GROSSETO. Una nota firmata da studiosi nazionali e internazionali è stata inviata al presidente del Parco nazionale Arcipelago Toscano, Giampiero Sammuri. Sorprendendosi del polverone mediatico che ha sollevato la questione dell’eradicazione del muflone dall’Isola del Giglio, confermano quanto la scelta sia stata opportuna.
Il testo della lettera inviata a Sammuri
«Siamo rimasti stupiti dal negativo clamore mediatico che un’iniziativa opportuna e utile attivata dall’Ente parco nazionale dell’Arcipelago Toscano ha recentemente avuto – esordiscono gli esperti nella lettera – Ci riferiamo al programma di eliminazione di specie non locali e/o inselvatichite dalle isole dell’Arcipelago. La gestione della fauna di un’area protetta prevede l’eliminazione o la forte riduzione dei fattori ecologici e antropici che alterano gli originari ecosistemi, oggetto di tutela».
«Il problema di ospitare specie domestiche inselvatichite e specie selvatiche introdotte dall’uomo è comune a molti ecosistemi delle isole – scrivono – dove di norma questo tipo di fauna ha rappresentato e rappresenta fattori di forte alterazione dei locali equilibri ecologici. Intervenire per tempo attraverso catture e abbattimenti appare la forma più efficace di rimozione».
Nella lettera, gli esperti scrivono che i danni prodotti dal rilascio volontario o involontario di fauna domestica, e di specie non locali negli ecosistemi delle isole, sono ben noti ed esiste una ricca documentazione in proposito a livello mondiale. «Dall’assenza di fossili di capre e pecore nelle isole del Mediterraneo si deduce che – dicono gli studiosi – almeno nell’Olocene e Pleistocene superiore, questi erbivori erano assenti in Europa. Solo in epoca storica, forse già dal Neolitico fino a tempi recentissimi, l’uomo portò capre e pecore a diversi livelli di addomesticamento nelle isole del Mediterraneo. Mentre gli insediamenti più antichi nelle isole maggiori possono essere tollerati in quanto ormai ben integrati nei locali ecosistemi, i rilasci avvenuti negli ultimi secoli in piccole isole sono motivo di preoccupazione ed elementi di probabile disturbo, oltre a costituire entità faunistiche del tutto estranee a quegli ecosistemi».
«I mufloni del Giglio provengono o dagli allevamenti di Miemo o da Sardegna e Corsica»
Da questo ne deriva l’opportunità di eliminarne la presenza, dove possibile. «Pertanto – proseguono – se consideriamo le argomentazioni precedenti, il recente tentativo di eradicazione del muflone dall’isola del Giglio nel Parco nazionale Arcipelago Toscano appare un’azione dalle finalità del tutto corrette. Quanto alla eventuale permanenza di geni ancestrali nella popolazione di mufloni introdotta nell’Isola del Giglio negli anni ‘50, entriamo in merito soltanto per ricordare che, in base a fonti diverse, i mufloni del Giglio dovrebbero o provenire tutti dagli allevamenti di Miemo (Pisa) o essere stati immessi al Giglio dalla Sardegna e Corsica per poi venire importati a Miemo».
«Comunque sia – concludono nella lettera – a Miemo vivono oggi centinaia di individui, presumibilmente anch’essi portatori della stessa caratteristica genetica dei mufloni del Giglio, anche se venisse confermata l’assenza di questa nelle popolazioni attuali di Sardegna e Corsica. Non pensiamo pertanto che esistano oggi gli estremi per una campagna mediatica negativa sull’iniziativa del Parco, che ci appare giustificata da appropriati scopi».
I firmatari della nota
Questi gli studiosi che hanno firmato il documenti inviato a Sammuri:
- Folco Giusti di Massa (ex professore ordinario di Zoologia all’università di Siena),
- Juan Herrero (è co-chairman del Caprinae specialist group dell’Unione internazionale per la conservazione della natura e professore associato di ecologia all’università di Zaragoza)
- Sandro Lovari (ex professore ordinario di etologia all’università di Siena, e professore emerito al Museo di storia naturale della Maremma, è stato Chairman dello Iucn Caprinae
Specialist Group), - Pier Giuseppe Meneguz (professore associato di gestione delle risorse faunistiche all’università di Torino),
- Silvano Toso (ex direttore dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica),
- Marco Apollonio (professore ordinario di zoologia all’università di Sassari),
- Francesco Dessì Fulgheri (ex professore ordinario di etologia all’università di Firenze).
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