GROSSETO. 7 mesi di di attesa per avere un referto istologico. 200 giorni per scoprire di avere un carcinoma che era stato diagnosticato già 2 mesi dopo l’intervento.
Solo che la busta con il risultato, firmato e datato 11 aprile 2023, è rimasta da qualche parte. In quale piano dell’ospedale dovrà probabilmente accertarlo l’azienda sanitaria.
È una storia terribile quella capitata a una donna di 50 anni, che abita in un comune dell’entroterra maremmano, operata all’inizio di febbraio per l’asportazione di utero e ovaie. «Avevo alcuni problemi per i quali, data anche l’età, era indicato il tipo di intervento che ho subito, ma non perché si sospettasse un tumore. In ogni caso, è stato richiesto ed eseguito l’esame istologico che credo sia di routine», racconta la donna.
«Chiami fra due mesi per il risultato»
Al momento della dimissione dalla ginecologia dove è stata operata, è stata avvertita che ci sarebbero voluti circa 2 mesi per il risultato, trascorsi i quali ha chiamato in reparto. Le è stato detto che il referto non c’era e che non doveva preoccuparsi perché con esito positivo, sarebbe stata chiamata. In caso contrario il risultato sarebbe arrivato a casa per posta.
«A questo punto mi sono tranquillizzata. I mesi sono passati in fretta, poi dopo la metà di agosto, dato che non avevo più avuto alcuna notizia, ho chiamato in reparto e di nuovo mi hanno detto che il risultato non c’era», riprende la donna.
Dopo 7 mesi, la diagnosi
Dopo qualche giorno, però, è arrivata la telefonata che invitava la donna ad andare in reparto per ritirare il referto. «Quando mi sono presentata in ginecologia – riprende la donna – ero abbastanza tranquilla, convinta che se ci fosse stato un problema sarei stata chiamata nei mesi precedenti».
E invece il medico la ha comunicato la diagnosi di carcinoma dell’utero “in situ”. «In quel momento mi è caduto il mondo addosso. Incredulità seguita dalla rabbia: per me e per le conseguenze che potrebbe avere questo ritardo, ma anche per chi si è trovato a subire lo stesso problema. È successo a me come potrebbe succedere ad altre persone. Mi chiedo quante», conclude la cinquantenne.
L’Asl: «Una lieve forma tumorale, superficiale e circoscritta»
La spiegazione dell’azienda sanitaria è disarmante:
«La signora, seguita al tempo da un medico ginecologo attualmente non più in servizio alla Asl Toscana sud est, è stata operata alla luce di una patologia non di natura oncologica.
L’esame istologico successivo, previsto da prassi, ha evidenziato una lieve forma tumorale, superficiale e circoscritta, per la quale l’intervento chirurgico eseguito è stato radicalmente risolutivo, tanto che la signora non ha necessitato di sottoporsi ad alcun trattamento oncologico, ma a una serie di controlli periodici di routine. A fronte degli eventi accaduti, è possibile sostenere che il riscontro è stato casuale, dal momento che, si ribadisce, l’indicazione all’intervento è stata giustificata da altra problematica.
Nel caso in cui i professionisti della Ginecologia avessero invece valutato il risultato istologico di maggiore gravità, avrebbero contattato subito la paziente per una prima visita con l’oncologo e successivo inserimento in un Gom, gruppo oncologico multidisciplinare, che garantisce a questo tipo di pazienti un percorso dedicato di presa in carico da parte di tutti i professionisti necessari e una pianificazione predefinita delle visite e dei controlli».
Si sono persi di vista i diritti dei pazienti
L’esame istologico ha evidenziato «una lieve forma tumorale, superficiale e circoscritta». Come dire il tumore c’è ma è piccino piccino. Quindi perché fare tanto chiasso. Ma il problema che forse è sfuggito nel redigere la risposta alla domanda del giornale non è solo la “qualità” della malattia, ma il fatto che la signora abbia dovuto attendere 7 mesi per un referto pronto dopo 2 mesi dall’intervento.
E che avrebbe avuto il diritto di sapere subito cosa aveva, di decidere cosa fare, persino rivolgersi a un altro ospedale per maggiore tranquillità.
E cosa significa che «il riscontro è casuale»? Che giustifica il ritardo nella consegna del referto, firmato l’11 aprile e consegnato il 29 agosto?
«Un bel tacer non fu mai scritto», recita un vecchio proverbio.
In questo caso sarebbe stato opportuno scusarsi con la signora, anche con due righe standard, perché è evidente che qualcosa non ha girato per il verso giusto.
Autore
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Redattrice di MaremmaOggi. Laurea in Lettere moderne, giornalista dal 1995. Dopo 20 anni di ufficio stampa e altre esperienze nel campo dell’informazione, sono tornata alle "origini" prima sulla carta stampata, poi sulle pagine di MaremmaOggi. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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