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«La solidarietà si fa con parole non violente»

L’opinione: violenza di genere. Il presidente Draoli: «La nostra professione conosce bene il problema ed è in preponderanza femminile. Scegliamo le parole anche sui social»
Nicola Draoli, su infermieristica

GROSSETO. «Per noi infermieri la giornata contro la violenza sulle donne assume un importante significato non solo per il nostro impegno, all’interno della task force del Codice rosa, per la sensibilizzazione professionale che compiamo verso tutti gli iscritti, ma anche perché la nostra professione è composta, quasi esclusivamente, da donne».

Nicola Draoli, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Grosseto commenta così la Giornata contro la violenza sulle donne. Sono 1322 le infermiere iscritte a Opi Grosseto, mentre i professionisti uomini sono 376.

Infermiera, singolare femminile

«Quella infermieristica è una professione, quindi, che vede una componente prioritaria femminile, come molte altre professioni sanitarie – prosegue Draoli –e che è, allo stesso tempo, quella che riceve in assoluto più minacce e aggressioni verbali da parte dell’utenza. Un’utenza, molto spesso, di genere maschile. Non passa giorno, infatti, in cui non riceviamo da parte degli iscritti, segnalazioni e riflessioni sulla preoccupazione e la fatica di gestire queste aggressioni, che spesso sono esternazioni verbali e, talvolta, sono mediate dai social network».

«Di fatto, quindi, noi infermieri riscontriamo di continuo una modalità di relazione che è violenta e nell’esprimere tutta la nostra solidarietà verso le vittime di questo comportamento, e nello stigmatizzare quanto accade, vogliamo anche proporre una riflessione: quante volte nella nostra quotidianità registriamo aggressioni e discriminazioni ai danni di una categoria di lavoratori, che sono, al contempo, donne?», si chiede il presidente dell’Opi. 

L’appello dell’Ordine delle professioni infermieristiche

«Il nostro appello, quindi, è volto a contrastare questo fenomeno che, grazie anche all’uso dei social e del web che è parte fondante della nostra socialità – spiega – è diventato quotidiano. Perché crediamo che stimolare una presa di coscienza e promuovere azioni di contrasto sia l’antidoto culturale per arginare sia gli episodi di devianza massima, che possono avere sfocio, tragicamente, nei femminicidi, e la difesa verso un comportamento violento che non va accettato né legittimato».

«Se il tessuto sociale nel quale siamo immersi è costantemente rivestito di odio, spesso un odio ipocrita perché celato dietro a una tastiera, non possiamo meravigliarci delle estreme conseguenze di questo sentimento. Dobbiamo quindi alzare tutti la guardia, imparando a non accettare la violenza, neppure quando si annida in un commento sui social, conoscendo, come professionisti, le tecniche per evitarla e contenerla, ma anche creando degli anticorpi perché il clima di odio non sia una caratteristica così connaturata nella nostra società. Chiediamo che la solidarietà – conclude Draoli – sia agita usando toni non violenti né aggressivi, ogni giorno».

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