GROSSETO. Poco meno di un anno fa a Grosseto esplose il caso dell’appartamento dell’orrore sul viale Europa. I carabinieri forestali, il 10 settembre entrarono nell’appartamento dove madre e figlia, accumulatrici seriali, avevano adottato cani, gatti, animali protetti tenuti in condizioni igieniche e sanitarie terribili.
Nell’abitazione, i carabinieri avevano trovato anche un cane morto. Le due donne sono state indagate per maltrattamento e uccisione di animali. Il 24 ottobre però, di fronte all’abitazione, si presentarono l’animalista Enrico Rizzi insieme a Lorenzo Mancineschi che gestisce la pagina facebook “Il cronista scomodo” e a Alessio Cugini Borgese.
Giovedì 13 ottobre, per i tre, si aperto il processo di fronte alla giudice Ludovica Monachesi e al vice procuratore onorario Leonardo Brogi. Nell’aula del tribunale di Grosseto si è quindi svolta la prima udienza: Mancineschi, Rizzi e Cugini Borghese sono accusati di molestie in concorso e di pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico e procurato allarme.
A citare i tre a giudizio è stato il sostituto procuratore Carmine Nuzzo.
Riprese con il telefonino nella loro abitazione
I fatti che la Procura ha contestato a Lorenzo Mancineschi, difeso dall’avvocata Tania Amarugi, ad Enrico Rizzi, assistito dall’avvocata Clotilde Alice Dapei e a Cugini Borgese, difeso dagli avvocati Carmine Salvato e Andrea Piacentini tutti sostituiti in aula da Amarugi, risalgono al 24 ottobre dell’anno scorso, quando i tre si presentarono davanti all’appartamento delle due donne insieme a un gruppo di animalisti. Per oltre cinque ore, trasmisero in diretta su Facebook le riprese fatte davanti all’abitazione delle due donne.
Molestie, quelle accertate dalla Procura, che i tre avrebbero messo in atto per liberare due gatti dall’appartamento zoo degli orrori che però, anche nei giorni successivi, non furono mai trovati.
Rizzi, Mancineschi e Cugini Borgese, una volta arrivati davanti al palazzo, entrarono nell’appartamento dei vicini e attraverso una piccola scala si affacciarono sul terrazzino dell’abitazione della donna indagata, invitando insistentemente lei e la nonna, che è sempre rimasta estranea ai fatti contestati dalla Procura (indagate sono infatti la figlia e la nipote dell’anziana), ad uscire da casa e a consegnare gli animali oltre che chiedere di farli entrare nell’appartamento per constatare le precarie condizioni igieniche. Costringendole, scrive il pm nel capo d’imputazione, a chiudersi dentro.
I tre poi, non riuscendo a parlare con le due donne, si erano messi di fronte alla porta dell’appartamento, e avevano cominciato a bussare più volte, per chiedere loro un confronto e chiarire quello che era successo. E per richiamare ancora maggiore attenzione su quello che stava succedendo sul viale Europa, i tre avrebbero anche radunato una folla di persone e avrebbero chiesto anche l’intervento di carabinieri e polizia municipale oltre che del veterinario dell’Asl.
Dalle 13.35 alle 20, tutto questo era stato trasmesso in diretta Facebook e le due donne furono in grado di lasciare l’appartamento solo quando arrivarono le forze dell’ordine a far loro da scudo e il veterinario dell’Asl. Che accertò che in quell’appartamento, non c’erano animali.
Il 30 ottobre, Rizzi organizzò una manifestazione di protesta e salì sul tetto del palazzo per chiedere la liberazione dei due gatti.
Notizie false diffuse via Facebook
Assistite dalle avvocate Beatrice Paoletti e Barbara Montomoli, che hanno chiesto di costituirsi parte civile, le due donne erano state accusate di avere ancora in casa due gatti, dopo che i carabinieri forestali avevano messo sotto sequestro, un mese e mezzo prima, tutti gli animali che erano stati trovati nell’appartamento.
Affermando quindi che nella casa – zoo dell’orrore ci fossero ancora i due mici, e diffondendo sui loro profili di Facebook «concorrevano nel pubblicare – scrive il pm Nuzzo – e diffondere notizie false, esagerate e tendenziose per le quali si generava un turbamento dell’ordine pubblico».
Rizzi veniva inquadrato sia da Mancineschi che da Cugini Borgese mentre diceva: «Mi auguro che dentro non ci sia un minorenne là dentro… chiamo i carabinieri che entrano con la forza». E ancora: «Abbiamo visto animali là dentro… Un solo minuto lì dentro e questi animali possono morire… c’è flagranza di reato, ci sono animali dentro che uno si è buttato di sotto».
Poi, c’era stata la chiamata ai followers: «Portiamo 500 persone qua davanti, denunciamo il veterinario. facciamo appello alle persone che ci stanno seguendo e dormiamo qui, entriamo e ci prendiamo i gatti».
Il pm ha anche attribuito ai tre imputati ruoli ben precisi. Mentre Rizzi accusava le due donne, Mancineschi, che avrebbe invitato a Grosseto l’influencer animalista siciliano, lo riprendeva con il suo cellulare e lo incoraggiava con parole di approvazione «oltre che profferendo – scrive il sostituto procuratore Nuzzo nel decreto di citazione a giudizio – anche lui parole come quelle di cui sopra». Cugini Borgese invece in qualità di “cameraman” riprendeva immagini video per conto di Rizzi e le trasmetteva via Facebook.
Notizie false, spiega il magistrato, perché la nipote che era in casa era sì stata indagata, ma per fatti che risalivano a più di un mese prima: quando i tre si sono presentati davanti all’appartamento, nella casa non c’erano animali. Ma anche esagerate, tendenziose perché pur contenendo un’informazione giusta, ovvero che la donna era stata indagata, la notizia non era più attuale e serviva solo a produrre un effetto dannoso per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Il sostituto procuratore Nuzzo ha infatti definito i tre «video bloggers animalisti amatoriali», ignari, probabilmente, della legge sulla stampa, che deve essere rispettata anche per le pubblicazioni sui social.
Continue telefonate alle forze dell’ordine
Non ci sono solo le molestie e la diffusione di notizie false tra i capi d’imputazione contestati ai tre, che ora sono a processo. Ma anche quello di procurato allarme perché sempre il 24 ottobre, i tre avevano annunciato disastri e pericoli inesistenti alle forze dell’ordine.
Una prima telefonata era stata fatta da Rizzi, incoraggiato da Mancineschi, al numero unico per le emergenze 112 per segnalare che «l’appartamento era pieno di animali» e che «c’erano diversi animali in condizioni disperate», telefonata che veniva inoltrata di nuovo mezz’ora dopo, chiedendo l’intervento di una pattuglia dei carabinieri sul posto. Pochi minuti dopo, partiva la terza telefonata, questa volta direttamente al centralino del comando dei carabinieri di Grosseto dicendo: «io ho visto la macchina vostra che è appena passata … non dico a mo’ di passeggio ma quasi… dico se la macchina è libera è corretto mandarla qui… ho capito mi scusi, io non è che sto chiamando per prendere un caffè al bar, io sto segnalando un reato».
I tre sono accusati quindi di aver suscitato allarme presso le autorità tanto che in viale Europa poco dopo sono arrivate le pattuglie dei carabinieri forestali da Scansano, i militari da Marina di Grosseto, la polizia municipale e il veterinario dell’Asl.
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Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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