GROSSETO. Luigi Ambrosio è stato anche un buon calciatore. Un centravanti di quelli mobili, che andava incontro alla palla, che aveva estro anche quando toccava il pallone. Normale, per uno come lui.
Al Grosseto è rimasto tre anni dal 1996-97 (Promozione) al 1998-99 (Dilettanti), con 38 presenze e cinque reti (la foto è di Giacomo Aprili). Veniva dall’Atalanta, dove ha fatto le giovanili e dopo l’Unione è passato al San Quirico d’Orcia.
Negli anni in biancorosso il suo tecnico era Marco Cacitti, ora al Gavorrano (juniores nazionali).
«Me lo ricordo bene – dice il tecnico di Tolmezzo – era molto forte, molto mobile, molto estroso. Aveva dei numeri, avrebbe potuto sfondare. E poi, soprattutto, era una persona perbene, con cui stavi bene anche fuori dal campo di gioco. Sapere che se n’è andato così giovane mi dà un enorme dolore, sono vicino alla famiglia».
Cacitti ricorda anche un curioso aneddoto: «Una volta era in panchina, lo mandai a scaldare. Ma ritardavo il cambio. Alcuni tifosi si avvicinarono alla rete e mi urlarono “O Cacitti, alla fine lo bruci!!”. E io chiamai la sostituzione».
Marco è citato più volte nel libro di Luigi “Mai stato in serie A”, una metafora del calcio e della vita quotidiana. «Il libro l’ho letto, è molto bello. Nei tre anni che l’ho allenato eravamo legati. Mi piaceva per l’impegno che ci metteva. E poi, più avanti nel tempo, sono andato spesso a trovarlo nel suo locale, dove regalava sorrisi a tutti. Ho seguito tutti gli eventi che ha organizzato. Mi faceva sempre grandi feste, passavano il tempo a parlare di calcio, a ridere. Non posso pensare che se ne sia andato così giovane».
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