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Gli ambientalisti: «I fossi cittadini sono fogne, riaprite le indagini»

Un esposto del 2019 è stato archiviato ma – spiegano: «Magistrati sviati da errori grossolani commessi da Arpat provinciale»
Gianni Trilli, Anna Bardelli, Roberto Barocci e Matteo Della Negra in piazza Dante
Gianni Trilli, Anna Bardelli, Roberto Barocci e Matteo Della Negra in piazza Dante

GROSSETO. «Il reticolo dei fossi attorno alla città è stato trasformato in fogne, vanno riaperte le indagini»: il Comitato aria pulita, il Forum Ambientalista e Italia Nostra tornano alla carica sul presunto inquinamento da digestato. Che poi sarebbe quello responsabile anche dei cattivi odori in città.

Un loro esposto risalente al 2019 è stato archiviato ma – dicono: «i magistrati si sono basati su quanto riferito da Arpat provinciale, che ha commesso due errori grossolani».

In sostanza, spiegano, l’archiviazione è viziata da errori dei tecnici incaricati dai magistrati: «Errori – dicono – evidenziati sia dall’Arpat regionale che dalla Regione stessa». Quattro anni dopo, peraltro, la situazione dei fossi è la stessa, se non peggiore. 

«Inoltreremo – dicono – tutta la documentazione alle varie autorità affinché le indagini in corso su inquinamenti simili siano assegnate a tecnici più affidabili».

Di recente, nell’indagine sul depuratore di San Giovanni, il pm che segue le indagini ha assegnato le analisi a un perito e a una società di Milano.

Sotto a Canapone, il Lorena che iniziò le bonifiche

Non è un caso che Matteo Della Negra (Comitato aria pulita), Roberto Barocci (Forum ambientalista), Anna Bardelli (Italia Nostra) e Gianni Trilli (5 Stelle), convochino la conferenza stampa proprio sotto alla statua di Canapone, del resto i Lorena furono i primi ad affrontare con impegno e determinazione il problema ambientale della Maremma e diedero inizio a quella bonifica che le ha permesso di risollevarsi definitivamente dopo secoli di abbandono e degrado.

E il punto di tutta la vicenda ruota attorno alla definizione dei fossi. Artificiali e non, come se quelli artificiali, prima o poi, non finiscano in quelli naturali, quindi nell’Ombrone e poi in mare.

L’esposto del novembre 2019, firmato da dieci cittadini, da Italia Nostra e Forum ambientalista, per gli scarichi nei fossi da una presunta discarica di digestato, portò all’archiviazione dell’inchiesta perché l’Arpat provinciale scrisse: «Il canale Molla 2 (siamo nella zona di San Martino, ndr) è di natura artificiale e non rientra, pertanto, fra i corpi idrici significativi. Nel caso del Molla 2, pertanto, le concentrazioni dei parametri determinati con le analisi non possono essere direttamente comparate con nessun limite di legge di riferimento».

Proprio per questo gli ambientalisti chiedono adesso di riaprire le indagini, perché sia l’Arpat regionale che la Regione hanno chiarito che l’interpretazione dell’Arpat provinciale, che ha “sviato” i magistrati, è sbagliata.

Uno scarico nel Molla 2
Uno scarico nel Molla 2

Barocci: «Due errori grossolani di Arpat»

«L’ Arpat-Dipartimento di Grosseto – spiega Roberto Barocci – ha compiuto due errori grossolani, in evidente disprezzo della logica comune, nella sua nota informativa inoltrata alla Procura di Grosseto in merito alle indagini sull’inquinamento del fosso Molla 2,condizionandone l’esito:

  1. Sia sulla distinzione introdotta tra corpi idrici artificiali e naturali, che secondo il Testo Unico Ambientale 152/2006 in materia di limiti agli scarichi non producono differenze e sia tra corpi idrici significativi e non significativi, che anch’essi non producono incidenza sui limiti di legge sugli scarichi. È profondamente illogico pensare che una norma, che ha come obiettivo quello di evitare l’inquinamento delle acque superficiali, possa stabilire limiti solamente agli scarichi in corsi d’acqua naturali. L’Arpat regionale, in allegato alla risposta della giunta regionale, ha scritto: «La normativa relativa agli scarichi viene applicata a tutti gli scarichi indipendentemente dal corpo idrico nel quale gli stessi confluiscono». Ciò appare ovvio a chiunque. Il fatto che il Molla 2 non sia stato inserito dalla giunta regionale nell’elenco dei corsi idrici “significativi” (in Toscana ne sono stati indicati circa 800 “significativi” sui 5.000) voluti da una legge successiva che ha stabilito l’obbligo dei controlli costanti della qualità delle acque, non ha incidenza sulla norma sugli scarichi, come conferma l’Arpat Regionale e la giunta della regione Toscana.
  2. L’Arpat Dip. Grosseto prima scrive che: «Le tubazioni (le sole in cui si sono prelevate e classificate le acque di scarico con valori fuori limite per i nitrati) rinvenute sul posto sono ubicate all’interno dei terreni di cui ai fogli mappali n.65 e 74… in parte dati in concessioni alle soc. Fer Energia e Futura Energia per la coltivazione delle biomasse vegetali». Poi nelle conclusioni si contraddice, scrivendo che la presenza di azoto nitrico «può derivare, anche, dalla distribuzione di concime minerale (fertilizzanti chimici, normalmente utilizzati per le coltivazioni, probabilmente anche dalle altre aziende agricole della zona interessata». Ma quelle tubazioni, ben individuate con coordinate polari, raccolgono solamente le acque dai terreni oggetto di deposito dei digestati, mentre le altre aziende agricole non fanno defluire le acque nel Molla 2 dalle suddette tubazioni».

Della Negra: «Città circondata da fogne a cielo aperto»

La Regione – spiega Matteo Della Negra – ha chiarito tutto: «Per corpo idrico ricettore di acque superficiali si deve intendere “ogni componente naturale o artificiale del sistema idrografico … rappresentato nella cartografia della Regione Toscana”, quindi anche il Molla 2. E ancora “rientrano nella classificazione di corpi ricettori acque superficiali anche corpi idrici diversi da quelli significativi. In conclusione possono essere autorizzati allo scarico in corpo idrico recettore acque superficiali anche scarichi che recapitano in corpi idrici non classificati come significativi ai fini del monitoraggio previsti dal Piano di Tutela delle Acque».

«D’altra parte, non è concepibile che si possa pensare che i corsi d’acqua superficiali attorno alla città di Grosseto, quasi tutti artificiali, debbano essere maleodoranti e fonte di disagi ai residenti».

«I canali tra le località San Martino e lago Bernardo ad est della città, il fosso Beveraggio a ovest del quartiere Verde Maremma, che sfocia nel San Rocco, i fossi a sud di Gorarella e dell’Uliveto tra la ferrovia e la Trappola a sud ovest della città che avvelenano il fosso dei Mulini, l’Ombrone e la sua foce a mare, sono stati trasformati in fogne a cielo aperto».

«Il Forum Ambientalista e il Comitato Grosseto Aria Pulita avevano segnalato fin da novembre 2019 un deposito esagerato di digestato solido in località lago Bernardo, che non poteva rispettare né le condizioni colturali previste dalle norme e finalizzate al miglioramento della fertilità dei terreni, né i limiti previsti dalle leggi per il deposito massimo di azoto, ipotizzando che tali terreni fossero stati di fatto utilizzati come discarica per lo smaltimento dei materiali solidi e liquidi in uscita dagli impianti a biomasse».

I cumuli di digestato segnalati dagli ambientalisti
I cumuli di digestato segnalati dagli ambientalisti nel 2019

«In mancanza di risultati concreti, nel gennaio 2020 presentammo un esposto in procura, avendo verificato dai risultati analitici sugli scarichi provenienti dai suddetti terreni nel fosso Molla 2 un superamento dei limiti di legge e segnalando le mancate verifiche da parte del Comune di Grosseto. Tutto venne archiviato».

i cumuli si vedono anche dalle immagini satellitari del portale della Regione Toscana
I cumuli si vedono anche dalle immagini satellitari del portale della Regione Toscana

«Per porre fine a tanti errori abbiamo promosso nel gennaio 2022 alla giunta della Regione Toscana un’interrogazione, che il Gruppo M5s ha accettato di presentare, e dopo 12 mesi, e diversi solleciti, è finalmente arrivata la risposta, con allegata una nota dell’Arpat regionale che anch’essa sconfessa quanto scritto dall’Arpat di Grosseto».

Ecco perché adesso gli ambientalisti chiedono di riaprire le indagini sui fossi e sull’inquinamento.


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  • Direttore di MaremmaOggi. Dopo 30 anni di carta stampata ho capito che il presente (e il futuro) è nel digitale. Credo in MaremmaOggi come strumento per dare informazione di qualità. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma

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