MAIANO LAVACCHIO (Magliano in Toscana). Era inevitabile. La commemorazione dei Martiri d’Istia, oggi 22 marzo, a 79 anni dalla strage fascista costata la vita a 11 ragazzi ritenuti colpevoli di non essersi presentati alla chiamata alle armi della Repubblica sociale italiana, si è trasformata in una resa dei conti. Ha tirato le somme di una settimana di polemiche sull’intitolazione di una strada di Grosseto a, Giorgio Almirante, che di questo tragico evento è il mandante morale.
Fischi a Vivarelli Colonna
Sì, perché quando il sindaco di Grosseto, Vivarelli Colonna, ha preso il microfono, dopo l’appassionato discorso del presidente dell’Isgrec, Lio Scheggi, e di quello ancora più appassionato del presidente della Provincia, Francesco Limatola, è stato sommerso dai fischi. Dai fischi e dalle note di “Bella ciao” che si sono levate in coro da una gran parte del pubblico.
C’è voluto un richiamo al “rispetto delle istituzioni” da parte del presidente dell’Anpi, Luciano Calì, per abbassare la tensione. Alla fine tra i fischi e tanta gente voltata di spalle, Vivarelli Colonna ha finito di leggere il suo discorso. Che certo non ha brillato per spirito di “pacificazione nazionale”.
Non in questo momento e non a Maiano Lavacchio, dove ogni anno la commemorazione dei martiri riapre una ferita mai sanata del tutto. Lo ha spiegato bene Limatola, nel suo intervento. «Maiano Lavacchio assunse il ruolo di spartiacque della storia della resistenza maremmana perché suscitò indignazione nella popolazione locale che prese maggiore consapevolezza rispetto alla ferocia del regime nazifascista. A tenere in vita la memoria fu la società civile furono le istituzioni come dimostra il luogo scelto per custodire la lavagna dove i fratelli Matteini lasciarono l’ultimo saluto alla mamma. Quel saluto rappresenta un valore identitario dell’antifascismo grossetano. Il luogo in cui viene custodito non è un luogo qualsiasi: è l’ufficio del sindaco di Grosseto che rappresenta la comunità nella sua interezza», ha detto.
Si è presentato senza la fascia tricolore
Lo “sgarbo istituzionale” del resto, lo ha fatto prima lui, Vivarelli Colonna, presentandosi a un’occasione pubblica, alle presenza di tutte le altre autorità civili e militari del territorio, di intere scolaresche e un pubblico di centinaia di persone, senza la fascia tricolore. Che, al contrario, indossavano i rappresentati dei comuni di Scansano, Cinigiano, Magliano in Toscana (con la commissaria prefettizia Maria Paola Corritore) e il presidente Limatola. Una, quella del consiglio comunale che è tutt’altra cosa, la indossava il presidente Fausto Turbanti, in disparte e defilato come l’assessore Luca Agresti.
C’è da capire perché non l’abbia indossata, ma anche questa è una scelta. Eppure, come ha tenuto a precisare Limatola, «la Maremma ha dato un contributo enorme anche in termini di vite umane alla Resistenza italiana ed è importante non dimenticarlo mai». Oltre alle 11 vittime di Maiano Lavacchio, ha ricordato la strage di Niccioleta in cui morirono 83 minatori per mano dei fascisti. E poi la strage di Ponte del Ricci a Roccastrada, il tenente Gino e il partigiano Giovanni Conti a Murci, la strage di San Leopoldo a Marina di Grosseto, Norma Parenti, morta ad appena 23 anni. E tutte le vittime di Grosseto i cui nomi sono nel pannello nell’atrio del Palazzo della Provincia di Grosseto.
«Per tutto questo sangue versato, io credo che la comunità maremmana non meriti l’intitolazione di una via di Grosseto a Giorgio Almirante, in nome di una pacificazione nazionale che è già avvenuta nel 46 con l’amnistia del ministro Togliatti e poi successivamente con la carta costituzionale. La vera pacificazione risiede proprio nella nostra Costituzione he rappresenta da 75 anni la casa comune degli italiani», ha concluso.
L’inaugurazione della casa della memoria
Le polemiche non devono far passare in secondo piano l‘altro importantissimo evento della mattinata, subito dopo la commemorazione e la deposizione della corona alla stele che ricorda gli 11 martiri: l’inaugurazione della “Casa della memoria al futuro”, realizzata grazie all’Istituto storico grossetano della resistenza e dell’età contemporanea, nella “scuolina” di Maiano Lavacchio. La caratteristica scuola di campagna, costruita nel dopoguerra e poi abbandonata, recuperata con un progetto donato dall’architetto Edoardo Milesi, ospita la mostra permanente “Per noi il tempo si è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”, curata dall’Isgrec, la biblioteca “Tullio Mazzoncini”, che diventerà un luogo permanente di studio e conservazione della memoria.
Al taglio del nastro, c’era un’emozionatissima Ilaria Cansella, direttrice dell’isgrec, e gli assessori regionali Alessandra Nardini e Leonardo Marras, la commissaria di Magliano in Toscana, Maria Paola Corritore, la sindaca di Scansano, Bice Ginesi, la vicesindaca di Cinigiano, Orietta Barzagli, e l’assessora del comune di Grosseto, Angela Amante, unica senza fascia tra le istituzioni comunali al taglio del nastro.
A Maiano Lavacchio, in quel mucchietto di case sulle colline di Poggio alla Mozza, ora ricoperte di vigneti, un tempo specchio della miseria come gran parte delle campagne maremmane, si respira la storia: nella stele che ricorda le vittime, nella cappella costruita sul luogo della fucilazione, nella Casa della memoria. Questa mattina si respirava negli occhi di tutte le persone che erano lì: studenti, amministratori, sindacalisti e tanta, ma tanta gente venuta a rendere omaggio ai suoi martiri.
«Oggi sono stata a Magliano in Toscana per inaugurare la Casa della Memoria al futuro, per la quale ringrazio l’Isgrec», ha detto l’assessora regionale Alessandra Nardini. «Lo avrei fatto comunque, ma alla luce di quanto sta accadendo a Grosseto, ho pensato fosse ancora più giusto e doveroso esserci. Di iniziative come questa c’è bisogno, per tutelare, valorizzare e diffondere la Memoria».
Poi anche Nardini torna sulla scelta del Comune di Grosseto di intitolare una via a Giorgio Almirante. «È una scolta pericolosa – spiega – perché nasconde il tentativo di mettere sullo stesso piano chi si oppose al nazifascismo e chi, invece, ne fu parte. Ma la storia non si può riscrivere né negare, la storia ci racconta chi scelse la parte giusta e chi quella sbagliata e ci racconta chiaramente che il fascismo non ha fatto anche cose buone, ma è stato violenza, privazione di libertà, orrore, distruzione e morte. Per questo – ha concluso – è incredibile e offensiva la decisione di intitolare una strada a Enrico Berlinguer e una a Giorgio Almirante in nome della pacificazione nazionale. L’unica pacificazione di cui c’è bisogno è proprio quella con la storia. Il nostro Paese, infatti, a differenza di altri, non ha saputo fare fino in fondo i conti con la propria storia, altrimenti non avrebbero mai avuto idee come questa, a maggior ragione all’interno delle istituzioni».
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Redattrice di MaremmaOggi. Laurea in Lettere moderne, giornalista dal 1995. Dopo 20 anni di ufficio stampa e altre esperienze nel campo dell’informazione, sono tornata alle "origini" prima sulla carta stampata, poi sulle pagine di MaremmaOggi. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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