GROSSETO. La violenza sia fisica che verbale dilaga fra i giovani della provincia di Grosseto: le baby gang, le risse fra ragazzi che a volte finiscono a coltellate.
Essere adolescenti è difficile, s’iniziano a conoscere le emozioni forti senza sapere come gestirle. La tristezza è totalizzante e la gioia è vera e propria euforia e in questa età, scientificamente parlando, il cervello è in una fase di sviluppo delicata e questo rende i giovani più vulnerabili agli ambienti negativi.
La risposta a come risolvere questa situazione non è prendere i ragazzi e buttarli in una cella a pane e cipolla – come si legge sui social – ma recuperarli e far assumere loro la responsabilità delle proprie azioni.
«Le cause della violenza dei ragazzi sono molteplici, profonde ed interconnesse. Ci sono i fattori individuali, come la difficoltà nella gestione delle emozioni, bassa autostima e la tendenza ad agire senza pensare alle conseguenze ed esposizione alla violenza – dice la psicoterapeuta Manuela Valle – Poi ci sono i fattori familiari e incidono anche i fattori sociali come la “pressione dei pari”, che spinge i ragazzi a comportarsi non in base a ciò che sentono, ma ad adattarsi alle aspettative percepite dal gruppo di amici».
La violenza nelle scuole
Il bullismo e il cyberbullismo sono presenti sia nelle scuole che nella rete.
Per questo il Coeso di Grosseto ha dato il via ad un progetto per provare a contrastare questo fenomeno attraverso la sensibilizzazione e la prevenzione.
«È possibile contattarci via email o social per segnalarci un caso e chiederci aiuto. Abbiamo formato un tavolo provinciale a cui partecipano molte associazioni e istituzioni, che si prendono carico degli episodi di bullismo – dice la referente del progetto Barbara Bugelli – La sensibilizzazione nelle scuole è fondamentale, per questo abbiamo in programma 5 convegni nella provincia e facciamo prevenzione durante le assemblee d’istituto».
Il bullismo è sempre esistito, ma oggi, a causa dei social network si può trasformare in cyberbullismo.
«Abbiamo trattato casi di violenza reiterata nel tempo in presenza, poi i filmati sono stati condivisi online e quindi è diventato un fenomeno di massa, portando gravi conseguenze psicologiche sulle vittime – dice Bugelli – Abbiamo ricevuto circa dieci segnalazioni, di cui due si sono conclusi con una denuncia».
Per segnalare un caso al Coeso o chiedere aiuto, basta inviare una mail a nobullismo@coesoareagr.it.
Valle: «Saper gestire le emozioni è importante»
Non solo nelle scuole: la violenza fra adolescenti è anche nelle strade. E spesso a dare il via alla rissa è uno sguardo di troppo o una piccola lite fra giovani, ma che spesso si trasforma in un accoltellamento o in un’aggressione di massa. Basti pensare ad una rissa avvenuta lo scorso settembre a Grosseto, dove un ragazzo ha rischiato di perdere l’occhio.
Per un banale battibecco in cinque lo hanno picchiato con calci e pugni alla testa e su tutto il corpo.
Ma questi comportamenti derivano da un insieme di fattori, fra cui l’esposizione alla violenza nei media, l’uso improprio dei social, disturbi mentali e l’abuso di sostanze.
«Anche l’incertezza nel futuro e la situazione instabile che l’Italia sta attraversando hanno un ruolo nella violenza fra i giovani – dice Valle – L’impossibilità di raggiungere gli standard elevati imposti dalla società può generare rabbia e frustrazione. Emozioni che se i ragazzi non sanno come gestire e se hanno un livello basso di autostima possono sfociare in comportamenti aggressivi come meccanismo di difesa».
Anche per questo è importante per i ragazzi affrontare un percorso di terapia psicologica, che può aiutarli ad imparare come gestire le proprie emozioni.
«Con l’aiuto di un professionista i giovani possono accrescere il senso di autostima, sviluppare empatia e anche apprendere come risolvere un conflitto senza l’uso della violenza – dice Valle – Infine uno psicologo o uno psicoterapeuta possono aiutare la famiglia ad affrontare le dinamiche che possono aver contribuito al problema».
La normalizzazione della violenza e il branco
I social media hanno un ruolo negli episodi di violenza. Gli adolescenti sono in un momento delicato della crescita a livello di formazione cerebrale e se esposti a violenza, che sia sia nei social network che in film o video giochi potrebbero innescare comportamenti imitativi.
«L’esposizione alla violenza non è mai sana e può banalizzare le conseguenze delle azioni violente. Anche i social hanno un ruolo, visto che possono essere un mezzo per diffondere contenuti denigratori o violenti – dice Valle – Questo genera un senso di anonimato e impunità che favoriscono i comportamenti violenti».
Sono in molti i gruppi di giovani che fanno violenza in branco, perché il “branco” soddisfa alcune necessità negli adolescenti.
«Il bisogno di appartenenza e di accettazione e la ricerca della propria identità, invece, hanno un ruolo nella formazione del “branco”, perché offre un senso di sicurezza e un modello di riferimento e supporto per la definizione di sé – continua – In qualche caso hanno anche un ruolo fondamentale anche l’assenza di figure adulte e di un ambiente familiare supportivo. E la paura di essere derisi o esclusi può spingere gli adolescenti a cercare rifugio e a conformarsi al gruppo, accettando così, ad esempio, comportamenti violenti anche se non condivisi».
Come si risolve il problema
I ragazzi possono essere recuperati e reindirizzati in una vita senza violenza, ma per fare questo a loro serve un aiuto, che dovrebbe arrivare dalla famiglia e anche delle varie istituzioni.
«È fondamentale che i genitori affrontino la situazione con calma e mettendo in atto diverse strategie: favorire l’ascolto, cercando di creare un ambiente non giudicante, provando a capire le motivazioni che hanno spinto il ragazzo a compiere quelle azioni – dice Valle – Poi devono far sì che l’adolescente si assuma la responsabilità delle proprie azioni e che comprenda le conseguenze legali e sociali dei suoi comportamenti».
Le istituzioni statali, come la scuola e le forze dell’ordine, hanno un ruolo importare per aiutare i giovani, perché per risolvere questo problema serve un intervento integrato e multidimensionale.
«I bambini dovrebbero affrontare dei percorsi dove possono imparare la non violenza e l’educazione sentimentale: così da adolescenti saprebbero come gestire le emozioni e come risolvere i conflitti pacificamente e con rispetto reciproco – dice Valle – La creazione di ambienti scolastici inclusivi e sicuri, con programmi di prevenzione alle varie forme di bullismo e il personale docente formato ad affrontare queste problematiche potrebbero aiutare nella gestione degli adolescenti».
Le reti di collaborazione tra scuola, servizi sociali, forze dell’ordine, associazioni giovanili e altre realtà del territorio per coordinare gli interventi e ottimizzare le risorse, potrebbero essere un modo per risolvere la violenza fra gli adolescenti.
«Gli interventi di sostegno alla genitorialità che aiutino i genitori ad affrontare situazioni o periodi di crisi durante la crescita del figlio, programmi di mediazione per risolvere conflitti familiari e prevenire la violenza domestica sono dei tasselli importanti per risolvere il problema – dice Valle – Esattamente come lo sono favorire lo sviluppo di associazioni che offrono sostegno alle vittime di violenza e servizi di consulenza psicologica, assistenza legale e supporto sociale».
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Collaboratrice di MaremmaOggi. Amo le bollicine, rigorosamente in metodo classico; il gin e credo che ogni verità meriti di essere raccontata. Non bevo prosecco e non mi piacciono né i prepotenti né le ingiustizie. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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