GROSSETO. Un intreccio fra Marina di Grosseto, l’Argentario e il casertano, in particolare fra imprenditori delle nostre zone, o comunque trapiantati in Maremma, e il clan dei Casalesi. Persone che, secondo le indagini della procura di Firenze, chiuse proprio in questi giorni, avrebbero costituito società, distratto beni ed emesso fatture per operazioni inesistenti per lavare grosse somme di denaro provenienti da attività illecite.
Gli indagati sono in tutto 18, dei quali 8 maremmani, residenti fra Marina di Grosseto e Porto Santo Stefano.
Le indagini sono curate dai pubblici ministeri Giulio Monferini e Leopoldo De Gregorio che, già un anno fa, disposero perquisizioni domiciliari a carico degli attuali indagati.
Il collegamento principale sarebbe fra Vincenzo Ferri, 44 anni, di Maddaloni, chiamato “O’ Califfo“, considerato dalla procura di Firenze vicino ai casalesi e Francesco Fabozzo, 65 anni, originario di Casaluce (Caserta) ma residente a Marina di Grosseto, che – secondo le indagini – avrebbe, tramite prestanomi, costituito società con lo scopo di riciclare denaro.
Il Ferri è indagato per autoriciclaggio (art. 648 ter) e associazione di tipo mafioso (416-bis) per avere «autoriciclato mediante trasferimento in attività economiche della Delfa Costruzioni o di altre società comunque riconducibili a Fabozzo Francesco, le somme pari ad euro 280.232,81, provento di attività delittuose dallo stesso compiute».
L’aggravante dell’associazione di stampo mafioso sarebbe «Per aver agito al fine di favorire e rafforzare l’associazione camorristica “Clan dei Casalesi” di cui Vincenzo Ferri risultava far parte o essere comunque imprenditore coinvolto nelle attività delittuose della organizzazione criminale fornendone un rilevante contributo e Francesco Fabozzo era imprenditore a disposizione, contributo consistito da una parte nell’occultare parte dei proventi delle attività fraudolente del Ferri e dall’altra nel consentire all’organizzazione criminale di cui il Ferri era esponente di operare in modo occulto investimenti nelle attività di impresa del Fabozzo».
Sotto la lente della procura una serie di movimentazioni bancarie
Sotto la lente della procura di Firenze una serie di movimentazioni bancarie, per quasi 300mila euro, che vedrebbero protagonisti anche i figli di Fabozzo, Luigi, residente all’Argentario e Teresa, residente a Marina, oltre a Monica Del Giacco, anche lei dell’Argentario.
Una serie di assegni che, attraverso altre società, sono comunque finiti sui conti della Delfa Costruzioni Srl di Marina di Grosseto, che fa capo appunto a Francesco Fabozzo.
Il collegamento con Vincenzo Ferri, ritenuto legato ai casalesi, ha fatto sì che le indagini siano state affidate alla procura di Firenze e alla Dda di Firenze e non alla procura di Grosseto.
Intestazione fittizia di quote societarie
La procura ipotizza anche l’intestazione fittizia di quote societarie, in pratica l’individuazione di prestanome, dietro le quali c’è quasi sempre Francesco Fabozzo e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Per l’emissione delle fatture il reato è contestato in concorso a Fabozzo padre, ai figli Luigi e Teresa e a Monica Del Giacco. In un altro capitolo il prestanome sarebbe Francesco Ferrigno, residente al Cristo e in un altro Antonio Sglavo, aversano, ma residente a Marina, titolare della S.A. Costruzioni. Ed ex marito di Teresa Fabozzo.
In un altro capo di imputazione la procura indaga Francesco Fabozzo, la figlia Teresa e Monica Del Giacco per intestazione fittizia di quote della Effe 2 Costruzioni s.r.l. di Marina. Questo, sostiene la procura di Firenze, per eludere la normativa in materia di misure di prevenzione patrimoniale antimafia (avendo il Fabozzo precedenti specifici in materia di criminalità organizzata di tipo mafioso e avendo utilizzato tale società per svuotare il patrimonio della società Delfa una volta entrata in crisi trasferendolo a tale società).
«Nonché – scrive ancora la procura di Firenze – al fine di agevolare la commissione del delitto di cui all’art. 648 bis c.p. (riciclaggio, ndr) anche mediante utilizzazione delle fatture fittizie nelle dichiarazioni annuali, in quanto con tale società si prestavano a pagare fatture emesse dalle società cartiere del Ferri, quali Edilizia Srl, Edilcommercio srl e Edilferri srl».
Fra gli indagati c’è anche la moglie di Fabozzo, Santina Abategiovanni, casertana ma residente a Marina, alla quale sarebbero state intestate fittiziamente quote della Fertilya Immobiliare di Marina di Grosseto, di cui è amministratore Luigi Fabozzo, suo figlio.
Indagati anche Patrizio Amore e Andrea Assini, quest’ultimo di Monte Argentario.
Assini, secondo la procura, sarebbe il prestanome della società Terra Rossa s.r.l. di fatto controllata da Patrizio Amore titolari di un patrimonio immobiliare del valore di oltre 2 milioni di euro. Immobili, secondo le indagini, poi trasferiti alla Delfa di Francesco Fabozzo in cambio di lavori eseguiti da Delfa per conto di TerraRossa s.r.l.. Operazione mai formalizzata, ma questi beni sono – dice la procura – nella piena disponibilità di Fabozzo dato che suo figlio Luigi abitava un appartamento di questi e lui stesso affittava gli altri tre.
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