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I pesci sono tornati a Punta Gabbianara

A dieci anni dal naufragio della Concordia, la poseidonia sta ripopolando i fondali sui quali era appoggiata la nave
Maria Sargenti
Maria Sargenti durante la presentazione al Giglio

ISOLA DEL GIGLIO. Da dieci anni segue passo dopo passo i lavori di recupero dei fondali dell’isola del Giglio, di quelli davanti a Punta Gabbianara dove per più di due anni si è appoggiato il relitto della Costa Concordia. Oggi, per il decennale del naufragio, sull’isola c’era anche Maria Sargentini, presidente dell’Osservatorio regionale sulla Concordia. 

Il progetto di rimozione del relitto Concordia ha sempre avuto come priorità la protezione dell’ambiente dell’Isola del Giglio. Un impegno che non si è fermato quando il relitto è stato portato via dall’isola, ma che è continuato anche successivamente, con la pulizia e il ripristino dei fondali impattati dal naufragio.

Un lavoro portato avanti dagli studiosi

Le attività di monitoraggio ambientale e di ripristino delle condizioni dei fondali sono state indicate dal Ministero dell’Ambiente attraverso le prescrizioni che la Conferenza di Servizi, appositamente convocata, ha stabilito subito dopo il naufragio.  Al fine di monitorare il corretto svolgimento dei lavori è stato nominato un Osservatorio, presieduto da Maria Sargentini, con all’interno rappresentanti di organismi scientifici, come Ispra e Arpat Toscana, Ministero dell’Ambiente, Provincia di Grosseto, ed enti locali, con particolare riferimento al Comune dell’Isola del Giglio.

Il lavoro tecnico e scientifico è stato condotto da ricercatori e specialisti di ecologia marina, co-ordinati dal responsabile scientifico del progetto Giandomenico Ardizzone, che hanno operato all’interno dell’Università di Roma “La Sapienza”, del Consorzio di Biologia Marina di Livorno e dell’Università degli Studi di Genova. La parte relativa alla rimozione dei materiali utilizzati durante il progetto di recupero del relitto è stata effettuata da Micoperi.

Le attività svolte si possono suddividere in tre fasi:

  1. Censimento: si è svolto da giugno ad agosto 2012 con l’obiettivo di acquisire informazioni sull’area in cui si trovava il relitto, raccogliendo elementi conoscitivi utili alle scelte progettuali e per la valutazione dei possibili impatti provocati dai lavori, identificando quindi gli interventi ottimali per poterli ridurre. Le indagini conoscitive hanno interessato l’ambiente marino in tutte le sue componenti (fisica, chimica e dinamica delle acque, popolamenti bentonici e planctonici, praterie di Posidonia, popolamenti ittici, rumore subacqueo e osservazione dei mammiferi marini, ecc).
  1. Analisi e monitoraggio durante i lavori di rimozione: dall’inizio dei lavori sono stati condotti campionamenti delle diverse componenti fisico, chimiche e biologiche marine. Oggetto di analisi sono state le masse d’acqua, con rilievi sulle correnti, la torbidità dell’acqua e la sedimentazione. Tali indicazioni hanno consentito di tenere sotto controllo gli effetti ambientali di tutte le attività di cantiere, garantendo l’attivazione, qualora necessario, delle misure di intervento previste. Al fine di salvaguardare i mammiferi marini, sono stati anche effettuati monitoraggi acustici.

 

  1. Ripristino dell’ecosistema marino: Questa fase riguarda tutte le attività necessarie al ripristino dei fondali in modo da riportarli alle condizioni presenti precedentemente al naufragio.

Dopo la partenza del relitto a luglio 2014, sono state avviate le operazioni per la pulizia dei fondali marini e il recupero di tutti i materiali e le strutture utilizzati durante il progetto di rimozione del relitto, come le piattaforme e i sacchi che costituivano il “falso fondale” su cui poggiava la nave dopo il suo raddrizzamento. Queste operazioni si sono concluse con successo nel 2018.

Parallelamente, è stato avviato il progetto di ripristino della fauna marina, della durata di 5 anni. Le attività di restauro hanno consistito nel trapianto e nel monitoraggio di organismi che potessero accelerare la ricostituzione naturale delle biocenosi, come la posidonia e vari coralli. A 3 anni dall’inizio delle attività, nel 2021, sono stati trapiantati 1500 m2 di posidonia e un totale di 353 gorgonie. Il graduale ripristino degli habitat ha portato a una nuova colonizzazione di pesci, che hanno tra l’altro beneficiato dell’interdizione alle attività di pesca per tutta la durata del progetto.

 

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