Chiede un congedo perché ha partorito, le strappano il contratto | MaremmaOggi Skip to content

Chiede un congedo perché ha partorito, le strappano il contratto

Il giudice: «È un atto di discriminazione». Il Comune di Monte Argentario è stato condannato a pagare il risarcimento alla donna. Il giorno in cui avrebbe dovuto firmare l’assunzione, le è stato impedito: sono intervenuti i carabinieri
Il tribunale di Grosseto
Il tribunale di Grosseto

PORTO SANTO STEFANO. Per far valere le proprie ragioni, era stata costretta a chiedere l’intervento dei carabinieri che si erano precipitati nel municipio di Porto Santo Stefano. Perché nell’ufficio dove l’architetta era entrata poco prima per firmare il contratto, la situazione era degenerata all’improvviso. Quando lei, che aveva appena partorito, aveva fatto presente che avrebbe preso il congedo parentale perché suo marito non si sarebbe potuto occupare del loro bambino. 

Anche perché, proprio in quei giorni, suo suocero, che viveva in un’altra provincia, stava morendo

Il dirigente che l’aveva convocata per quel posto di lavoro, di fronte a questa richiesta, si era inalberato e le aveva strappato il contratto che era andata a firmare davanti agli occhi. Quel giorno, la donna si era fatta anche accompagnare al colloquio dai suoi genitori, che erano rimasti con il bambino. Perché dopo la firma del contratto, lei sarebbe rimasta a lavorare

Il giudice: «È discriminazione»

La vicenda è finita in tribunale, di fronte al giudice del lavoro Giuseppe Grosso. Che ha stabilito, senza mezzi termini, che quello che ha subito la donna, assistita dagli avvocati Antonio Mancini e Giorgio Barletta del foro di Campobasso, è stata pura e semplice discriminazione. 

«Il motivo che ha determinato la decisione del Comune, dapprima di rinviare la sottoscrizione del contratto e successivamente di attingere ad altra graduatoria – scrive il giudice – è da ravvisarsi nella circostanza che il dirigente, già consapevole dello stato di gravidanza della donna e dopo aver atteso il superamento del periodo di astensione obbligatoria, abbia infine appreso solo durante il giorno della prevista sottoscrizione e presa di servizio della volontà della ricorrente di usufruire, per motivi personali, di periodi di astensione facoltativa». Insomma, di avvalersi dei diritti che spettavano alla donna per la nascita i suo figlio. «Tale motivazione – scrive il giudice Grosso – è discriminatoria». 

 La donna, oltre che al tribunale, si è rivolta anche alla Consigliera di parità della Provincia. Di fronte alla quale era emerso che il Comune di Monte Argentario era a conoscenza del fatto che la donna avesse appena partorito. Tanto che l’appuntamento per la firma del contratto, era stato posticipato di tre mesi, per godere del periodo di astensione obbligatoria dopo il parto.  

Il dirigente del Comune: «Non assumiamo donne in maternità»

È sul concetto di pari opportunità tra uomini e donne sui luoghi di lavoro che si è sviluppata tutta la vicenda. La donna, un’architetta, arrivata seconda alla selezione per due posti di istruttore direttivo tecnico a tempo pieno per 24 mesi era stata convocata il primo giugno 2023 in Comune, per firmare il contratto e per cominciare con il suo nuovo lavoro. 

Ma quando ha detto al dirigente che avrebbe dovuto prendere un periodo di congedo parentale, la situazione era cambiata all’improvviso. Il dirigente si era inalberato dicendo che non avrebbe assunto nessuna donna in stato di maternità: i permessi loro concessi, infatti, avrebbero creato problemi organizzativi. La donna aveva quindi chiesto che le fosse stato messo per iscritto che lei quella mattina del 1° giugno si era presentata alla convocazione. Non ottenendo la certificazione, aveva quindi chiesto l’intervento dei carabinieri

Il Comune aveva mandato una pec alla donna, nella quale si leggeva che l’Ente avrebbe sospeso le procedure di assunzione per attingere da una graduatoria interna. 

Cosa dice il Codice delle Pari opportunità

È al Codice delle Pari opportunità che fa riferimento il giudice Giuseppe Grosso nella sua sentenza di condanna del Comune, che dovrà risarcire la donna con una cifra di 18.000 euro per il danno patrimoniale e di 8.000 per quello non patrimoniale, oltre a liquidare le spese di lite per 4.800 euro. 

Deve essere infatti garantita la parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego. E questo deve succedere proprio per tutelare anche l’accesso al mondo del lavoro, «punendo -scrive ancora il giudice – ogni trattamento meno favorevole rispetto a quello riservato a un altro lavoratore in situazione analoga». Nessun ostacolo, quindi, sarebbe stato frapposto tra la firma del contratto «ovvero non si sarebbe manifestato il trattamento differenziale – scrive ancora il giudice – rispetto a quello che sarebbe stato riservato a un candidato uomo o a una candidata donna non madre di un bambino in tenera età». 

 

Autore

  • Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma

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