GROSSETO. Le indagini erano cominciate quattro anni fa, quando gli agenti della Digos della questura si erano presentati in Comune per una perquisizione. Indagini che oggi hanno portato il sostituto procuratore Giampaolo Melchionna a chiedere il rinvio a giudizio di cinque persone, tre italiani e due stranieri, per i reati di truffa, falsità in certificati o autorizzazioni amministrative e falso materiale commesso dal privato.
Centinaia di euro per documenti inutili
La sezione investigativa della Digos ha preso spunto dai periodici accertamenti svolti dall’ufficio immigrazione della Questura sulle documentazioni relative alle richieste di permesso di soggiorno, attraverso accertamenti preliminari sui numerosi stranieri che, raggirati e convinti dagli indagati della necessità del certificato di residenza o della cessione di fabbricato per l’ottenimento del permesso di soggiorno, pagavano somme di denaro per ottenerli, In realtà, quei documenti erano falsi e, nella maggior parte dei casi, inutili.
L’analisi ha consentito di rilevare la presenza di moltissime contraffazioni documentali, perlopiù relative a false residenze o a cessioni di fabbricato contenenti false dichiarazioni, per oltre 1000 casi accertati.
In particolare, i cittadini stranieri, indotti in errore e persuasi dagli indagati sulla necessità di ottenere la documentazione, poi risultata contraffatta, attestante la residenza o la dimora o basata su falsa attestazione, venivano indotti a pagare somme di denaro variabili dai 15 ai 750 euro.
I pagamenti alla stazione o alle Poste
Le indagini della Digos hanno consentito, attraverso numerosi servizi di appostamento e di pedinamento, sostenuti poi dalle parole di decine di cittadini stranieri in attesa di rilascio di permesso di soggiorno sentiti dagli agenti, di scoprire come avvenivano gli scambi: i documenti venivano consegnati agli stranieri dietro il pagamento delle somme richieste quasi sempre nella zona della stazione o al palazzo delle poste.
Altri accertamenti hanno permesso di svelare dimore fittizie in abitazioni utilizzate nelle false cessioni di fabbricato, che risultavano essere sempre le medesime e riferibili agli indagati. Abitazioni che si trovavano nei comuni di Grosseto, Follonica e Roccastrada.
I certificati di residenza erano in realtà documenti apparentemente rilasciati dai Comuni ma falsi, in quanto a colori, o riportanti vie inesistenti, o con l’indicazione di indirizzi email non riferibili al Comune rilasciante e con evidenti errori di battitura. Addirittura, in alcuni casi, gli stranieri venivano inseriti nello stato di famiglia degli indagati.
La quasi totalità degli stranieri coinvolti, poi, risultava soggiornare in Italia per motivi di protezione internazionale, quindi per il rilascio dei permessi di soggiorno non sarebbe stata necessaria alcuna ulteriore documentazione, per la quale, invece, i cittadini stranieri, vittime della truffa, venivano indotti a pagare ingenti somme di denaro.
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