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C’è la festa nel borgo: «Ricordo la mia infanzia»

Simone Martini, originario di Campagnatico, rende omaggio al paese natìo: «Tornare a casa quando si è stati lontani ci riporta velocemente a quando giocavamo nei vicoli del paese»
L'opinione: la chiesa di Campagnatico
Un’immagine di Campagnatico

CAMPAGNATICO. Campagnatico è un piccolo borgo, pieno di una storia centenaria. Una storia sentita molto in paese, soprattutto in questa settimana ricca di appuntamenti. Il 2 settembre sono iniziati degli eventi storici, che termineranno l’8 dello stesso mese con il Palio dei ciuchi alle 18. In programma sabato e domenica c’è anche lo stand gastronomico, dove poter assaggiare il meglio della tradizione culinaria maremmana.

Simone Martini, originario di Campagnatico, ha deciso di onorare il suo paese scrivendo una lettera, dove ricorda la sua infanzia fra le vie del borgo. Nella lettera scrive anche di quanto questa settimana di festeggiamenti gli abbiano ricordato i suoni, i rumori e gli odori della sua infanzia.

La nostalgia di casa

«Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti». Queste sono le parole che Cesare Pavese fa pronunciare ad Anguilla, il protagonista del suo ultimo romanzo La luna e i falò.

Per chi ha vissuto lontano dal paese in cui è nato, queste parole suonano come una sentenza incontrovertibile. Ritornare alle radici comporta sempre un salutare tuffo al cuore. Possiamo girare il mondo per spasso o per lavoro e vivere in molti luoghi, ma nessun di essi per quanto amato potrà sostituire la terra in cui muoviamo i primi passi.

Molti se ne vanno per una sana ambizione e per il desiderio giusto di ampliare i propri orizzonti, in pochi non tornano, anche in maniera saltuaria, per vivere di nuovo, seppur fugacemente, la propria infanzia e la gioia semplice e totale che si portava dietro».

Simone: «Il palio fa rivivere l’infanzia»

«Nel ripercorrere le strade e i vicoli in cui siamo cresciuti, rimane indelebile un riflesso di quelle corse a perdifiato, la ricerca degli angoli nascosti che per un bambino diventavano luoghi remoti e inesplorati.

Io passeggiando per il “Mercatale” non posso in qualche modo non pensare al bambino che giocava a calcio nelle aiuole. Il bambino che contava con la testa tra le braccia appoggiate al tronco secolare del grande cedro al centro del parco, per poi cercare i compagni nei nascondigli senza limiti di spazio, che hanno contraddistinto le nostre estati.

Poi ci sono i cosiddetti momenti forti, le feste religiose, la processione del venerdì santo, la speranza di essere estratti per portare un oggetto della passione di Cristo: il velo con il volto di Gesù, i dadi con cui i soldati si giocarono la veste sottratta al Cristo, i chiodi, il flagellum e tanti altri.

Poi le tradizioni laiche, il palio su tutte che impegnava e impegna il paese in estenuanti preparazioni. Il palio ha rappresentato per molte generazioni il sigillo dell’estate. Il lunedì dopo la corsa quasi sempre coincideva con il primo giorno di scuola, dunque portava con sé quella malinconia positiva, che rende più belle e profonde le esperienze.

 Lo sciabordio delle bandiere al vento ancora caldo dei pomeriggi settembrini, l’odore pungente e dolciastro dei gelsomini in fiore, ognuno di noi ha un ricordo particolare legato al paese natale. Perpetrare il palio, questa tradizione ormai radicata nell’immaginario collettivo dei campagnatichesi, è anche, anzi direi soprattutto, un esercizio di memoria per far rivivere quel bambino che siamo stati».

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