di Lina Senserini
ROSELLE. Era il 3 dicembre 1918, l’armistizio di Villa Giusti che metteva fine alla prima guerra mondiale per l’Italia era stato firmato proprio un mese prima. A Roselle, lungo la vecchia Grosseto-Siena che allora attraversava il centro abitato, apriva i battenti il primo nucleo di quello che quasi 50 anni dopo sarebbe diventato il ristorante La Parolaccia.
4 generazioni, 105 anni di storia e ancora tanta voglia di portare sulla tavola il meglio della cucina maremmana. Una passione che si è tramandata dai capostipiti, Ippolito Sandri e la moglie Franca Corsini, attraverso figli e nipoti, fino al bisnipote Giulio Stefanucci, il più giovane ad entrare nell’attività di famiglia.
Difficile trovare un grossetano – e non solo – che non abbia festeggiato un compleanno, un battesimo, un matrimonio, una ricorrenza alla Parolaccia. Che non abbia scelto la grande sala sulla via senese a Roselle per un pranzo domenicale, per una cena tra amici. Mangiare nel ristorante più “vecchio” della zona, se non della provincia, è sedersi a tavola in famiglia, coccolati dai camerieri e dai titolari con piatti sopraffini, accompagnati dal meglio dei vini della Maremma.
Ma del resto così è sempre stato. Fin dall’inizio.
1918: apre la bottega di alimentari, mescita e stazione di posta
Quella aperta da Ippolito e Franca era una classica bottega dei primi del 900: alimentari, mescita di vino e, a richiesta, veniva preparato anche da mangiare. Essendo su una strada importante, funzionava anche da stazione di posta. Per lo più era frequentata dalla gente del paese, che si sedeva volentieri al tavolino per un bicchiere di vino e una partita a carte.
Ippolito e Franca avevano tre figlie: Maria, che tutti conoscevano e ancora ricordano come Alba, Palmira e Viola, l’unica delle tre che avrebbe preso un’altra strada, mentre le sorelle lavoravano con i genitori. E sarà Alba insieme al marito Primo Stefanucci, sposato nel 1956, a prendere le redini del ristorante per traghettarlo nella seconda parte della storia, che inizia negli anni 60.
Dopo il matrimonio, infatti, Primo venne chiamato dalla signora Franca ad affiancarla nella gestione dell’attività. Il marito Ippolito era morto da 12 anni, nel 1944, il bar alimentari si stava evolvendo sempre di più verso il ristorante e c’era bisogno di braccia. Primo, che aveva lavorato come badilante per la cooperativa Terrazzieri, era uno che non si tirava mai indietro e accettò l’offerta.
Nasce “La Parolaccia”, ma per i grossetani resta “Da Primo”
Poi, la giovialità, la simpatia, l’innata capacità di rapportarsi con i clienti hanno fatto il resto. Primo, in breve, è diventato il protagonista del ristorante. Un’istituzione, tant’è che i clienti erano soliti dire “Si va da Primo, alla Parolaccia”.
E da modo di dire, questa frase è diventata il titolo di un libro scritto in occasione del centenario del ristorante, nel 2018, da Franca Bartolini, nipote di Ippolito Sandri, insieme al marito Maurizio Neri. Un lungo racconto della storia della Parolaccia e di Roselle, arricchito con foto d’epoca.
«Il nome è nato qualche anno dopo che mio padre Primo era subentrato a mio nonno Ippolito, intorno alla metà degli anni 60», racconta David Stefanucci, la terza generazione alla guida del ristorante. Era nato per il modo colorito di parlare che lo caratterizzava. Non solo lui, perché anche ai tavoli, tra un bicchiere di vino e una partita a carte, qualche imprecazione ci scappava sempre. E Primo rispondeva sempre a tono».
Non a caso la dedica che accompagna la caricatura che gli fece Sergio Gostinicchi, in bella vista all’ingresso del locale, è per “il cignale di Roselle che serve parolacce e tagliatelle”.
Al timone della Parolaccia, Susanna, Sandro, David e Giulio
Alla morte di Primo, nel 1983, è subentrata la moglie Alba Sandri. Al dolore per la morte del marito si aggiunse il dispiacere di lasciare l’amato impiego all’ospedale Misericordia, dove lavorava come ferrista in sala operatoria, poi nei poliambulatori. Ma il dovere di famiglia la chiamava.
Da allora e per molti anni, è stata lei la regina dei fornelli, chiamando a raccolta la nuora, Susanna Casangeli, e il figlio Sandro, agente di polizia municipale, che divideva il suo tempo tra il lavoro e il ristorante.
Poi, dopo la maturità, è stata la volta di David, il figlio più piccolo, oggi 54enne, che vola tra i tavoli del ristorante e si occupa personalmente dei dessert: un trionfo di bontà che da soli meritano una cena o un pranzo alla Parolaccia. Infine con l’ingresso nella squadra di Giulio Stefanucci, figlio di Sandro e Susanna, La Parolaccia è arrivata alla quarta generazione, senza mai perdere un centesimo di punto nella qualità della cucina e nel servizio.
I tortelli di Susanna e i dolci di David, i piatti forti del locale
L’eredità “culinaria” di Alba, scomparsa a febbraio 2018 pochi mesi prima di festeggiare i 100 anni dell’attività, è passata, invece, tutta nelle mani di Susanna. Per lei la cucina a cui Primo e poi Alba avevano abituato la clientela non ha segreti. Basta sedersi al tavolo per scoprirlo.
Se a ogni persona che esce dal ristorante venisse chiesto qual è il piatto che più gli è piaciuto, non ci sarebbe una risposta uguale all’altra.
Dagli antipasti con gli affettati locali, i crostini maremmani, alla celebre giardiniera fatta in casa, l’inizio è già un trionfo. La pasta dei primi piatti è fatta a mano da Susanna, i ragù di carne e di selvaggina sono cucinati alla vecchia maniera: ore sui fornelli a fuoco lento e, soprattutto, con ingredienti di prima qualità. Gli arrosti, le bistecche, la tagliata, il maialino, fino ai contorni, non c’è un piatto inferiore a “ottimo”.
Ma se proprio se ne deve scegliere uno, sono i tortelli fatti a mano da Susanna. Non sono solo buoni, sono la ripetizione esatta e immutata di quelli di una volta, con ingredienti genuini, per lo più a km 0, dove i sapori si armonizzano in bocca e regalano sensazioni uniche.
E poi i dolci, che David prepara personalmente degna chiusura di un pasto da ricordare.
Qualità, accoglienza, prezzi giusti: il segreto di un successo immutato negli anni
«La nostra strada maestra è la qualità dei nostri piatti accompagnata da una scelta di vini locali di ottimo livello, a partire da quello della casa, che compriamo in bottiglie alla fattoria Mantellassi e serviamo secondo la quantità richiesta. E su tutto l’accoglienza, la capacità di interpretare i desideri dei nostri clienti, di renderli parte della famiglia come è tutta la nostra attività», dice David.
«Anzi, per noi, tanti di loro sono amici, sono affezionati alla nostra cucina, vengono anche più volte a settimana e ci gratificano con il loro gradimento. Anche per questo, nel rispetto di chi ci ha scelto, abbiamo una politica di contenimento dei prezzi. Abbiamo deciso di ricavare qualcosa di meno, ma di non aumentare i prezzi, se non di poco e in pochi piatti, quando non è stato possibile fare altrimenti.
La Parolaccia è un’azienda, dà lavoro a 15 persone, tra sala e cucina, quindi i conti devono tornare. Come devono tornare i nostri clienti, mangiando bene e spendendo il giusto», conclude.
E se a questo punto, vi è venuto voglia di assaggiare uno dei piatti della Parolaccia, oggi 3 dicembre dovete cambiare idea…il ristorante è chiuso. Si festeggia!
Trattoria La Parolaccia
La Parolaccia
via Batignanese, 202 – 58100 Grosseto
0564402205
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