Assente dal lavoro perché sta male, ma corre in bici e vince: licenziato | MaremmaOggi Skip to content

Assente dal lavoro perché sta male, ma corre in bici e vince: licenziato

L’uomo ha impugnato la decisione dei datori di lavoro davanti al giudice che però gli ha dato torto: nessuno in azienda sapeva che era un agonista. Condannato a pagare le spese legali

GROSSETO. Era diventato responsabile di qualità nell’azienda dove lavorava ormai da 24 anni. Si era costruito una posizione, fino a quando, nel luglio 2023, il rapporto con i datori di lavoro si era irrimediabilmente guastato. Ed era stato licenziato, dopo l’ennesimo richiamo. I rapporti avevano cominciato a traballare nel maggio 2012, quando gli era stata tolta l’auto aziendale e gli erano stati cambiati anche gli orari di lavoro. 

Alla fine, aveva dovuto lasciare il suo posto di lavoro. E per questo, l’uomo, assistito dall’avvocato Marco Picchi, si è rivolto al giudice del lavoro del tribunale di Grosseto per chiedere il reintegro, l’indenizzo e 50mila euro di danni per mobbing. Ma il tribunale ha dato ragione all’azienda, assistita dagli avvocati Luciano Giorgi e Alessandro Sorace

«Ho male al cuore»: fa le gare in mountain bike e vince

Avrebbe dovuto rispettare il riposo e svolgere una modica attività fisica, invece partecipava (e vinceva) alle gare in mountain bike. Per questo più di una volta i suoi datori di lavoro lo avevano richiamato, sia a voce che per iscritto. 

Troppe le assenze che il dipendente aveva collezionato negli anni: una volta perché era caduto dalla bici e si era fatto male, un’altra perché aveva avuto un problema cardiovascolare ed era stato sottoposto ad angioplastica, poi perché gli era stata diagnosticata una patologia ansioso-depressiva

I datori di lavoro non sapevano che il loro dipendente svolgesse un’attività sportiva a livello agonistico. Attività che, ha ricostruito il giudice Giuseppe Grosso, lo teneva incollato al sellino della bici anche durante i periodi di assenza dal lavoro per malattia. 

Lunga la lista di gare alle quali l’uomo aveva partecipato e che il giudice ha riportato in sentenza: dalla Gran fondo dell’Argentario, alla Marathon Monti Lucretili. E ancora, la Soriano Extreme e la Gran Fondo Est Est Est, il trofeo Mtb Uisp. «Non occorre essere un esperto per comprendere che si tratta di attività fisica intensa – scrive il giudice Grosso – che richiede grande preparazione e un importante allenamento, soprattutto se praticata con brillanti risultati quali quelli del lavoratore». 

Troppo sport fa male

L’uomo, nel suo ricorso, aveva anche evidenziato che l’allontanamento dall’azienda e tutti i motivi di frizione e i tanti richiami degli anni precedenti, gli avevano causato uno stato ansioso-depressivo che riusciva a tenere sotto controllo proprio grazie all’attività fisica. «L’attività fisica – scrive il consulente del tribunale – incluso ovviamente l’uso della mountain bike, può avere un impatto significativo sul benessere mentale, ma la sua influenza dipende da vari fattori, tra cui la gravità del disturbo, la condizione fisica generale della persona e il tipo di attività svolta».

Ma se l’elenco dei benefici è lungo, tante sono anche le controindicazioni. «Se l’attività fisica è troppo intensa – scrive ancora il consulente – potrebbe generare ulteriore stress fisico e mentale, peggiorando i sintomi di ansia e depressione». 

Il medico curante dell’uomo, infatti, gli aveva prescritto un’attività fisica moderata, non un’intensa attività agonistica che, a parere del consulente del tribunale, non ha favorito la remissione del problema né permesso la ripresa della capacità lavorativa

Il giudice rigetta il ricorso: condannato a pagare le spese

L’uomo quindi, durante il lungo periodo di malattia, anziché attenersi alle prescrizioni del medico e anziché adoperarsi per guarire e rientrare al lavoro, si era dedicato all’attività sportiva agonistica, aggravando di fatto, i suoi problemi di salute. E ritardando il suo rientro al lavoro.

«Il datore di lavoro – scrive ancora il giudice Grosso – deve attendersi dal lavoratore che questi adotti una condotta rispettosa anche degli interessi aziendali, improntata a buona fede e correttezza. Ebbene, nel momento in cui egli apprende che un proprio dipendente, assente da un periodo lunghissimo di tempo per malattia, svolge costantemente attività agonistica in giro per l’Italia, può legittimamente ritenere compromesso il necessario vincolo fiduciario».

Il giudice del lavoro ha quindi rigettato le richieste dell’uomo, condannandolo anche a 3.500 euro di spese legali. «Il licenziamento è stato legittimamente intimato», conclude il giudice Grosso, che ha giudicato infondate anche le richieste risarcitorie per mobbing. 

Autore

  • Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma

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