FONTEBLANDA. Passione, una storia centenaria e tanta voglia di raccontare il territorio: questo è quello che spinge Luca e Lorenzo Scotto a produrre i loro vini nell’azienda Santa Lucia. I due fratelli vogliono raccontare la Maremma attraverso gli uvaggi che danno la loro massima espressione nella zona.
La storia vitivinicola della famiglia inizia nel 1898, quando Giuseppe Scotto ha iniziato a piantare e vendere l’ansonica.
Il filo conduttore dell’azienda è proprio quel primo uvaggio coltivato e venduto. Oggi Luca e Lorenzo hanno deciso di sperimentare con l’ansonica, creando qualcosa che mancava nel mercato vitivinicolo maremmano: il Perlapo, un metodo classico di ansonica in purezza.
«Le bollicine non sono un prodotto storico del territorio, ma noi abbiamo voluto sperimentare con questo vitigno, perché rappresenta noi e il territorio. Ma allo stesso tempo è una sfida enologica – dice Luca – Vogliamo provare a valorizzare e comunicare la nostra terra con prodotti di alta qualità».
La storia di Santa Lucia
La storia vitivinicola della famiglia Scotto inizia nel 1898, quando Giuseppe Scotto pianta sul Monte Argentario delle viti e poi inizia a venderne il frutto.
«Il mio trisnonno ha tracciato il solco per tutti noi e ha iniziato con l’ansonica. Per questo è il nostro filo conduttore – dice Luca – Come produttori di vino nasciamo ufficialmente nel 1980, grazie a nostro padre Luciano Scotto, che negli anni ’50 si trasferì insieme alla famiglia nella nostra attuale azienda a Fonteblanda».
«Nostro padre aveva la passione per il vino e voleva inserirlo nella produzione familiare a tutti i costi, ma mio nonno non era molto d’accordo. Quindi con tenacia decise di comprare le uve da suo babbo pur di iniziare a produrre il vino – continua – Ai tempi producevamo tutto, avevamo bestiame, frutta, verdura e anche l’uva, e vendevamo i nostri prodotti senza trasformazioni».
Luciano Scotto amava il mondo vitivinicolo e ha iniziato a comprare libri e studiare ogni sfumatura del settore. Ma soprattutto ha iniziato a sperimentare con le uve che produceva. Così negli anni 70 il padre di Luca e Lorenzo ha iniziato a vinificare le sue uve, iniziando con l’ansonica e il vermentino.
«Nostro babbo ha iniziato con piccolissime produzioni, poi nel tempo ha iniziato a vendere sempre più bottiglie. Così ha iniziato a lasciare le altre attività agricole dell’azienda, focalizzandosi sempre di più nel vino – dice Luca – Poi nel 1999 mio fratello Lorenzo si è laureto in enologia e nostro padre gli ha lasciato carta bianca sulla produzione del vino. Insomma ha fatto l’opposto di nostro nonno».
Perlapo, la bollicina maremmana
Perlapo è un metodo classico di ansonica, questo vuol dire che segue un metodo di produzione più complesso rispetto al metodo charmat, ovvero quello del prosecco. Il metodo classico è il processo di produzione che si usa per il Franciacorta o per lo Champagne. Sostanzialmente il vino fa due fermentazioni diverse, una in acciaio e una in bottiglia, dove sta per almeno 18 mesi sui lieviti. Questo rende il vino più strutturato ed elegante.
La bollicina di Luca e Lorenzo sta sui lieviti per 24 mesi.
«Sostanzialmente io e mio fratello ci siamo sfidati e abbiamo iniziato a sperimentare con l’ansonica, provando a creare un metodo classico maremmano che riflettesse la nostra storia – dice Luca – Abbiamo provato a cercare altri vini con lo stesso uvaggio di Perlapo, per trovare un termine di paragone. Ma non li abbiamo trovati né in Toscana né in Sicilia».
Il Perlapo della vendemmia del 2021, quella uscita nel 2024, è un dosaggio zero, questo vuole dire che ha una concentrazione zuccherina molto bassa, sotto i 3 grammi per litro. La produzione di quest’anno conta 3.000 bottiglie e 30 magnum da un litro e mezzo.
«Abbiamo creato qualcosa che rappresenta l’unicità dell’Argentario e il nostro territorio – dice Luca – Il Perlapo è molto minerale con note floreali ben marcate, ma non stucchevoli. Visto i 24 mesi sui leviti si sente molto anche la crosta di pane e la mandorla. Siamo molto orgogliosi e soddisfatti del nostro passato e dei nostri prodotti, facciamo tutto questo per raccontare il nostro territorio con il vino».
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