MONTIERI. In questi giorni anche il presidente della Regione Eugenio Giani ha fatto pubblicamente i suoi complimenti a Duccio Frullani, che ha ricevuto da Slow Food il riconoscimento come miglior giovane chef dell’anno. Il cuoco lavora e crea piatti per il ristorante La Ciottolona di Boccheggiano.
Duccio ha vinto questo ambito titolo per il terzo anno consecutivo, una soddisfazione immensa. «Ho coltivato questa mia passione in casa: tutti cucinavano – dice – Nonna, babbo e mamma erano sempre ai ai fornelli, tanto che anche mio padre Sandro aveva aperto un ristorante in paese».
Trent’anni ed una fama in netta crescita, tanto che non mancano diverse proposte lavorative in Italia e all’estero. Ma Duccio non ne vuole sapere, sta bene dov’è, nella sua dimensione e con il team che si è pian piano creato e che lo affianca nel suo lavoro. Il suo percorso formativo, subito dopo aver concluso gli studi presso l’istituto alberghiero di Grosseto, lo ha portato prima in Belgio e poi in molti ristoranti rinomati italiani, dove ha perfezionato le sue competenze e formato il carattere.
La parola magica è dedizione
Lavorare in una cucina è uno dei mestieri più difficili, che richiede dedizione, passione e sacrificio in modo costante. Però c’è chi scommette, ha un idea e crede in sé. Duccio lavora a La Ciottolona dove va incontro ai gusti moderni, con quattro menù per quattro stagioni dove la tradizione è talvolta rivisitata, con qualche colpo di scena, ma senza stravolgerla.
Cosa le piace di questo lavoro?
«Tutto. La libertà di poter creare, la sfida con me stesso e il sorriso appagato dei clienti».
È comunque un lavoro pesante, rifarebbe la stessa scelta?
«Assolutamente sì, anche se mi rendo conto che non potrà essere per sempre. Non solo è un lavoro penalizzante per tanti aspetti della vita, ma oltretutto ci sono tanti di quegli adempimenti burocratici che possono davvero farti passare la voglia».
Cosa ne pensa delle persone che si definiscono cuochi, senza l’esperienza?
«Penso che saper fare una buona carbonara non significhi essere un cuoco. Servono dedizione e costanza, il tutto con l’esperienza, che nasce solo in cucina. Io ho cominciato a conoscere la cucina a diciotto anni, ora ne ho trenta e solo da poco posso dire di essere un cuoco. Tanti altri si sono persi per strada».
Lo chef de La Ciottolona com’è sul lavoro?
«Pignolo. Entro in cucina e mi trasformo, perché a casa, per esempio, sono un mezzo disastro».
Si definisce chef nella tradizione culinaria italiana o un innovatore?
«La tradizione della nostra cucina è sempre e comunque alla base di tutto ciò che preparo. Ma credo sia importante anche rinnovarsi, provare nuovi accostamenti, che ci permettano di conoscere nuovi sapori. Non è detto che riesca sempre, ma è fondamentale sperimentare. Ovviamente con le materie prime della migliore qualità, senza le quali nessun grande chef può lavorare».
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Collaboratrice di MaremmaOggi. Il turismo e l'accoglienza sono nel dna familiare, ma scrivere è l'essenza di me stessa. La penna mi ha accompagnato in ogni fase e continua a farlo ovunque ce ne sia la possibilità. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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