di Giovanni Poggiaroni
GROSSETO. Come la stagione che celebra, ogni anno la tradizione del maggio si rinnova in Maremma a suon di ottava rima.
I canti del maggio sono dei canti itineranti di questua, diffusi in varie forme in tutta l’Italia centrale, con i quali si saluta l’arrivo del maggio. Molto probabilmente le radici di questa usanza sono da ricercare in antichi riti di fertilità, che hanno fatto parte della civiltà contadina da tempo immemore.
La tradizione della maggiolata
«La “maggiolata” comincia solitamente la sera del 30 aprile e va avanti per la nottata del 1 maggio – racconta Maurilio Boni, presidente del gruppo tradizioni popolari Galli Silvestro e maggerino fin dall’età di 12 anni – La squadra composta da poeti, musici e coristi, caratterizzati dai cappelli ornati di fiori e nastri inizia il suo giro nei poderi dei contadini».
«Fermatisi davanti a una casa, il poeta improvvisa alcune strofe chiamate di “permesso”, per essere ricevuto e poter così cantare il vero e proprio Maggio. Una volta accordato il permesso, la squadra entra in casa seguendo un preciso, infatti il poeta che ha cantato il ” permesso”, cede il passo all’alberaio che entra per primo».
L’alberaio e il corbellaio
«Quest’ultimo è solitamente un poeta apprendista che ha il compito di portare con sé un ramo di alloro colto a luna calante ed ornato con fiori, nastri e piccoli specchi, vero e proprio simbolo del maggio. Di seguito all’alberaio entrano poi i musicisti, i coristi e il corbellaio».
«Il corbellaio è la particolare figura di un poeta, che portando un grosso canestro adorno e legato sulle spalle, ha l’incarico di raccogliere e di custodire tutte le offerte fatte dalle famiglie. Infine entra il poeta che aveva ceduto il passo agli altri. Qui, dopo che i maggerini hanno eseguito il vero e proprio canto corale – prosegue Boni – il poeta improvvisa rime dedicate alla famiglia, alla situazione dei campi, al raccolto, oppure fa riferimento ai giovani scapoli e alle ragazze da marito, ai giovani nipoti e alle persone più anziane della casa».
«Terminato il canto, dopo un’altra bevuta canta il corbellaio, chiedendo doni per tutta la squadra. Quindi c’è l’offerta in natura (polli, uova, vino, ecc.) oppure in denaro da parte della famiglia».
«Alla fine canta l’alberaio improvvisando in ottava rima, seguito per ultimo dal poeta per il ringraziamento e la squadra si appresta ad uscire seguendo questo ordine: per primi escono i musicisti seguiti dai coristi, poi è la volta del corbellaio e del poeta, infine esce l’alberaio. Dopo una decina di giorni è usanza fare “ la ribotta”, pranzo conviviale preparato con le offerte raccolte, dove i maggerini invitano a partecipare proprio quelle famiglie che hanno visitato».
Si canta in ottava rima
Le cantate dei maggerini vengono effettuate in ottava rima, anche se il motivo rimane sempre il solito, essendo legato alla zona di provenienza della squadra stessa, le parole cambiano ogni anno. Le tematiche vanno dalla primavera che ritorna e fa fiorire i campi, all’accenno di una gioventù nuova e gioiosa, al ricordo del primo Maggio quale festa del lavoro.
Molte volte i testi delle canzoni parlano anche di problemi attuali, ma per lo più si cerca dì fare un’analisi degli avvenimenti passati e di esprimere un forte sentimento di speranza per i tempi a venire. Per la civiltà contadina, che per secoli ha vissuto in queste campagne, era un vero e proprio rituale di auspicio, tanto che se un anno un podere non veniva visitato dai maggerini, era interpretato come presagio di sventura.
La storia e il presente
«La tradizione va avanti da tempo immemore – racconta Edo Galli, storico presidente del gruppo tradizioni popolari – subì una battuta d’arresto durante il fascismo, poiché veniva associata alla festa del lavoro. Dopo la guerra la tradizione riprese, anche se indebolita poiché in quel periodo, con il boom economico, ci fu il diffondersi di un rifiuto di tutto ciò che era legato al mondo contadino».
«Negli anni 70 però ci fu una grande ripresa del maggio, si formarono numerose squadre e per la prima volta ci fu la presenza delle donne nelle formazioni maggerine».
Oggi la tradizione prosegue, ma ora è più rivolta ai paesi, agli agriturismi e ai luoghi di aggregazione in genere, poiché quel mondo fatto di famiglie contadine che mandavano avanti i poderi è quasi completamente scomparso.
Anche quest’anno, il gruppo tradizioni popolari Galli Silvestro organizza la propria rassegna di canti del maggio, a Braccagni al centro sociale “Gli Anta”.
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