GROSSETO. L’ennesima sentenza sulle concessioni balneari è molto chiara. E non lascia molto spazio a interpretazioni. Nè in Maremma, nè in Toscana, né in tutta Italia.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza 3640/2024 sul ricorso di un bagnetto di Rapallo, ha infatti stabilito che le amministrazioni locali sono obbligate a disapplicare qualsiasi eventuale proroga delle concessioni balneari che vada oltre il 31 dicembre 2023, sia che si tratti del 2024, del 2025 o anche del 2033.
Tutte queste misure, affermano infatti i giudici, rappresentano dei rinnovi automatici di concessioni di beni pubblici ai medesimi titolari, e dunque sono in contrasto con la direttiva europea Bolkestein e le sentenze della Corte di giustizia Ue che impongono le gare pubbliche per riassegnare le spiagge.
Per questo, i giudici del Consiglio di Stato sollecitano a «dare immediatamente corso alla procedura di gara per assegnare la concessione in un contesto realmente concorrenziale», ritenendo disapplicabile qualsiasi ulteriore rinvio. Inoltre, la sentenza chiarisce che la risorsa spiaggia è sicuramente scarsa, al contrario di quanto sostenuto dal governo con la mappatura del demanio marittimo dello scorso ottobre».
I giudici si richiamano ai principi della Corte di Giustizia Ue, 20 aprile 2023, e a tutta la giurisprudenza europea precedente.
In sostanza, vanno fatte le gare. E gare vere, non basta neppure la procedura di evidenza pubblica.
Come si arriva a questa sentenza
Bisogna partire da un dato di fatto: il Demanio è di competenza statale, ma la gestione è delegata ai Comuni e alle Autorità portuali. Inoltre il governo non ha ancora varato una legge sulla materia, lasciando un vuoto che ora viene in qualche modo riempito dalla giustizia amministrativa.
E la sentenza non è poi così rivoluzionaria. Il Consiglio di Stato aveva già detto più o meno le stesse cose una settimana dopo l’approvazione delle proroga di un anno voluta dal governo Meloni, e le aveva ribadite in altre sentenze successive.
In questo contesto il 30 aprile scorso, con la sentenza n. 3940 il Consiglio di Stato si è espresso su un contenzioso tra il Comune di Rapallo e un’imprenditrice balneare che aveva acquisito una concessione vicina al suo stabilimento in subingresso, all’epoca in cui era in vigore la proroga al 2033.
In sostanza l’imprenditrice rivendicava la legittimità della proroga fino al 31 dicembre 2033, approvata dalla legge 145/2018 del primo governo Conte e annullata a novembre 2021 da due sentenze gemelle del Consiglio di Stato, che hanno imposto la scadenza delle concessioni entro il 31 dicembre 2023.
In seguito la legge 118/2022 del governo Draghi, pur recependo gli effetti delle sentenze del Consiglio di Stato, ha dato la possibilità di un anno di “proroga tecnica” fino al 31 dicembre 2024, di cui si sono avvalse quasi tutte le amministrazioni locali.
Un anno e mezzo dopo il governo Meloni ha spostato ulteriormente il termine al 31 dicembre 2025.
Ma in quest’ultima sentenza i giudici amministrativi hanno, come detto, scritto a lettere chiare che le amministrazioni locali sono obbligate a disapplicare qualsiasi eventuale proroga che va oltre il 31 dicembre 2023, sia che la proroga sia al 2024, al 2025 o al 2033.
Le sentenze gemelle e le proroghe non più valide
Le due sentenze del Consiglio di Stato del novembre 2021 avevano annullato la proroga al 2033 decisa dal primo governo Conte, una proroga che, secondo i giudici amministrativi, era illegittima poiché rappresentava un rinnovo automatico agli stessi titolari di concessioni di un bene pubblico, e pertanto era in contrasto con la direttiva europea Bolkestein e con il Trattato di Lisbona.
La Corte di Cassazione ha poi annullato per eccesso di giurisdizione le due sentenze, i cui effetti sono stati però recepiti dal governo Draghi con la legge 118/2022 (legge sulla concorrenza 2021).
Quindi la data del 31/12/2023 al momento è scritta su una legge, non c’entrano più le sentenze.
Quella stessa legge che consentiva una proroga al 31/12/2024 «in presenza di ragioni oggettive che impediscano la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023, connesse, ad esempio, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa».
Quindi le gare vanno fatte per legge, anche se il governo Meloni ha promesso più volte, ma mai mantenuto, una nuova legge sulla materia.
L’iter politico con il governo Meloni
Si parte dal decreto milleproroghe del febbraio 2023 con il quale viene rinviata di un anno (al 31/12/2024) la scadenza delle concessioni e al 31 dicembre 2025 la proroga voluta da Draghi. Rinvio peraltro subito subito giudicato illegittimo dal Consiglio di Stato, perché rappresentava un altro rinnovo automatico agli stessi concessionari, quindi in contrasto col diritto europeo.
Al tempo stesso il governo Meloni, non avendo mai emanato il decreto attuativo sulla legge sulla concorrenza 2021, ha lasciato in vigore la legge sulle gare.
Aggrappandosi alla norma della direttiva Bolkenstein che stabilisce che le gare sulle concessioni balneari vadano fatte solo in caso di “scarsità della risorsa naturale”, nell’estate scorsa il governo Meloni ha fatto una mappatura del Demanio marittimo, che ha stabilito che il 33% delle coste è in concessione e il 67% è libero e che quindi sarebbe possibile garantire la concorrenza richiesta dall’Europa assegnando nuove concessioni sui litorali liberi.
Certo è che una legge su questa materia non è stata fatta. E la mappatura è stata fatta senza fare differenza fra i litorali veramente concedibili e quelli che non lo sono perché si tratta di scogliere a picco sul mare o di zone non raggiunte da collegamenti viari.
Quindi, in sostanza, resta ancora in vigore la legge 118/2022 del governo Draghi.
Peraltro sulla mappatura c’è un parere motivato della Commissione Ue, inviato lo scorso novembre, che contesta i dati. Il commissario europeo al mercato interno Thierry Breton ha chiarito che l’Europa vuole un’analisi qualitativa e non quantitativa.
Cosa stanno facendo i Comuni
In questo caos legislativo e amministrativo, molti Comuni hanno optato per la proroga tecnica di un anno prevista dal testo originale della legge 118/2022, approvando degli atti che hanno fissato la validità delle concessioni fino al 31 dicembre 2024 e stanno scrivendo in autonomia le regole per riaffidare le concessioni.
A questi Comuni l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha inviato diffide per sollecitare la pubblicazione dei bandi, contestando la legittimità del rinvio al 31 dicembre 2024.
L’onorevole Marco Simiani
«Le sentenze del Consiglio di Stato vanno rispettate – dichiara il capogruppo Pd in Commissione Ambiente di Montecitorio Marco Simiani -, soprattutto se certificano il completo fallimento di un governo incapace ed arrogante».
«Il problema è che sui balneari questa destra ha soltanto perso tempo per opportunismo elettorale finendo per penalizzare tutti: in primo luogo gli stessi imprenditori del settore che dopo anni non hanno certezze per programmare investimenti, gli enti locali che sono rimasti con il cerino in mano costretti a convivere con la mancanza di un quadro normativo fondato sulla certezza giuridica e le casse dello Stato che ha perso introiti per i ritardi sulle gare».
«In questo quadro desolante gli esponenti di destra continuano ad accusare Europa e Giustizia Amministrativa, impedendo di fatto qualsiasi rilancio di un comparto fondamentale per l’economia nazionale e proprio mentre la stagione estiva inizia. Sono urgenti e necessari bandi di evidenza pubblica che tengano conto del reale valore d’impresa».
Autore
-
Direttore di MaremmaOggi. Dopo 30 anni di carta stampata ho capito che il presente (e il futuro) è nel digitale. Credo in MaremmaOggi come strumento per dare informazione di qualità. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
Visualizza tutti gli articoli