CASTEL DEL PIANO. «Dopo quasi tre anni di gogna finalmente posso tornare a vivere. Martedì 7 gennaio mi sono presentata all’udienza fiduciosa che la verità sarebbe stata accertata e così è stato. Il Tribunale ha infatti finalmente esaminato a fondo tutte le prove che la procura e i miei difensori hanno raccolto, concludendo con una sentenza di assoluzione per me e i mei congiunti da tutti i capi di imputazione relativi alla supposta falsificazione dei tamponi e dei relativi green pass».
A parlare è la dottoressa Fabiola Angeli, ex direttrice del pronto soccorso dell’ospedale di Castel del Piano, dopo la sentenza della giudice Cecilia Balsamo per il caso “green pass”, esploso nel 2021-2022. Giudizio che si è concluso con una condanna per falso ideologico che non ha però riguardato – come erroneamente riportato – la certificazione dei green pass. Capo d’accusa, questo, per il quale è stata assolta: la dottoressa infatti, non aveva rilasciato falsi green pass.
Tamponi effettuati all’esterno e refertati in ospedale
«Non poteva essere diversamente, dal momento che sia io che mio marito, mia madre, mia sorella ed il figlio di Fabrizio – spiega ancora la dottoressa Angeli – siamo stati davvero infettati dal virus del coronavirus nell’autunno 2021, come testimoniano anche i dati di laboratorio relativi alle proteine antispike che abbiamo depositato nel giudizio.
Le uniche condanne che ho riportato, e in relazione alle quali mi riservo di valutare l’opportunità di proporre appello dopo essermi confrontata con i miei legali, le avvocate Esmeralda Parentini e Micol Manenti, riguardano i falsi ideologici commessi in occasione della redazione dei verbali di pronto soccorso, allorquando, dando corso ad una prassi all’epoca assai comune data l’emergenza che ci assediava, si accettavano tamponi anche effettuati all’esterno, pur dando atto della presenza dei pazienti nei locali dell’ospedale».«Seppure io sia consapevole che formalmente questa pratica costituisce un reato, devo ribadire che la mia iniziativa fu comunque dettata dalle particolari condizioni emergenziali causate dalla pandemia allora in atto e dal rischio a cui i miei congiunti e prima ancora io stessa, in ragione del ruolo che rivestivo, eravamo esposti».
Nessun falso green pass
«Nei giorni scorsi, dopo aver letto la notizia sui giornali, molti amici e conoscenti mi hanno contattato: dalle loro parole purtroppo ho capito che l’esito del giudizio non è chiaro per i non addetti ai lavori. Dagli articoli pubblicati, infatti, sembrerebbe che la mia condanna riguardi la falsificazione dei green pass: così non è e mi preme ancora una volta ribadirlo anche in questa sede, perché proprio queste accuse, che erano le più gravi ed infamanti, sono tutte cadute, come era giusto che fosse».
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