Draoli: «Rivedere l'organizzazione dell'assistenza sanitaria» | MaremmaOggi Skip to content

Draoli: «Rivedere l’organizzazione dell’assistenza sanitaria»

Il presidente dell’Opi di Grosseto, traccia la sua road map per risollevare la qualità dell’assistenza. Aperto un confronto permanente tra infermieri e Regione
Nicola Draoli, presidente dell'Ordine delle professioni infermieristiche di Grosseto
Nicola Draoli

GROSSETO. «Se la pandemia ci ha insegnato qualcosa è che l’organizzazione dell’assistenza sanitaria locale deve essere rivista, bisogna cambiare marcia, fare leva sui punti di forza emersi in questi quasi 700 giorni di emergenza e lavorare per prevenire i problemi, non per inseguirli».

Nicola Draoli, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche (Opi) di Grosseto, è stato tra i primi in Toscana a chiedere, come Ordine, un confronto permanente con la Regione per analizzare le problematiche della professione che rappresenta e tracciare obiettivi futuri per la crescita e la valorizzazione del ruolo degli infermieri.

Ora il tavolo si è insediato, lo ha annunciato l’assessore alla Salute, Simone Bezzini, e già sono emerse le prime indicazioni, che Draoli ha condiviso con Maremma Oggi.

Parliamo della sanità locale. Cosa si aspetta dal confronto con la Regione?

«Il tavolo regionale darà risposte di carattere generale che devono poi essere declinate nelle diverse zone, ognuna delle quali ha proprie caratteristiche. La provincia di Grosseto è molto dispersiva come territorio, poco popolata, molto grande e richiede, quindi, una pianificazione diversa rispetto a aree regionali con altre peculiarità».

Ad esempio?

«Dobbiamo investire nel territorio, nella capillarità dell’assistenza, potenziando e aumentando i punti territoriali. Occorre creare tanti piccoli avamposti di prossimità, senza pensare di replicare grandi strutture di cura in tutta la provincia, perché questo non avrebbe senso. Non dimentichiamoci che l’ospedale è il riflesso della salute del territorio».

Quindi rafforzare la sanità territoriale per intercettare il problema prima che arrivi al ricovero?

«Questo senza dubbio, lo diciamo da anni. Poi è necessaria una rete capillare dell’emergenza-urgenza, che in Maremma c’è già, ma va mantenuta e preservata, non dismessa. Certamente occorre anche investire sull’ospedale che in questi due anni di emergenza pandemica ha retto un urto mai visto prima».

Cosa chiederete in questo senso alla Regione?

«In Maremma c’è da sempre un problema con le aree interne, per le quali non è facile trovare professionisti disposti a spostarsi e magari anche a rimanerci. Chiederemo alla Regione di renderle professionalmente più attrattive, in modo che chi decide di lavorare in una zona decentrata abbia una gratificazione e sia incentivato a rimanerci a lungo. Anche perché per un medico o un infermiere, conoscere bene il territorio e le caratteristiche della popolazione consente di lavorare meglio».

Inevitabile parlare della pandemia. A suo avviso dove si sono manifestate le maggiori debolezze?

«Direi ovunque, nella sanità del territorio e in quella ospedaliera, con mancanza di personale in entrambi i casi. Certamente gli ospedali sono quelli che hanno subito e stanno subendo ancora una pressione fortissima per effetto dell’aumento delle degenze. Ma la soluzione in questo cado deve arrivare dal Governo».

In che senso la soluzione è nelle mani del Governo?

«Intanto vanno rivisti i criteri per l’isolamento, differenziando i casi, distinguendo i ricoveri. Se l’andamento epidemiologico lo permette, bisogna gestire gli incidentalomi con un isolamento funzionale, ma non in una bolla Covid di alto livello, bensì all’interno del reparto di degenza, con tutte le precauzioni del caso. I reparti Covid devono tornare a curare chi ha problematiche importanti legate al coronavirus. La quarta ondata e l’aumento esponenziale di casi, hanno mandato in tilt l’ospedale con i ricoveri e hanno fatto saltare la rete dei tamponi e del tracciamento perché c’era da gestire migliaia di casi al giorno».

Ma la pandemia non è ancora finita

«La speranza è che si trasformi in un’endemia e possa essere gestita come l’influenza stagionale».

A volte si è avuto la sensazione dell’attesa di un’evoluzione naturale della pandemia che in quale modo risolvesse i problemi. È così?

«In alcuni momenti sì e questa cosa mi preoccupa. C’è stato lo sforzo di prevenire la pandemia, ma ci siano fatti cogliere di sorpresa dalla quarta ondata. Ora servono azioni per controllare l’andamento del coronavirus, perché se tutto viene lasciato così come è, a ottobre si rischia di ritrovarsi come lo scorso anno. Dunque arrivare all’endemia e cambiare i sistemi per affrontarla e gestirla».

E sulla questione degli infermieri? È di ieri la notizia che la Regione sta rallentando le 150 assunzioni già deliberate

«Anche qui occorre cambiare prospettiva. La carenza degli infermieri e dei professionisti della sanità in generale è destinata a durare per scelte del passato. La risposta, a mio parere, non può venire solo dai numeri, ma dai modelli organizzativi. La domanda da farsi non è quanti infermieri servono, ma dove servono. In questo modo si danno risposte dove c’è bisogno e si valorizzano professionalità e competenze».

Autore

  • Redattrice di MaremmaOggi. Laurea in Lettere moderne, giornalista dal 1995. Dopo 20 anni di ufficio stampa e altre esperienze nel campo dell’informazione, sono tornata alle "origini" prima sulla carta stampata, poi sulle pagine di MaremmaOggi. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma

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