È maremmano il guru internazionale del marketing | MaremmaOggi Skip to content

È maremmano il guru internazionale del marketing

Tutto ha origine dalla bottega di cornici e colori del nonno. Maurizio ora è docente universitario e cura mostre di arte moderna e contemporanea in tutto il mondo
Maurizio Vanni
Maurizio Vanni

FOLLONICA. Sempre con una valigia in mano e una nuova esperienza da vivere davanti. La prossima lo attende il 18 maggio.

Maurizio Vanni, follonichese di 56 anni, è un guru internazionale del marketing applicato alla cultura. Parteciperà al Belìce ArtBook Festival organizzato dalla Rete museale e naturale Belicia a Campobello di Mazara.

Guru è la definizione più usata da molte testate specialistiche che hanno dedicato centinaia di articoli alla sua carriera e alla sua figura professionale. A Follonica tutti sapevano che Maurizio aveva lasciato il Golfo “in cerca di fortuna” ma in pochi forse sanno dove sia arrivato.

Maurizio Vanni

L’arte nel sangue

Tutto ha origine dalla bottega di cornici e colori del nonno paterno, passata poi al babbo Piero e alla mamma Giuseppina. Poi frequenta la scuola d’arte Sabatelli di Follonica dove tenta di dipingere anche se consapevole di non avere i requisiti giusti. Allora si dà allo studio, arrivano così la laurea in storia dell’arte con specializzazione in museologia e il dottorato in Economia (Arts Management) preso per far contenti i genitori. Nel 1994 si trasferisce a Firenze, lì termina gli studi e lavora per qualche mostra importante ma qualcosa gli sta ancora stretto e nel 2002 decide di guardare altrove.

Da allora inanella una fila di esperienze difficilmente riassumibili, da tante che sono.  L’ultima è un tour americano: ha presentato la versione inglese del suo ultimo libro “Biomuseologia. Il museo e la cultura della sostenibilità” a Los Angeles, Pasadena, Sarasota, Saint Petersburg, Washington e New York. Maurizio accumula tutta una serie di esperienze necessarie a far sbocciare la metamorfosi, a divenire quello che sentiva di essere ma a cui non sapeva dare un nome. Alla fine, potremmo dire che si è inventato una professione applicando il marketing alla cultura.

Biomuseologia, il libro di Maurizio Vanni
Biomuseologia, il libro di Maurizio Vanni

Maurizio Vanni attualmente lavora per la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Lucca e Massa Carrara, è docente di museologia presso l’università degli studi di Pisa. È insegnante di marketing non convenzionale alla facoltà di economia di Roma Tor Vergata nel Master “economia e gestione della comunicazione e dei media”. Vanni è anche docente di governance e gestione culturale al conservatorio Luigi Boccherini di Lucca nel Master Madamm. Cura mostre di arte moderna e contemporanea ed è consulente di strutture culturali nazionali e internazionali.

Un percorso tortuoso ma necessario

Maurizio, se ti chiedessi di riassumere i momenti fondamentali della tua formazione quali citeresti per primi?

«Non è facile risponderti. Sono stati tutti uno conseguenza dell’altro. È come se avessi cominciato un gioco tipo caccia al tesoro. Senza le caselle precedenti non ci sarebbe nemmeno quella di oggi, in realtà però non sapevo quale fosse il tesoro. Il mio percorso si è autodefinito. Io stesso non potevo immaginare dove sarei potuto arrivare in quanto non era cosciente del mio potenziale».

Hai viaggiato tanto lasciando l’Italia nel 2002. Una scelta obbligata o voluta?

«Tutte e due, una conseguenza dell’altra, come dicevo prima. Da una parte avevo compreso che in Italia non era più tempo di ricerca e innovazione, di sperimentazione e mancava il desiderio di cambiamento. Anche in ambienti formativi come le università o nell’organigramma di musei e fondazioni, allora, non esisteva la meritocrazia. Senza buone raccomandazioni si rischiava la fame».

Come hai scelto dove andare quando hai lasciato Follonica?

«La scelta vera e propria non c’è stata. Mi dissi che la prima risposta ai curricula che avevo mandato l’avrei accettata e così feci. Certo non mi aspettavo il M’ars contemporary art center di Mosca» – ride ricordando lo shock.

«Mi inquadrarono come guest curator e dopo due anni divenni chief curator. Quei tre anni, seppur alternati a rientri in Italia, mi cambiarono la vita sia dal punto di vista professionale che per le grandi opportunità, conoscenze ed esperienze acquisite e anche per la mia formazione. È in quel contesto che conobbi l’artista cinese Hsiao Chin, una delle svolte decisive per la mia carriera. Una volta terminata l’esperienza in Russia, nel 2005 passai alcuni mesi con lui in Cina: un tour in molte città per presentare un libro e curare una sua mostra: ‘Percorsi di autocoscienza dell’anima».

Se tu dovessi raccontare che cosa alla fine di tutte queste esperienze hai maturato, come riassumeresti il percorso?

«Ero, e sono ancora più convinto ora, che la cosa fondamentale sia ascoltarsi, trovare la propria strada, esaltare la passione, rafforzare il proprio bagaglio con studi ed esperienze sul campo per cercare quel ‘posto magico’ fatto esclusivamente per noi. Tutti ne abbiamo uno, pochi purtroppo lo trovano. Molti non lo cercano. C’è soprattutto chi si arrende alla prima difficoltà, c’è chi ha timore di ciò che non conosce, di lasciare il porto sicuro della famiglia, degli amici e di una rassicurante “comfort zone” professionale. Io ho sempre amato il mio Paese: più mi allontano e più mi rendo conto della nostra grande ricchezza e di una qualità della vita non facilmente eguagliabile in altri luoghi».

La tua di ricchezze quale è?

«La mia è trasformare una passione in professione, vedere l’arte alla portata di tutti, concepire un museo come punto di riferimento di un territorio e di una comunità e dimostrare come la cultura possa essere uno straordinario mezzo anche per creare valore economico. La museologia del presente sollecita sempre più la nascita di musei esperienziali, inclusivi, accessibili e sostenibili. La vera sfida è quella di fare entrare la cultura nella quotidianità di tante persone. Ed ora so che è possibile fare tutto questo. Ho potuto applicare i risultati delle mie ricerche e raggiungere obiettivi inimmaginabili fino a dieci anni prima».

E oggi come passa le sue giornate Maurizio Vanni?

«La parte professionale rimane preponderante: il lavoro mi impone di essere aggiornato e in ricerca costante, ma anche di essere inserito in modo attivo in network nazionali e internazionali. Quando non lavoro mi immergo nella natura oppure cerco di vedere gli amici, in particolar modo quelli legati alla mia famiglia e all’adolescenza a Follonica».

Follonica ha ritrovato un posto nella tua vita?

«Follonica non ha mai lasciato il mio cuore. Naturalmente non posso frequentarla come vorrei, ma oltre agli amici, qui ho ancora mio fratello Alessandro, con due splendide nipotine e la sua magnifica famiglia. Dopo che i nostri genitori ci hanno lasciato, il legame con Alessandro si è rafforzato ulteriormente e questo è uno stimolo in più per tornare. Il mare, la pineta, il clima e la bellezza di alcuni luoghi non mi lasciano mai. Sono sempre più fiero della mia maremmanità».

Autore

  • Collaboratrice di MaremmaOggi. Il turismo e l'accoglienza sono nel dna familiare, ma scrivere è l'essenza di me stessa. La penna mi ha accompagnato in ogni fase e continua a farlo ovunque ce ne sia la possibilità. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma

    Visualizza tutti gli articoli

Riproduzione riservata ©

Condividi su

Articoli correlati

Reset password

Enter your email address and we will send you a link to change your password.

Powered by Estatik