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Cattivi odori in città, gli ambientalisti: «Controlli inefficaci»

Le associazioni scrivono al Comune, alla Regione, ad Arpat e ai carabinieri forestali per chiedere la documentazione sugli accertamenti compiuti sugli impianti a biogas: a provocare i miasmi sarebbero le acque lasciate nelle vasche scoperte
La manifestazione del giugno scorso, contro la puzza in città
La manifestazione del Comitato Grosseto Aria Pulita

GROSSETO. È successo anche nelle ultime settimane che l’aria, in città, fosse irrespirabile. Che si sentisse, in diverse zone di Grosseto, quell’odore acre che spesso ha caratterizzato le serate estive, mandando di traverso cene ed eventi organizzati all’aperto. 

Una questione, quella dei miasmi, che è stata spesso al centro del dibattito promosso dalle associazioni ambientaliste. Da Grosseto aria pulita, dal Forum ambientalista, da Grosseto al centro e da Italia nostra. Che sono tornati alla carica, scrivendo questa volta al Comune di Grosseto, alla Regione, all’Arpat e ai carabinieri forestali per chiedere la documentazione relativa agli accertamenti compiuti dallo stesso Comune e da Arpat sulla corretta gestione degli impianti a biogas

L’impegno del consiglio comunale

Era il 18 marzo 2019 quando il consiglio comunale, all’unanimità, approvò all’unanimità l’ordine del giorno “Maleodoranze nel territorio comunale di Grosseto. Richiesta di adeguamenti legislativi da parte della Regione Toscana a seguito delle novità normative per le emissioni odorigene introdotte con il D.Lgs. 183/2017” presentato dai gruppi consiliari di maggioranza. 

Ordine del giorno al quale fu aggiunto: «ed altresì impegna il sindaco, anche avvalendosi del tavolo tecnico di cui in premessa, a verificare presso gli enti competenti il rispetto delle prescrizioni rilasciate in sede di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica da biomassa, adottando ogni conseguente provvedimento di proprio competenza allorché risultasse la violazione anche parziale, di tale prescrizioni, con particolare riferimento all’adozione di tutte le misure necessarie a prevenire disturbi legati a eventuali maleodoranze». 

È proprio su questo che si interrogano gli ambientalisti. «Sul perché nessuno dei consiglieri – dicono – si siano indignati e abbiano chiesto lumi su questi controlli. Che, secondo noi, sono stati inefficaci e parziali». 

Vasche a cielo aperto su Google earth

È una lettera lunga sei pagine e ben argomentata quella che gli ambientalisti hanno inviato al Comune, alla Regione, ad Arpat e ai carabinieri forestali. Lettera alla quale sono state allegate le immagine prese da Google earth degli impianti a biogas che si trovano intorno alla città. 

«Si vedono le vasche a cielo aperto, senza alcuna copertura – dicono – prescritte nelle platee di deposito dei digestati solidi e liquidi in uscita dalla fermentazione anaerobica, con evidenti ristagni di acqua piovana. Le maleodoranze ci vengono segnalate in ogni parte della città e noi continuiamo a voler sapere se le gestioni di tali impianti sono conformi ai progetti presentati e autorizzati e alle prescrizioni impartite dalle autorità pubbliche contestualmente al rilascio delle autorizzazioni all’esercizio».

La richiesta degli ambientalisti quindi, nasce proprio dal sospetto che «alcuni impianti non siano gestiti come previsto dalle autorizzazioni – dicono – Per alcuni impianti, abbiamo avuto prove documentali di scarichi abusivi, all’esterno degli stessi, di acque dilavanti inquinate e di deposito eccessivo di digestati liquidi nei terreni limitrofi. Entrambi i fenomeni sono ovviamente fonte di cattivi odori che periodicamente interessano parti importanti della città».

Il consiglio comunale, nel 2019, aveva approvato l’ordine del giorno, per promuovere le verifiche necessarie. «Ma ottenuti finalmente i verbali di tali verifiche  – dicono – abbiamo visto che in nessun accertamento sono indicati i dati tecnici che consentono di verificare l’esistenza del presunto ciclo chiuso delle acque meteoriche inquinate: il ciclo chiuso prevede che tutte le piogge dilavanti le materie fermentate vengano raccolte e immesse nel digestore; quindi i volumi di tali acque sono in
funzione delle entità delle superfici scolanti in cui si lavorano i materiali in entrata e in uscita, le superfici con assenza delle coperture prescritte nelle autorizzazioni all’esercizio e non realizzate, il volume delle vasche sigillate in cui conservare tali acque contaminate».

L’attacco sui controlli

È su questo che in mancanza della documentazione richiesta, gli ambientalisti saltano a una conclusione che, se non confermata, almeno è logica. «Abbiamo dedotto – dicono – che le verifiche promosse dal Comune di Grosseto, con il supporto di Arpat, sono state parziali e inefficaci a stabilire se gli impianti abbiano o meno la possibilità di realizzare in tutte le stagioni dell’anno il ciclo chiuso delle acque, evitando scarichi abusivi all’esterno degli impianti con danno all’ambiente e alla salute pubblica. Tutti i consiglieri comunali dovrebbero essere scandalizzati al riguardo, poiché avevano impegnato unanimemente il sindaco ad effettuare tali verifiche e a prendere provvedimenti in caso di violazione delle prescrizioni rilasciate (DCC 40/2019). In mancanza della documentazione richiesta si ritiene che vi possano essere dei motivi, a noi sconosciuti, per non verificare se gli impianti a biogas nel comune di Grosseto possano scaricare all’esterno liquami di acque meteoriche dilavanti contaminate senza autorizzazione. Quali sono questi motivi? Perché vengono fatti controlli parziali?». 

Domande, queste, alle quali le associazioni ambientaliste, vorrebbero avere delle risposte. 

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