CASTEL DEL PIANO. Il direttore del pronto soccorso dell’ospedale di Castel del Piano avrebbe certificato vari accessi per sé e per alcuni suoi familiari, tutti sprovvisti di vaccinazioni contro il Covid-19, accettando tamponi molecolari provenienti dall’esterno, certificandone invece l’avvenuta esecuzione all’interno dell’ospedale. Tutti i tamponi, che risultavano poi essere positivi, permettevano loro di ottenere la guarigione dalla falsa malattia ed il conseguente rilascio del “certificato verde Covid-19”, unico mezzo, alternativo alla vaccinazione, necessario a conseguire il GreenPass rinforzato che, in base alla recente normativa, gli ha permesso di continuare ad esercitare la professione sanitaria.
Nei guai il direttore del pronto soccorso
Quindici carabinieri del comando provinciale di Grosseto, insieme agli uomini della polizia giudiziaria della Procura, per tre mesi hanno tenuto d’occhio, coordinati dal sostituto procuratore Federico Falco, i due medici e i parenti che avevano scelto di non sottoporsi alla vaccinazione ma che avevano ottenuto il green pass attraverso tamponi molecolari che arrivavano dall’esterno e che non erano stati fatti all’interno dell’ospedale.
Mercoledì 9 marzo, i carabinieri si sono presentati ai due medici con un’ordinanza firmata dal giudice Marco Mezzaluna che ha disposto il divieto di esercitare temporaneamente l’attività professionale di medico a Fabiola Angeli, direttrice del pronto soccorso di Castel del Piano e al suo collega Stefano Bruni.
I militari hanno anche sequestrato i certificati digitali green pass degli indagati ai Ministeri della Salute ed Economia e Finanza. Dieci invece le perquisizioni domiciliari a carico di altri indagati tra infermieri, medici e parenti di quest’ultimi, tutti ritenuti responsabili di aver falsificato documentazione sanitaria per processare i tamponi di Covid-19.
Tra i reati contestati di due medici c’è quello di falso: il direttore del pronto soccorso aveva infatti bisogno del green pass per andare a lavorare, ma non voleva sottoporsi alla vaccinazione. L’unico sistema era avere un certificato di guarigione e così, venivano procurati tamponi positivi al di fuori dall’ospedale. Una volta ottenuti, li facevano analizzare al laboratorio dell’ospedale, dove ovviamente risultavano positivi. Dopo 10 giorni di quarantena, si sottoponevano a tampone che ovviamente risultava negativo, ottenendo in questo modo il green pass.
La direttrice del pronto soccorso aveva quindi continuato ad andare al lavoro senza incappare nella sospensione, che le sarebbe stata applicata se non avesse falsificato la certificazione per ottenere il green pass, continuando anche a riscuotere lo stipendio, mettendo anche a rischio la salute dei pazienti. Le indagini dei carabinieri proseguono, per scoprire da dove arrivavano i tamponi positivi che venivano utilizzati per le false certificazioni.
La posizione dell’Asl: indagine interna
Questa la nota diffusa dalla direzione dell’Asl Sud Est.
«La direzione dell’Asl Toscana sud est venuta a conoscenza delle indagini preliminari della Procura della Repubblica e dei carabinieri a carico di due medici e di altri indagati tra il personale sanitario, conferma la sua completa fiducia nella magistratura a cui ha fornito la massima collaborazione e continuerà a farlo. Si tratta di casi isolati che non devono macchiare la lealtà e il rispetto delle norme che centinaia di professionisti della Asl ogni giorno mettono in campo con grande spirito di sacrificio per garantire la salute di tutti».
«L’azienda informa anche che è stata immediatamente aperta un’indagine interna per individuare i risvolti disciplinari a carico del personale coinvolto. L’auspicio della direzione è che le indagini della magistratura accertino tutte le eventuali responsabilità nel minor tempo possibile».
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