SUVERETO. In un momento in cui il disagio giovanile è in crescita e sfocia spesso in aggressività o isolamento, a scuola e nei rapporti quotidiani, le famiglie hanno bisogno di un supporto concreto per rapportarsi con i propri figli.
In questo senso è decisivo imparare a distinguere il sentirsi tristi da uno stato depressivo, la tristezza: questo è il contenuto che la dottoressa Valentina Bartalucci vuole portare all’attenzione nell’ultimo della serie di incontri dedicati alla genitorialità, organizzati dall’assessorato al sociale del Comune di Suvereto.
L’obiettivo dell’incontro, che si terrà nella sala consiliare del Comune, il 17 aprile alle 17.30, è quello di promuovere la cura e il benessere di noi stessi e comprendere come affrontare le problematiche che possono incontrare i nostri ragazzi.

La tristezza come emozione

Sotto quale aspetto analizzerà la tristezza?
«La mia intenzione è quella di presentare intanto la tristezza come emozione che, in quanto tale, ci appartiene ed ha una funzione evolutiva. Così come le altre emozioni, anche la tristezza fa parte del nostro bagaglio personale del nostro vissuto e ci ha permesso di arrivare a come siamo oggi».
«Sperimentare la tristezza non è comodo, ma è importante anche per quanto riguarda l’evoluzione stessa e il fatto che non ci siamo estinti. Importante è fare psico-educazione rispetto alle emozioni in percorsi rivolti anche ai genitori».
Cos’è precisamente la tristezza?
«La tristezza è un’indicatore. Attiva il nostro sistema di attaccamento all’altro, crea il bisogno di vicinanza, di sostegno e di conforto. Pensiamo al pianto, ad esempio. Quando vediamo qualcuno in lacrime quello che viene da fare è di avvicinarsi alla persona. Quindi, la tristezza, in questo senso, rafforza quelle che sono le relazioni affettive».
«Noi siamo animali sociali; la nostra forza sta nel sostegno reciproco e nella vicinanza. Inoltre, la tristezza promuove l’introspezione e l’elaborazione emotiva. Ci invita a rallentare, a riflettere, a comprendere e dare un senso alle difficoltà affrontate. È un processo di autoriflessione che porta ad una maggiore consapevolezza di sé e ad un adattamento anche più efficace a ciò che si presenterà nella nostra vita».

«Ci permette di elaborare le perdite delle persone care intorno a noi. Quello che mi preme sottolineare con questo incontro è che i genitori devono apprendere la capacità di insegnare ai propri figli di stare anche nelle emozioni negative, proprio perché sono una risorsa importante. La tristezza è uno stato emotivo sano e normale, non patologico. Nella sua complessità è semplicemente un’emozione».
Quando la tristezza diventa patologica
Quand’è che la tristezza diventa pericolosa, generando uno stato patologico?
«Come dicevo, la tristezza è un’emozione e, in quanto tale, è un episodio transitorio e non è quello che ci deve preoccupare. Ci sono, però, poi delle situazioni in cui questo stato emotivo si trasforma in un periodo più lungo caratterizzato anche da anedonia, mancanza di voglia di provare piacere nel fare le cose, ed astenia, assenza di forza fisica e mentale, accompagnate da pensieri negativi che portano ad uno stato depressivo».
Cogliere i segnali d’allarme
«Gli stati depressivi in fase evolutiva li riscontriamo attraverso sia episodi di isolamento che manifestazioni di aggressività, irrequietezza e rabbia. Per i genitori è importante cogliere questi segnali d’allarme. Per fare una diagnosi è necessario che ci siano poi anche altri fattori, indicati dal DSM V (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, ndr) che devono perdurare nel tempo. Quando tutto ciò diventa invalidante, allora si accende una bella spia rossa».
«Diventa, dunque, necessario attivare la rete di relazioni e stare insieme al bambino o il ragazzo, cercando di dare sostegno, riducendo i rischi di cadere in uno stato clinico».
Due milioni di adolescenti hanno disturbi mentali
L’incidenza dei disturbi alimentari nella fascia evolutiva è molto alta.
In Italia sono circa due milioni gli adolescenti che soffrono di disturbi mentali e tra quelli più frequenti ci sono i disturbi di ansia e depressione.
Quali sono quei campanelli d’allarme difficili da cogliere per i genitori?
«Sicuramente il ritiro sociale. Sia l’ansia che la depressione si nascondono dietro questo fenomeno che è esploso dopo il periodo pandemico e il lockdown. Di solito i ragazzi che si isolano nel loro mondo interno, non sono ragazzi oppositivi o che in famiglia danno modo di farsi notare. Il ritiro sociale ha tutto un iter che si va ad acuire strada facendo ma presenta anche dei momenti di stabilità».
Quali sono le problematiche, invece, da parte dei genitori?
«I genitori di oggi sono cambiati, si vede dalla difficoltà da parte loro in primis nel saper dire di no, nel tollerare loro stessi la frustrazione, nella difficoltà nello stare accanto al bambino che piange, lasciarlo esprimere e fargli rispettare le regole. Quindi, ci dovrebbe essere anche una maggiore educazione alla genitorialità e una maggiore vicinanza alle coppie che hanno appena avuto un figlio da parte della famiglia circostante».
Il ruolo decisivo della scuola

«Altra tematica su cui mi piace far riflettere, è andare a trovare quelli che possono essere sì i fattori di rischio ma anche quelli possono aiutare il ragazzo a viversi l’emozione in maniera funzionale ed evolutiva. Questo tipo di educazione non spetta soltanto alla famiglia ma dovrebbe anche essere condiviso dalla scuola attraverso progetti scolastici volti ad educare all’emozione e all’affettività».
Ritrovare le vere relazioni
In un mondo volto all’individualismo necessaria diventa la relazione, quella vera, quella viva: il sostenersi attraverso l’altro, il tornare a guardarsi e sentirsi. L’empatia, la capacità comprendere l’altro dal di dentro, un qualcosa di cui tanto si sente parlare ma di cui siamo socialmente anche tanto carenti.
E in un mondo che si fonda sulla perfezione da mettere in mostra nella propria vetrina sociale, tanti sono i ragazzi che ne soffrono, e per cercare di imitare gli idoli o non riconoscendosi in essi, senza nessuna figura di riferimento veramente accanto, si perdono e non scoprono quella che è la loro autenticità, il loro essere e, di conseguenza, non trovano la strada verso la propria identità, completezza e serenità.
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Collaboratrice di MaremmaOggi.Nel giornalismo non esistono sabati né domeniche, non c'è orario e neppure luogo. C'è passione, c'è talento. Il mio lavoro è il mio sorriso. Da sempre curiosa, amo il sapere: più apprendo più vorrei conoscere. Determinata o testarda? Dipende. Vivo di sogni e li realizzo tutti.
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