GROSSETO. Magari li abbiamo già visti nei supermercati senza però soffermarci troppo: da tempo però i “nuovi cibi” (novel food) a base di farine d’insetti, pasta e biscotti, ma anche alghe, fanno bella mostra di sé sugli scaffali, e secondo gli esperti diventeranno ben presto d’uso comune.
I “nuovi alimenti” possono essere alimenti innovativi e di nuova concezione, o alimenti prodotti utilizzando nuove tecnologie e processi di produzione, nonché alimenti che sono o sono stati consumati tradizionalmente al di fuori dell’UE.
Per l’EFSA, l’autorità Europea per la sicurezza alimentare, un novel food deve essere sicuro per i consumatori e correttamente etichettato in modo da non fuorviare gli stessi.
La dottoressa grossetana Valentina Culicchi, dirigente medico Uos nutrizione clinica dell’azienda Usl Toscana SudEst, delinea con MaremmaOggi il quadro della situazione.
«Dovremo avere maggiore consapevolezza»
«La farina di grillo, per esempio, appartiene alla categoria dei “novel food”. Quegli alimenti che non erano stati consumati in misura significativa dagli esseri umani – sottolinea la Culicchi – nell’UE prima del 15 maggio 1997, quando è entrato in vigore il primo regolamento sui nuovi alimenti».
«L’attuale lista dei “novel food” è molto ampia. Per fare un esempio ultimamente si è parlato molto dell’alga spirulina e delle sue caratteristiche nutrizionali – dice Culicchi – La moda esiste anche per i cibi e, come dice l’antropologo Marino Niola nel breve saggio “Homo Dieteticus”, è capricciosa e mutevole. Fatta di innamoramenti che spesso durano una stagione. O che diventano virali. Ricorderemo la rucola, il Kamut, l’olio di palma, la curcuma, il glutenfree».
Insetti a tavola
Al riguardo esiste un’ampia letteratura sulla farina di grillo così come su altri insetti. Si pensi che un articolo del 2019 uscito su di una famosa rivista scientifica, aveva come titolo “Composizione nutrizionale e accettabilità dei biscotti fortificati con larve di punteruolo della palma (Rhynchophorus phoenicis Fabricius) e patate dolci a polpa arancione tra le donne in gravidanza”.
L’esigenza era quella di arricchire la dieta di donne a rischio malnutrizione (come quelle in alcune zone dell’Africa), utilizzando proteine di animali largamente diffusi nell’ambiente.
Il test
«Ci sono poi studiosi che – dice la dottoressa – sono andati incontro alla crescente percezione delle proteine come nutrienti sempre più importanti. Hanno valutato l’accettabilità da parte dei consumatori di Stati Uniti, Messico e Spagna dei biscotti con gocce di cioccolato realizzati con parziale sostituzione della farina di grilli».
«L’accordo è stato unanime sull’alto contenuto di proteine e sulla sostenibilità – dice Culicchi – ma la conclusione è stata che c’erano da superare barriere sensoriali, emotive e psicologiche. Gli autori suggeriscono di cercare risposte nel marketing».
Il rischio di perdere le radici
«Così facendo si riduce il cibo ad una mera conta calorica e di nutrienti, gettando via dalla tavola la dimensione del piacere – riflette la dottoressa – della convivialità e dello scambio. Oltre alle dimensioni della tradizione e del ricordo che molti piatti sono in grado di evocare».
Si può stare bene (anche) senza insetti
La dottoressa parla chiaro. «L’Italia, così come gli altri paesi europei, non ha assolutamente bisogno di arricchire ulteriormente la propria dieta con proteine provenienti da fonti diverse – precisa – È cosa nota che il consumo eccessivo oltre il fabbisogno raccomandato giornaliero, in particolare modo nel giovane ma anche nell’adulto, favorisca lo sviluppo dell’obesità e possa, alla lunga, ripercuotersi sulla funzionalità dei reni.
Però si può sempre provare
«Cosa diversa – dice Culicchi – è se per puro diletto o per seguire la moda del momento, in nome di un finto salutismo che oserei definire chic, si escludano alimenti “passati di moda” come il roast-beef o la pasta e fagioli per sostituirli con biscotti o gallette confezionati con farina di grillo».
Resta il fatto che il grillo (Acheta domesticus) è una buona fonte di proteine (55-70%, sostanza secca), contiene amminoacidi essenziali, vitamine, sali minerali oltre a chitina e chitosano. Il suo prezzo è accessibile e sono disponibili tutto l’anno.
«La dieta mediterranea, rimane in ogni caso insostituibile e valida» ci tiene a rimarcare Valentina Culicchi.
La dieta mediterranea è sostenibile, più di tante altre
«Vorrei richiamare tutti i consumatori, anche nel campo delle scelte alimentari, a una maggiore consapevolezza – dice Culicchi – Si dovrebbe avere come faro conduttore la scienza ma anche il buonsenso e la tradizione. Lascando le mode ad altri ambiti della propria vita».
«Il modello alimentare mediterraneo, infatti, oltre ad avere benefici per la salute delle persone è salutare anche per l’ambiente – fa notare la dottoressa – Si stima in media che per ottenere 100 calorie, la dieta mediterranea provoca un impatto ambientale di circa il 60 % minore rispetto ad una alimentazione di tipo nordeuropeo o nordamericano. Basate su di un uso eccessivo di carni e grassi animali, piuttosto che su vegetali e cereali».
«Ma il modello alimentare mediterraneo, come già sottolineato dall’Unesco, va oltre il concetto di cibo. Il termine stesso dieta deriva dal greco antico diaita (stile di vita) proprio ad indicare la valenza sociale e culturale della dieta mediterranea – conclude – I molteplici effetti positivi sulla sfera sociale, economica ed ambientale, non possono che riconoscere a questa dieta anche la sostenibilità».
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Giornalista di MaremmaOggi. Ho iniziato a scrivere a 17 anni in un quotidiano. E da allora non mi sono mai fermato, collaborando con molte testate: sport, cronaca, politica, l’importante è esagerare! Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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