FOLLONICA. Nel 2024 in Toscana hanno chiuso ogni giorno 10 negozi, contro una media matematica di 4,2 aperture, per un totale di 3.645 chiusure nell’anno. Il dato lo fornisce Confesercenti Toscana.
Numeri che fanno riflettere e che mostrano una curva decisamente discendente: negli ultimi dieci anni in Toscana oltre duecento Comuni sono stati colpiti dalla desertificazione commerciale – cioè la scomparsa di negozi di vicinato – con 8.474 attività al dettaglio chiuse. E Follonica, ovviamente, non è esente.

Basta osservare le attività che popolano i soli 300 metri del corso cittadino per capire che anche nella città del golfo le chiusure superano di gran lunga le aperture. Sono infatti tanti i negozi e le piccole attività che chiudono le saracinesche per le ragioni più disparate.

Negli ultimi mesi i cambiamenti sono stati molti, dalla chiusura del negozio di calzature Anna Trane a quello della Benetton, passando per Pull Love e per il negozio di dolciumi. Ci sono poi i cartelli di cessazione attività appesi alle vetrine, come quello della Parafarmacia Europa, o di cessione di attività, come quello della gelateria artigianale Twist.
Un capitolo a parte riguarda infine i fondi rimasti sfitti, come quello un tempo utilizzato dalla banca Monte dei Paschi, ormai vuoto da anni, o del Temporary Outlet, un negozio su due piani adesso chiuso.

Ovunque sembra crescere solo la ristorazione e la ricettività, tanto che il tessuto economico e urbano ne esce profondamente cambiato. E la moria di negozi, storici e non, parla chiaro: racconta di un panorama commerciale che non solo si restringe, ma cambia anche pelle, con catene commerciali e negozi in franchising che vanno per la maggiore. Tutto questo con una una lenta ma inesorabile perdita di identità e una trasformazione delle peculiarità caratteristiche del centro. Un andamento che sta contribuendo a ridisegnare il paesaggio commerciale.
Stop a friggitorie, kebab, e alimentari etnici
Le chiusure si susseguono e l’Amministrazione comunale tenta di dare una sterzata istituendo un regime di salvaguardia relativo a specifiche tipologie di attività che non possono aprire. Il regolamento vale esclusivamente nella zona centrale della città, ovvero in via Roma, via Martiri della Niccioleta, via Amorotti e nel tratto di via Colombo compreso tra via Roma e via Parri.
I divieti riguardano sale giochi e centri scommesse, internet point, money transfer, money change, compro oro, macellerie e pollerie, commercio di vicinato di frutta e verdura, laboratori di friggitoria con annesso punto vendita, laboratori artigianali di produzione e vendita di prodotti alimentari etnici, attività che vendono materiale erotico o pornografico, lavanderie self service e commercio di vicinato tramite fondi con distributori self service, sia alimentari che non alimentari.
Insomma, di fronte a decine di serrande abbassate, la soluzione sembra essere l’istituzione di un regolamento che vieta determinate aperture che per l’Amministrazione comunale non si confanno ad un centro cittadino.
Il 2024 un anno da dimenticare
Confesercenti Nazionale parla di uno «Tsunami sui negozi». Per il commercio, il 2024 è stato un anno da dimenticare, con un rapporto vicino ad 1 apertura per ogni 3 chiusure. Ovvero il peggiore degli ultimi dieci anni: è quanto emerge da un’analisi condotta da Confesercenti sui dati camerali.
A pesare sul comparto, e in particolare sul crollo delle nascite di imprese, sono anche i fattori demografici. L’invecchiamento progressivo della popolazione si riflette infatti anche sul sistema imprenditoriale locale e nazionale. Le maggiori difficoltà nascono anche da un credito sempre più asfittico e da un mercato difficile, sia per la lenta ripresa dei consumi delle famiglie sia per l’aumento della concorrenza. E ovviamente il panorama che si staglia davanti è dominato dai grandi gruppi e dai giganti dell’online.