ma alla fine la questione è stata chiarita nell’ambito dell’incidente probatorio: Benedetta quando ha ucciso la madre a calci e pugni nella loro villa “I Renai” a Istia non era cosciente.
Benedetta per il momento resta nel reparto femminile psichiatrico del carcere di Sollicciano.
In attesa che venga trovata una struttura dove dovrà scontare una misura di sicurezza proseguendo tutte le terapie farmacologiche.
Il Ris conferma: non c’è Dna di terze persone
È stata un’indagine accurata quella dei carabinieri del nucleo investigativo del comando di Grosseto che ha permesso di ricostruire, minuto dopo minuto, quello che sarebbe successo la notte dell’8 giugno, quando, tra l’1 e le 3, Giuseppina De Francesco, 76 anni, moglie del notaio Marzocchi, è stata uccisa nella sua grande casa in via Circonvallazione.
La figlia 50enne, Benedetta Marzocchi, aveva dato l’allarme la mattina successiva, avvisando il padre. Spiegando, poi, ai carabinieri, che “tre ombre” erano entrate nell’abitazione e avevano aggredito le due donne. Benedetta – aveva spiegato – si era salvata, sua madre era morta.
I carabinieri, coordinati dal sostituto procuratore Giampaolo Melchionna, avevano subito avviato le indagini, prelevando campioni nella casa e confrontando il racconto della cinquantenne con i segni lasciati nella villa.
Un mese fa era arrivata anche la conferma da parte dei militari del Ris di Roma: nell’abitazione non sono state trovate tracce di Dna di terze persone, almeno sulla scena del crimine.
L’ossessione religiosa di Benedetta
La cinquantenne, che già una decina di anni prima era stata denunciata per danneggiamenti e assolta perché ritenuta incapace di intendere e volere, aveva manifestato un’ossessione religiosa che sarebbe riaffiorata la sera dell’omicidio.
La notte di Natale del 2012, aveva danneggiato la chiesa di Istia d’Ombrone e aveva aggredito il personale delle volanti intervenuto per fermarla, al grido «Satana, satana».
La sera della morte di sua madre, la cinquantenne avrebbe voluto che Giuseppina pregasse, che recitasse il Padre Nostro. La donna, probabilmente, si è opposta.
L’aggressione però, non sarebbe avvenuta subito dopo la lite: Giuseppina era già andata a letto, quando probabilmente, è stata svegliata da Benedetta che l’ha chiamata fuori dalla sua camera. L’avrebbe colpita, utilizzando anche alcuni oggetti.
Picchiata per una ventina di minuti
Un’abat jour, un bastone, forse un quadretto. La donna sarebbe stata brutalmente colpita con degli oggetti trovati in casa. Oggetti che servivano per abbellire la villa e che invece si sono trasformati in armi.
Sdraiata sul pavimento, a faccia in giù, con il pigiama addosso. L’hanno trovata così i sanitari del 118 di Grosseto, quando sono stati allertati dal marito della donna, il notaio Alessandro Duccio Marzocchi, che ha dato l’allarme, il mattino successivo, quando la figli lo ha chiamato per dirgli che la madre era morta.
Alla Procura, dopo la relazione del Ris e quella del nucleo investigativo dei carabinieri, che hanno svolto le delicate indagini, mancava l’ultimo tassello: la perizia psichiatrica affidata al neuropsichiatra Romano Fabbrizzi.
Venerdì 15, il consulente ha sciolto ogni dubbio: Benedetta, unica indiziata del delitto di sua madre, non era lucida quando ha cominciato a colpire la 76enne. Era stata in preda a una crisi psicotica che non le ha permesso di rendersi conto di quello che stava facendo.
Che stava uccidendo sua madre e non che stava scacciando Satana.
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Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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