GAVORRANO. Settantaquattro pagine di motivazioni, firmate dal presidente della Corte d’assise Adolfo Di Zenzo. Settantaquattro pagine che ricostruiscono, fotogramma dopo fotogramma, quello che è successo nel bosco del Filare di Gavorrano la sera in cui Mirko Meozzi, 47 anni di Follonica e Sonia Santi, 36 anni di Suvereto, sono andati a rapinare gli spacciatori che vendevano hashish e cocaina ai Bacini di San Giovanni.
Accusati di aver sparato e ucciso Bouazza Jarmouni, 25 anni, la sera dell’11 agosto 2019, al margine del bosco dei bacini di San Giovanni al Filare di Gavorrano e di aver ferito in maniera gravissima Rahaal El Jamouni.
La sostituta procuratrice Anna Pensabene aveva chiesto l’ergastolo. I difensori dei due imputati, che avevano chiesto che entrambi fossero giudicati con il rito abbreviato, l’avvocata Loredana Giuggioli (difesa Santi) e gli avvocati Donatella Panzarola e Roberto Cerboni (difesa Meozzi), con ogni probabilità presenteranno appello.
Omicidio volontario e rapina, ma non c’è stata premeditazione
«Sonia mi ha proposto di andare con lei a spaventare gli spacciatori, per prendere la droga gratis». «È stato Mirko a chiedermi di portare la pistola per prendere la droga gratis dagli spacciatori». Esattamente come era successo dopo il loro arresto, i due imputati si sono accusati a vicenda. Sonia, per i giudici che l’hanno condannata a 14 anni (stessa pena di Mirko Meozzi), sarebbe stata la mente, lui invece il braccio.
«Santi da tempo progettava di risolvere i propri problemi economici attraverso l’esecuzione di una rapina», si legge nelle motivazioni della sentenza, emessa dalla corte d’assise presieduta da Adolfo Di Zenzo, giudice Marco Bilisari.
Meozzi quindi «ha eseguito la fase violenta della rapina – scrive il presidente – attuando la soluzione più radicale ed efficiente (dopo essere stato “armato” da Santi Sonia, consapevole della soluzione elaborata eliminando fisicamente i due avversari con due colpi sparati in modo particolarmente efficace».
Nel bosco con la pistola
La sera della rapina Rahaal El Jamouni, il giovane che era nel bosco al Filare con Bouazza Jarmouni, è stato colpito alla schiena: aveva sentito l’amico gridare e cadere per terra, aveva visto gli spari ma non la pistola. «Mirko era sceso dall’auto con una torcia, ce l’aveva puntata contro – ha raccontato in aula – poi ho sentito due spari. Uno mi ha colpito mentre scappavo».
Secondo i giudici, il ragazzo «si è salvato dalla morte solo per una serie di circostanze fortunate». Appena si è allontanato, ha ripreso il cellulare che aveva lasciato appoggiato nel bivacco e ha chiamato a casa, in Marocco. «Forse morirò, vi volevo salutare».
Gli spari, il venticinquenne ferito mortalmente, il cugino che si allontana con un proiettile nell’addome. Il buio nella mente di Meozzi. È questa la sequenza raccontata in aula dall’uomo che ha spiegato di ver avuto un blackout dopo il primo sparo. Per i giudici non è stato così. «Tutto si può dire tranne che si sia trattato di due colpi partiti per caso – si legge nelle motivazioni – da una persona terrorizzata dalle armi (o con la mano grande). Meozzi ha sparato per uccidere».
E la scelta di sparare è stata condivisa da Sonia che «ha armato l’imputato consegnandogli la sua pistola carica», si legge ancora.
I due quindi, secondo i giudici del tribunale di Grosseto, erano d’accordo su tutto. Sull’uso della pistola per spaventare gli spacciatori, sul volerli rapinare per vendicare il fatto che il giorno prima avrebbero dato una quantità di cocaina inferiore a quella che Meozzi si aspettava. La droga e i soldi che erano stati portati via dalle tasche di Bouazza, dopo essere stato ucciso, se li erano divisi. «Se la morte (ed il ferimento) fossero risultati eventi non previsti e non voluti – si legge ancora – essi avrebbero interrotto la loro azione, quantomeno dandosi alla fuga; entrambi l’hanno portata a termine e da ciò può desumersi come la loro complessiva determinazione e volontà fosse salda e concreta , al punto da non essere ostacolati neanche dalla morte di un uomo».
Una nuova vita per Mirko e Sonia
Mirko Meozzi sta scontando la condanna in comunità e sta seguendo un percorso di disintossicazione e di riabilitazione. Lo stesso sta facendo Sonia Santi, che è diventata madre di un bambino. «Ci si può augurare – scrive il presidente Di Zenzo – che la responsabilità di essere un genitore la renda una persona più matura; per queste ragioni potendosi auspicare in un futura riabilitazione, vengono concesse le circostanze attenuanti generiche».
E proprio per questo, gli avvocati stanno valutando di presentare appello contro la sentenza che ha condannato entrambi a 14 anni.
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Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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