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I castelli di Manciano immersi nella natura

Montauto, Pelagone, Stachilagi, Scerpena, dove il Medioevo fa ancora capolino tra le fronde
I castelli di Scerpena (sinistra), Pelagone (sopra) e Stachilagi (sotto)

MANCIANO. «Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori, / le cortesie, l’audaci imprese io canto». così Ludovico Ariosto iniziava il suo poema cavalleresco “Orlando furioso” nel 1500. E chissà quanti cavalieri, armi, sguardi di dame, nobili e popolani, hanno attraversato gli archi e le feritoie di quei castelli in Maremma che ora si nascondono spesso dietro le fronde di una vegetazione rigogliosa e padrona.

Molti oggi si trovano in aree private, ma è possibile visitarli, e arrivarci anche solo vicino è parte di un percorso che la macchia ripara dal sole cocente, avvicinando comunque ogni visitatore ed escursionista ad un pezzo della storia della Maremma spesso poco conosciuto. Sarà dunque facile scappare dalla città e dalla calura estiva e improvvisarsi, anche solo per un giorno, esploratori della storia.

I 5 avamposti della storia 

Dove l’uomo ha abbandonato il presidio, la natura è tornata a dominare e, senza che alcuno le dicesse come fare, si è ripresa le torri, le piazze, le corti interne delle fortificazioni lasciate sguarnite oramai da secoli. Dove non è ancora ben arrivata o dove invece la mano dell’uomo non ha mai lasciato la presa, è possibile ammirare alcuni esempi di architettura medievale ancora ben conservati. Gli appuntamenti con la storia del medioevo intorno a Manciano si possono contare con le dita di una mano, eccoli.

Il castello di Montauto

Ricordato fin dal 1216 negli atti di divisione della contea Aldobrandesca, ospitò un piccolo agglomerato urbano. Nel 1416 il borgo fu distrutto dai senesi che ne risparmiarono solo il cassero. Occupato per un breve periodo nel 1489 da un gruppo di pirati corsi, fu subito ripreso da Siena che, dopo l’epilogo della sua egemonia, ne lasciò il controllo ai medicei nel 1557.

il Castello di Montauto

Quello che oggi è un rudere, mantiene ancora leggibile buona parte della sua maestosità. Nella costruzione rettangolare, il nucleo centrale della fortezza, rimangono ancora tracce di finestre ribassate al primo piano. Visitarlo non è sempre semplice, in quanto si trova all’interno di una proprietà privata, peraltro teatro di caccia al cinghiale. in periodo venatorio.

 Il castello del Pelagone

Il castello del Pelagone

Passato dalla contea Aldobrandesca al dominio degli Orsini di Pitigliano, nel 1430 risulta già distrutto e disabitato. I ruderi sono ancora imponenti e cercano sempre il loro spazio tra la vegetazione. Non facilmente raggiungibile, è vicino all’abitato preistorico di Scarceta. Anche questa fortificazione è compresa in un’area privata, ma quello di cui l’occhio non si può proprio privare neanche da lontano è l’impatto visivo con il castello: uno dei più suggestivi

Il castello di Stachilagi

Il castello di Stachilagi

Di proprietà dell’Abbazia delle Tre Fontane, è citato anche lui nell’atto di divisione della contea Aldobrandesca dell’ottobre 1216: tra i castelli del conte Bonifazio. Acquistato da Siena nel 1409, nel 1430 rimaneva in piedi solo il cassero, che nel 1448 doveva essere ormai disarmato. Ad oggi buona parte della cinta muraria rimane comunque ben visibile, all’interno ci sono moltissimi ruderi e resti di costruzioni crollate. Anche questo presidio medievale è compreso in un’area privata.

Il castello di Scerpena

Le informazioni che la storia ci consegna ricordano del castello già esistente nel 1161, citandolo in antichi documenti tra le proprietà dell’Abbazia delle Tre Fontane di Roma. Fu anche parte dei possedimenti degli Aldobrandeschi e governato da loro vassalli. Era un castello importante: vicino c’era una miniera d’argento.

Il castello di Scerpena

Nel 1394 però fu attaccato e distrutto dalle truppe senesi. Del complesso oggi rimane una torre rotonda a blocchi di pietra biancastra, costruita alla fine del XII secolo, con una finestra caratteristica che guarda a nord-ovest. L’edificio vicino, sul quale si aprono finestre ad arco ribassato, è stato realizzato più tardi, probabilmente con materiale di recupero dell’antico castello. Intorno restano comunque vari tratti della cinta muraria. Anche questa fortificazione è in un’area privata, rimane comunque ben visibile ed è forse una di quelle conservate meglio.

La torre romana

Anche questa fortificazione si trova in un giardino privato, l’accesso potrebbe essere negato ai visitatori, ma una domanda per visitarla vale la pena farla. Per arrivarci è più agevole partire da Poggio Murella, attraversare il paese in via del Poggio e, una volta di fronte all’ufficio postale, prendere la strada sulla destra, proseguendo su via del Greppo.

Il giardino privato contiene uno spettacolo curioso: una torre cilindrica con base quadrata, coperta da un lavoro misto di rete e mattoni. La struttura romana è risalente al I secolo dopo Cristo, l’ingresso era sul lato nord e conduceva a una scala che saliva lungo le pareti interne. Questa sua architettura suggerisce che potrebbe essere stata una torre di guardia o di segnalazione. È anche possibile che possa essere stata una tomba monumentale, anche se manca di una camera funeraria.

 

Autore

  • Nato a Grosseto, pare abbia scelto quasi da subito di fare l’astronauta, poi qualcosa deve essere cambiato. Pallino fisso, invece, è sempre rimasto quello della scrittura. In redazione mi hanno offerto una sedia che a volte assomiglia all’Apollo 11. Qui scrivo, e scopro. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma

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