GROSSETO. Due i massacri consumati in poche ore nell’ultimo fine settimana dai lupi ai danni di due aziende, quella di Carmelo Masala, decano dei pastori di Manciano e quella del giovane allevatore Simone Parrucci in località Rispescia. L’ennesima carneficina ha coinvolto l’allevamento di Masala che alleva uno dei greggi più importanti della Maremma. Le predazioni hanno portato ad un crollo della produzione del latte: 100mila litri solo nell’ultimo anno.
Un ammanco che, oltre alla perdita dei capi, si traduce in una immediata perdita di fatturato e sostenibilità economica, che è la principale ragione della “fuga” dei pastori dalle campagne e del mancato ricambio generazionale. Anche l’ovile di Parrucci è stato colpito, per la seconda volta in pochi giorni.
60 allevamenti hanno subito una o più predazioni in meno di un anno in Maremma. Oltre 200 gli animali azzannati e uccisi tra pecore, agnelli, asini e vitelli. Numeri che fanno impressione estrapolati dalla mappa delle predazioni di Coldiretti.
Parrucci: «Il lupo è entrato nella stalla»
I lupi sono animali intelligenti e hanno trovato il modo per entrare nelle stalle più volte a distanza di pochi giorni. Sono riusciti a trovare uno spiraglio e infilarsi nel posto dove gli animali dovrebbero essere al sicuro.
«Non sono al sicuro nemmeno nelle loro stalle. Il lupo è riuscito a trovare il modo di entrare ed uscire per ben due volte in pochi giorni trovando sempre il modo di aggirare la recezione – denuncia Parrucci – Ho perso il conto delle predazioni che ho subito in questi anni. La convivenza con il lupo è diventata insostenibile. Per questo c’è bisogno di accelerare sul declassamento della specie a livello comunitario per poter attuare poi i piani di gestione, esattamente come accade per il cinghiale e le altre specie della fauna selvatica».
L’obiettivo è trovare un equilibrio
Numeri oggettivi e scientifici sul numero di branchi che oggi non ci sono, e quelli che ci sono, sono datati, che hanno portato Coldiretti insieme a Federcaccia a lavorare per realizzare un monitoraggio regionale. Un monitoraggio fondamentale nel momento in cui l’Italia recepirà la direttiva UE, permettendo agli organi decisori e le istituzioni di elaborare e mettere in campo strategie e piano di gestione del lupo.
«Il lupo non è più una specie a rischio estinzione, mentre lo stanno diventando i pastori che faticano sempre di più a presidiare zone spesso marginali ed interne e garantire la materia prima per produrre le nostre Dop come il pecorino Toscano ed il Pecorino delle Balze Volterrane – dice – Prodotti lattiero-caseari di qualità che oggi sono a rischio proprio per la mancanza di latte, causata dalla chiusura delle stalle».
«Oggi non esiste un censimento regionale dei lupi che sia oggettivo, scientifico e realistico, ma ci sono solo stime. La sua presenza è ormai acclarata in tutti gli habitat, ha colonizzato anche centri urbani dove vive a pochi chilometri di distanza e le zone costiere – conclude – Avere dati è importante per sapere quale approccio impiegare per ridurre i conflitti laddove, come nel caso degli allevamenti, rappresentano una minaccia per la loro sopravvivenza o nel caso della popolazione un potenziale pericolo. Nessuno vuole avviare una caccia al lupo, ma semplicemente ristabilire una convivenza sostenibile».
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