GROSSETO. Quanta importanza e altezza spirituale ha, la gratitudine, nella Bibbia e nel cattolicesimo. Quanto valore ha, anche per il mondo laico, essere davvero grati per il bene ricevuto. Il vescovo Mykola Semenyshyn, ausiliare a Ivano-Frankivs’k (nella parte occidentale dell’Ucraina) ha fatto oltre 1500 Km per aprire il suo cuore alla Maremma.
L’invito gli è arrivato nel giorno della sua ordinazione episcopale, a febbraio, quando in Ucraina sono arrivati don Paolo Gentili, don Marco Gentile e don Ivano Rossi. Allora il 9 agosto gli sembrava una data molto lontana, ma ha detto subito sì. «Sono venuto a Grosseto con grande gioia – dice il vescovo Mykola – Sono davvero felice di essere qui a festeggiare la solennità di san Lorenzo, il patrono della città e della Diocesi. Ma sono venuto soprattutto per dire grazie al popolo maremmano, a nome di tutto il popolo ucraino».
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«So che in questa città, fin dai primi giorni dallo scoppio della guerra, la gente si è mobilitata – ricorda il vescovo – Siete stati i primi in Toscana. Questo lo so di sicuro e per questo vi ringrazio. Così come vi ringrazio delle preghiere per noi. Come dice il nostro patriarca fin dallo scoppio della guerra: l’Ucraina resiste. L’Ucraina combatte. L’ucraina prega».
Il vescovo ucraino, nato il 29 maggio 1982 a Hlyboke, ha appena 41 anni e opera in un territorio che si estende su 6.900 km² ed è suddiviso in 396 parrocchie, raggruppate in 20 decanati. È stato accolto a Grosseto come ospite d’onore per le celebrazioni laurenziane 2023. Questa sera (9 agosto) presiederà la processione. Domani, festa di san Lorenzo, sarà presenta anche al pontificale solenne nella cattedrale del capoluogo maremmano.
«Gli ucraini vogliono vivere»
Il vescovo, arrivato a Grosseto, ha parlato della situazione in Ucraina. «Noi vogliamo vivere – ha detto – È il nostro nemico che vuole uccidere. Noi vogliamo solo vivere, vogliamo andare a lavorare, vogliamo andare in chiesa, vogliamo andare a scuola, al bar per un caffè… vivere. Ma nelle condizioni della guerra non possiamo farlo come vorremmo. Tuttavia, quello ucraino è un popolo pieno di fede e ringraziamo Dio per esserci ancora e con Lui diciamo grazie a tutti quelli che ci hanno aiutato, ci stanno aiutando e continueranno a farlo».
Dopo oltre un anno di guerra la situazione è molto difficile. Il vescovo ausiliare opera in una Diocesi dove la vita è abbastanza tranquilla ma i rischi non mancano. «Prima di partire – ha raccontato – sono andato dal barbiere per tagliarmi i capelli. Davanti a me c’erano già altre persone e mi sono messo ad aspettare il mio turno. A un certo punto è suonata la sirena. Il barbiere ci ha detto che lì vicino c’era un rifugio: “Andate a ripararvi, noi continuiamo a lavorare”. Ma nessuno di noi si è andato a nascondere. Certo, non abbiamo fatto bene e grazie a Dio il missile non ci ha colpito. Il fatto è che siamo stanchi di nasconderci, stanchi di andare nei rifugi. Vogliamo vivere e questo ci dà la forza di non arrenderci».
«Dallo scoppio della guerra abbiamo dimenticato che giorno sia»
Il vescovo Mykola ha riferito un altro aneddoto che fa capire quanto la quotidianità degli ucraini sia cambiata: «Dallo scoppio della guerra abbiamo dimenticato che giorno sia – racconta – Non diciamo più “Oggi è il 9 agosto”, ma ‘oggi è il 532esimo giorno di guerra”».
L’impegno della Chiesa nel sostenere la speranza della gente è quotidiano. «Come sacerdoti e come Chiesa cerchiamo di stare con la gente. Tanti cappellani vanno nelle zone di combattimento per essere di supporto morale e spirituale ai soldati – racconta – E molti di loro restano sorpresi di questo: c’è chi dice “Non sono mai andato in chiesa in vita mia ma con lei qui, padre, mi sento sicuro”. E poi aiutiamo i rifugiati, perché non tutti sono fuggiti all’estero, c’è chi ha raggiunto le zone dell’Ucraina dove la situazione è un po’ più tranquilla, se così si può dire».
«Ogni giorno purtroppo celebriamo funerali – ha proseguito – Per me ogni volta è una sfida grande: cosa dire a una mamma che ha perso il figlio, a una donna che ha perso il marito? Anche per noi sacerdoti questa situazione drammatica ed emotivamente pesante ma non vogliamo allontanarci dalle persone. Siamo pastori e stiamo col gregge».
La Diocesi in Ucraina ha inaugurato un ospedale
Prima di diventare vescovo, mons. Mykola è stato per sei anni direttore spirituale nel Seminario maggiore dei Tre Santi Gerarchi a Kiev, che accoglie circa 200 giovani seminaristi per tre diocesi. «Ancora abbiamo vocazioni, seppure il numero sta calando anche in Ucraina – dice – Tuttavia non ci sono parrocchie scoperte e chi viene ordinato prete a volte deve faticare a trovare un posto dove esercitare il ministero».
Poco tempo fa la Diocesi ha anche inaugurato un ospedale: l’unico di proprietà della Chiesa in tutta l’Ucraina. «Grazie a questa struttura possiamo aiutare i soldati feriti che ritornano dalle zone di guerra ma anche i profughi e le famiglie dove si manifestano problemi psicologici a causa del conflitto» precisa il vescovo.
L’appello del vescovo ucraino
Il vescovo Mykola conclude con un appello. «La pace la vogliamo, ma nella giustizia – dice citando il patriarca dell’Ucraina – Per prima cosa basta ucciderci. Come si può fare la pace con chi continua a uccidere persone innocenti e a ferire la nostra terra? Si parla di ecocidio, perché la distruzione delle nostre terre ha delle ripercussioni: stanno radendo al suolo tutto. Noi vogliamo solo vivere in pace. Ma ora dobbiamo difendere noi e i nostri figli».
«Certo – conclude – la guerra stanca, non solo chi la vive, ma anche voi. Vi chiedo però di continuare ad aiutarci, perché questa è una guerra fra il bene e il male».
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Nato a Grosseto, pare abbia scelto quasi da subito di fare l’astronauta, poi qualcosa deve essere cambiato. Pallino fisso, invece, è sempre rimasto quello della scrittura. In redazione mi hanno offerto una sedia che a volte assomiglia all’Apollo 11. Qui scrivo, e scopro. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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