Giulianotti: «La scuola di robotica deve staccarsi dall'Asl» | MaremmaOggi Skip to content

Giulianotti: «La scuola di robotica deve staccarsi dall’Asl»

Il chirurgo che ha inventato la robotica parla da Chicago: «Per sopravvivere, la scuola deve avere un nuovo status e trovare risorse proprie». Il testo e il video dell’intervista
Pier Cristoforo Giulianotti nel suo ufficio di Chicago all'università Illinoys durante l'intervista con MaremmaOggi
Il professor Pier Cristoforo Giulianotti nel suo ufficio all’università dell’Illinois a Chicago durante l’intervista con MaremmaOggi

di Guido Fiorini e Lina Senserini

GROSSETO. A Chicago sono appena le 5 di mattina, ma Pier Cristoforo Giulianotti è già nel suo studio all’università dell’Illinois, appena dall’altra parte della strada rispetto all’ospedale, dove di lì a poco ha il primo intervento chirurgico della giornata. Camicia bianca e giacca scura, è elegante e carismatico anche dietro lo schermo di un computer.

Collegato con la redazione di MaremmaOggi in videochiamata – in Italia è mezzogiorno – il chirurgo che ha inventato e diffuso la robotica proprio partendo dall’ospedale di Grosseto, parla volentieri del futuro di questa branca della chirurgia.

Racconta la sua visione di un mondo in divenire, che negli ultimi 20 anni, ha fatto passi da gigante, sostenuto dal progresso tecnologico in ambito informatico, spinto oltre ogni immaginazione dall’intelligenza artificiale.

E si toglie anche qualche sassolino dalle scarpe.

In questi giorni, infatti, il suo nome è rimbalzato su tutti i giornali e i social. La sua assenza alla celebrazione del ventennale della Scuola internazionale di robotica del Misericordia, che lui stesso ha fondato nel 2003 ha pesato come un macigno.

Così come ha pesato la lettera aperta che ha inviato alla stampa dove ha spiegato perché non era a Grosseto. 

Giulianotti manca dalla Scuola di robotica maremmana dal 2021, quando sono ripresi i corsi dopo lo stop per la pandemia, con un nome nuovo per la scuola, un sito internet nuovo, una nuova segreteria organizzativa che ha preso il posto della storica Ti.Gi. Congress e senza il nome del chirurgo che l’ha fondata, sul sito.

Ma Giulianotti, lo dice subito, non vuole fare polemica, anche se non gli è piaciuta la dichiarazione del Dg dell’Asl sudest, Antonio D’Urso, secondo il quale l’università dell’Illinois non ha risposto a una comunicazione dell’azienda sanitaria, inviata il 27 luglio 2021 con l’intento di riprendere la collaborazione della Scuola con l’Università americana. «Comunicazione mai arrivata», corregge Giulianotti.

Giulianotti: «Nella robotica siamo stati degli apripista»

«Quando qualcuno tira verso il basso – dice, citando Hillary Clinton – bisogna volare alto. La mia lettera voleva stimolare un dibattito costruttivo intorno a una scuola che, così com’è, aveva senso quando è nata, ma non ora».

Che cosa significa professor Giulianotti?

«Il Misericordia è stato uno dei primi ospedali in cui sono stati realizzati interventi in laparoscopia, poi con il robot, all’inizio degli anni 2000. La prima città che ha trasmesso in diretta gli interventi alla Società italiana di chirurgia. In quegli anni abbiamo lavorato intensamente, c’era bisogno di fare formazione, di mettere in piedi una scuola che desse la possibilità di imparare a chirurghi interessati».

«È così che l’ospedale di Grosseto è diventato un luogo di studio e di trasferimento delle conoscenze. Ha fatto scuola e noi siamo stati degli apripista che guardavano al futuro e che avevano intuito in quale direzione sarebbe andata la chirurgia. Avevamo ragione perché in 20 anni è cambiato tutto».

Quali sono i cambiamenti che la chirurgia del futuro dovrà affrontare?

«L’accelerazione definitiva è arrivata con la tecnologia digitale, che ha stravolto il rapporto tra il chirurgo e il paziente. Siamo passati, mi si passi il paragone, dall’analogico in cui la capacità, la manualità, l’arte del chirurgo fanno la differenza nell’approccio e nell’esecuzione dell’intervento, al digitale».

«La robotica è l’evoluzione digitale, è la rivoluzionaria tecnica che allontana il chirurgo dal corpo del paziente. Al suo posto c’è un computer che acquisisce le immagini, gliele rimanda e permette infinite possibilità di vedere dettagli che all’occhio umano risultano invisibili o difficilmente identificabili».

«Con l’intelligenza artificiale una via senza ritorno»

Come cambierà ancora la chirurgia con l’A.I.?

«La piattaforma robotica non ha limiti alle proprie possibilità, presto l’intelligenza artificiale potrà fare da sola una parte dell’intervento. È una via senza ritorno, nel giro di 10 anni ci saranno interventi semiautomatici, in cui il chirurgo avrà solo una funzione di controllo. Il destino è segnato. Possiamo non accettarlo, ma questa realtà è ormai intorno a noi, in tutto. Dunque bisogna avere il coraggio di cambiare. C’è ancora la resistenza dei combattenti di retroguardia, ma il dado è tratto».

Una scuola come quella di Grosseto come può resistere a questo cambiamento?

«Così com’è non può. La strada è tracciata e le università per prime dovranno adeguarsi per formare professionisti pronti a impadronirsi di queste nuove tecnologie. Dovranno per forza incorporare queste scuole, anche quella di Grosseto, se vorranno formare chirurghi in questa disciplina. Così Grosseto si troverà a competere con centinaia di istituzioni che fanno la stessa cosa».

Eppure Grosseto ha fatto la storia.

«Si, ma ora c’è un big bang in corso e ancora qualcuno non se n’è accorto. Invece bisogna capire quale potrà essere il ruolo di un ospedale che ha fatto da apripista, che ha formato centinaia di professionisti con la sua scuola, nella quale si sono spesi nomi di livello internazionale. È stata un punto di partenza, ma ora deve essere individuato un nuovo percorso». 

«La scuola deve legarsi a istituzioni accademiche e non solo»

Secondo lei, qual è la soluzione, se c’è?

«Per sopravvivere, la scuola deve necessariamente legarsi a istituzioni accademiche, centri di ricerca, università, sostenuta anche dalla Regione e dal Ministero. Deve avere il riconoscimento di uno status che giustifichi le spese».

«Vi faccio io una domanda. Secondo voi, può continuare a sostenersi con i soldi dell’Asl e a essere gestita come una qualunque altra attività amministrativa? Non voglio contestare D’Urso, ma l’accordo con l’Università dell’Illinois sarebbe servito proprio a questo e se lo sono lasciati sfuggire. Anche la politica è stata miope, non sapete quante volte e a quanti indirizzi ho scritto a Enrico Rossi, ancora assessore e poi presidente della Regione, ma non mi ha mai risposto».

Ma D’Urso ha detto che è l’Università dell’Illinois a non aver risposto.

«Sinceramente, non credo che il dg avesse intenzioni serie, altrimenti non si sarebbe fermato a una mail senza risposta, che potrebbe essere stata inviata all’indirizzo sbagliato, finita chissà dove. Io non sono stato contattato da nessuno in nessun modo. Eppure mi arrivano decine di mail al giorno anche da pazienti che mi chiedono consigli, che hanno bisogno di un’informazione e io rispondo a tutti. La mail non è arrivata nemmeno al dipartimento di chirurgia dell’università».

«E poi, lasciatemi dire, se c’è un progetto serio e la volontà di portarlo avanti, non si affronta in questo modo. A mio parere, D’Urso non aveva nessuna intenzione di avviare un progetto con l’università o con il sottoscritto. Ma ripeto, non voglio fare polemica, a me preme il destino della piccola scuola che ho creato 20 anni fa e che è stata importantissima finché le cose non sono cambiate con l’evoluzione della tecnologia». 

«La scuola deve staccarsi dall’Asl e avere un nuovo status»

Per non farla appassire, allora, cosa va fatto sin da subito?

«Per prima cosa, staccarla dall’Asl, renderla indipendente dall’azienda, darle un nuovo status. Può realmente sopravvivere solo fuori dall’Asl, affinché non sia poco più dell’appendice di un ambulatorio, che usa risorse a detrimento dell’attività clinica. Deve ritagliarsi un ruolo, in un circuito accademico e di ricerca, legarsi alle facoltà scientifiche, non solo mediche, penso a ingegneria per la realizzazione di nuovi prototipi. Ma qui devono entrare in gioco altre forze, a partire dagli amministratori locali, in prima persona il sindaco di Grosseto. Altrimenti siamo in un vicolo cieco».

Nel suo intervento a sostegno di Giulianotti, Vivarelli Colonna ha espresso posizioni chiare.

«Credo che il sindaco di Grosseto possa avere un ruolo fondamentale, insieme a D’Urso, alle istituzioni, agli amministratori regionali, per contribuire a trovare una collocazione giuridico-istituzionale alla scuola, favorire accordi istituzionali superiori, configurare un sistema che la protegga e ne garantisca il futuro. Ma il primo che deve porsi delle domande è il manager».

Cosa dovrebbe fare, D’urso secondo lei?

«Il direttore generale deve chiedersi cosa si vuol fare della scuola, quali sono i progetti giusti e le persone giuste, quelle che possono fare la differenza, qual è il target sostenibile. Ma se la sua risposta è “fuori uno (il sottoscritto), dentro un altro”, vuol dire che non ha ben chiara la situazione. O forse non gli interessa. A non è uguale a B, sono le persone che fanno la differenza. Se avesse l’umiltà di girare per il mondo e chiedere chi è Giulianotti (citato anche in una puntata di Grey’s Anatomy, ndr), scoprirebbe che lo conoscono in Cina, in Giappone, in India, in Brasile. E questo nome poteva essere sfruttato a vantaggio della scuola».

Guarda l’intervista completa 

 

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