ALBINIA. Il 12 novembre del 2012 Albinia finì sott’acqua. E anche Grosseto rischiò grosso, perché l’Ombrone in golena arrivò ad altezze impressionanti, premendo sull’argine a Grosseto Sud. Sono passati dieci anni, ma il rischio è ancora lo stesso. Poco, o nulla, è stato fatto per evitare una nuova esondazione. E con i fenomeni estremi del clima impazzito non c’è da stare tranquilli.
Anche se, proprio in questi giorni, il consorzio di bonifica ha completato i progetti per gli invasi sul torrente Lanzo e sul torrente Gretano.
Ad Albinia, dopo quel disastro, è nata l’associazione Vita (Volontari indipendenti per il territorio dell’Albegna) che raccoglie le preoccupazioni della gente. E porta avanti, da allora, una battaglia per la messa in sicurezza del territorio.
Albinia, 10 anni dopo: l’appello dell’associazione Vita
Ad Albinia, 10 anni dopo, il presidente Aldo Leonzi, insieme al consiglio direttivo, lanciano adesso un nuovo appello, dopo quanto successo nelle Marche. Per il completamento della cassa di espansione di campo Regio e per avere un piano di protezione civile che scatti in caso di evacuazione.
«Le immagini e le notizie del disastro causato dall’alluvione nelle Marche ci hanno inevitabilmente ricordato la paura, il fango, la rabbia e la disperazione vissuti nel nostro territorio il 12 novembre 2012. Non riusciamo a dimenticare quei momenti e non possiamo soprattutto dimenticare chi, in quella furia devastante, ha perso la vita».
«A ormai 10 anni dalla prima alluvione nel bacino dell’Albegna, il territorio non è ancora in sicurezza. I lavori iniziati per la cassa di espansione di campo Regio termineranno in tempi tutt’altro che brevi ed è ormai chiaro a tutti, dagli organi tecnici della Regione ai sindaci del territorio, che bisogna intervenire con delle opere a monte di Marsiliana, assolutamente indispensabili per regimare le acque verso valle».
Sono anni che l’associazione Vita chiede attenzione, studi, progettazioni ed interventi rapidi per la prevenzione e riduzione del rischio idraulico sul territorio.
«A distanza di 10 anni dobbiamo purtroppo prendere atto che non ci sono iniziative concrete in tal senso. L’assessora all’Ambiente Monia Monni deve ancora rispondere alla nostra richiesta di incontro sui luoghi critici».
E se ci fosse da evacuare?
«C’è un’altra preoccupazione che ci affligge: cosa fare in caso di evacuazione? Nei casi di emergenza i cittadini dovrebbero conoscere un piano di Protezione Civile che evidenzi luoghi sicuri da raggiungere e percorsi sicuri per arrivarci. Se da un lato è vero che gli eventi atmosferici non sono così prevedibili per l’impetuosità che possono raggiungere, dall’altro lato si perdono anni preziosi per intervenire e cercare di arginare gli effetti devastanti delle precipitazioni».
«Il disastro nelle Marche evidenzia e sottolinea anche la nostra realtà: ovvero l’assurda difficoltà del sistema burocratico di mettersi in moto in tempi rapidi per prevenire gli effetti di eventi calamitosi ormai troppo frequenti e salvaguardare in primo luogo vite umane ma anche insediamenti ed attività».
«Sarà possibile evitare di intervenire in emergenza solo dopo un disastro annunciato?»
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