Il Covid resterà a lungo, bisogna vaccinarsi | MaremmaOggi Skip to content

Il Covid resterà a lungo, bisogna vaccinarsi

Intervista alla direttrice del reparto di malattie infettive di Grosseto, da due anni in prima linea contro la pandemia
Ingresso malattie infettive Covid e nel riquadro la dottoressa Nencioni
L’ingresso delle malattie infettive Covid e, nel riquadro, la dottoressa Nencioni

GROSSETO. I segnali che la pandemia sta cambiando ci sono tutti. Così è a livello nazionale, regionale e locale. La curva ha iniziato la fase discendente, nonostante che non si fermino i morti, non si abbassi il numero dei letti occupati e il tasso di positività (la percentuale di positivi sul totale dei test processati) oscilli tra 1 e 1.5 punti in più o in meno.

Secondo gli esperti ci stiamo avviando verso la convivenza con il virus, mentre la ricerca si concentra su nuovi vaccini in grado di coprire eventuali varianti, da fare ogni anno come per la “normale” influenza stagionale.

Preoccupazione per il numero dei ricoveri

Quello che ancora preoccupa i medici sono i ricoveri, le persone che vanno in ospedale per il Covid, quelle con il Covid, in cui il virus aggrava patologie pregresse, portandoli in molti casi alla morte, ma anche i “pazienti Covid per caso”, quelli asintomatici, che scoprono di essere positivi entrando in ospedale per altri problemi. Dunque ci sarà da pensare a una nuova organizzazione e accoglienza dei positivi.

Ne parliamo con la dottoressa Cesira Nencioni, direttrice del reparto di malattie infettive dell’ospedale di Grosseto, da due anni in prima linea nell’assistenza ai malati di coronavirus.

Una bella immagine sorridente di Cesira Nencioni
La dottoressa Cesira Nencioni

La frase che si sente con sempre maggiore frequenza è che “dovremo convivere con il Covid”. Cosa significa del suo punto di vista di medico ospedaliero?

«Quello che stiamo osservando, al netto delle sorprese che questo virus ci sta riservando da due anni, è che in futuro, soprattutto se tutti si vaccineranno, il Covid non sarà più la causa del ricovero in via prevalente, ma lo accompagnerà. I reparti dovranno attrezzarsi per prendere in carico i pazienti anche se sono positivi. Faccio un esempio, non si può più pensare di rimandare un esame, una prestazione  programmata per una persona positiva, fino a quando non si negativizza. Certamente dipende da cosa deve fare, ma bisogna essere pronti a lavorare in sicurezza con pazienti positivi asintomatici».

Quindi bolle Covid in ogni ospedale?

«Questo dipende dalle scelte organizzative. Può essere una bolla Covid in ogni ospedale, con più specialisti impegnati, oppure in ogni reparto con letti riservati ai pazienti positivi. Ovviamente dovranno essere previsti percorsi differenziati e tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza del personale sanitario e dei ricoverati».

Il vaccino è uno scudo, reso fragile dalla falla dei non vaccinati

Oggi nel suo reparto ci sono circa 40 persone. Come è cambiata la tipologia dei pazienti?

«Bisogna distinguere i vaccinati da non vaccinati. Nel secondo caso sono circa il 60 % e sono persone anche giovani che hanno una sintomatologia riconducibile all’infezione. I vaccinati, invece, sono per lo più persone anziane con gravi patologie pregresse, in alcuni casi con solo una o due dosi da oltre 120 giorni, per i quali il Covid è un corollario che aggrava lo stato complessivo di salute, portando spesso al decesso. Se non avessero preso il Covid, sarebbero rimasti nelle loro case e nelle Rsa, non sarebbero morti così velocemente».

E si torna sul tema dei vaccini

«Certamente. Omicron è una variante molto contagiosa, che si prende anche con contatti brevi, che crea meno problemi ai più giovani, se vaccinati, ma che può essere grave per chi non si è immunizzato. Con il vaccino abbiamo creato un grande scudo, dove tuttavia resta la falla dei non vaccinati che favorisce la circolazione del virus. Chiaro che un anziano fragile è più soggetto ad infettarsi anche se vaccinato».

Intercettare i pazienti e curarli subito per limitare il ricorso ai ricoveri

E oltre alla vaccinazione cosa è necessario, a suo avviso, per gestire la pandemia e limitare i ricoveri?

«Bisogna intercettare i pazienti prima che abbiano bisogno del ricovero. Agire quindi sul territorio, somministrando le terapie antivirali per il Covid. Ai primi sintomi, un paziente fragile dovrebbe prendere questi farmaci. Qui è fondamentale la collaborazione dei medici di famiglia e delle Usca. La parola d’ordine è contenere l’infezione ed evitare il più possibile il ricorso al ricovero».

Molti esperti parlano di rischi di nuove ondate in autunno. È d’accordo?

«Questo virus ci ha sorpresi più volte, con nuove varianti che ci hanno spiazzato. Non si sa cosa potrà davvero succedere e non è escluso che a ottobre possa esserci una recrudescenza. Quindi bisogna vaccinarsi e mantenere alta l’attenzione nei comportamenti quotidiani. Purtroppo la realtà è questa, il virus ha cambiato le nostre vite e niente sarà come prima. Torneremo alla normalità di un abbraccio o un bacio a cuor leggero, è l’augurio che ognuno porta in cuor suo, ma ci vorrà ancora del tempo, con un percorso per gradi e tanta, ma tanta attenzione»

 

Riproduzione riservata ©

Condividi su

Articoli correlati