Speciale agricoltura con Coldiretti
GROSSETO. A, E, B1, B2, B6, C, K. No, non siamo improvvisamente impazziti: queste sono solo alcune delle vitamine contenute nel latte. Un alimento prezioso e presente, anche coi suoi derivati (vedi formaggi e mozzarelle) in numerose diete. Compresa quella mediterranea, considerata la migliore del mondo.
Il latte di mucca è quello che si potrebbe chiamare un “superfood”, ovvero un cibo con numerosi effetti benefici e caratteristiche nutrizionali speciali. Nel caso del latte prodotto in Maremma il termine non sarebbe solo una trovata del mondo del marketing. Quello che in provincia di Grosseto arriva dagli allevamenti locali fino nelle nostre case è un oro bianco che, per quanto prezioso, viene pagato fin troppo poco agli allevatori.
Il Consorzio produttori Latte Maremma lo sa bene e anche per questo attraverso l’attenzione verso gli allevatori e grazie ai prodotti come il “Gran Maremma” cerca di valorizzare al meglio la materia prima. La filosofia aziendale degli artigiani locali del latte è in mondovisione anche sul sito Internet del consorzio: “O le cose si fanno bene o non si fanno per niente. Noi le si fa meglio” dicono. E il prodotto, disponibile in numerosi piccoli e grandi mercati della Maremma, parla da solo.
Per fare il latte ci vuole lavoro (e qualità)
Da solo però, il latte non si fa. Quello che arriva alla centrale del Latte Maremma è il riflesso chiaro e tondo del lavoro svolto da una serie di allevamenti (di varie dimensioni) tutti maremmani. C’è chi ha appena iniziato, chi invece è alla terza generazione. Ad accomunarli tutti è la passione per una terra mai sazia di sfornare eccellenze e prodotti unici.
Tra i più giovani allevatori maremmani ci sono Matteo Tistarelli e Simone di Genova, eredi di un mestiere che hanno scelto di rinnovare e innovare. Il lavoro non prevede festività, inizia la mattina intorno alle 6 e finisce alle 20.30, «In estate anche alle 22», dice Matteo. Il camion che ritira il latte passa quasi tutti i giorni e lo porta alla centrale in via Scansanese.
Matteo: allevare e coltivare nonostante la crisi
Matteo, classe 1994, vive nell’azienda di famiglia in località Sant’Antonio (Campagnatico). Diplomato al tecnico agrario di Grosseto, si è subito dedicato al lavoro ed è titolare della sua azienda dall’ottobre 2021. In tutto può contare su 75 capi di Frisona, una delle razze più diffuse per produrre latte, quelle dal classico colore bianco a macchie nere.
Attualmente ne accoglie in sala mungitura 35. «Producono circa 26-27 litri al giorno per capo. Il mio obiettivo è puntare ad averne 50 in sala mungitura» racconta Matteo, che nonostante il periodo di grande crisi del settore, guarda avanti. La sua passione, quella per gli animali e l’allevamento, se la porta dietro sin a quanto era più giovane.
«Già da quando facevo le elementari avevo questa passione – ricorda Matteo – quando avevo i parenti che allevavano le pecore. Mi prendevo cura di alcuni agnelli, così crescevano nuove pecore che allevavo e mungevo. Andavo a scuola e quanto tornavo mi dedicavo a loro – racconta – ora ho solo le mucche da latte e la mia passione si è trasformata in un vero e proprio lavoro».
Nell’azienda, Matteo coltiva i campi per servire il suo allevamento «Coltivo orzo e fieno per alimentare le mucche – racconta – solo in una piccola parte, circa 10 ettari, coltivo il grano. Lo vendo, utilizzando la paglia per le necessità della stalla».
Matteo fa parte di quella schiera di giovani che ha trovato nella Maremma e nel settore primario, una leva di sviluppo ma non è sempre facile. «Mi auguro che questa situazione di crisi si sblocchi quanto prima – racconta – tutti i prezzi sono balzati alle stelle, dalle materie prime all’energia, per noi che produciamo è diventato davvero come fare un terno al lotto ricavare reddito dall’attività. In questo lavoro ci credo e mi piace veramente, ma dobbiamo essere messi in grado di poterci vivere, non ci possiamo solo soffrire. Per poter acquistare l’ultima parte della mia azienda ho acceso un mutuo, quello a ogni scadenza suona al campanello».
Simone: da tecnico meccanico ad allevatore
Simone Di Genova, classe 1987, rappresenta la terza generazione di allevatori nell’azienda di famiglia. Con il babbo Luciano alleva vacche di razza Frisona in località Il Cristo (Grosseto).
«Finito le superiori all’Iti, sono andato subito al lavoro – racconta Simone – ma non in azienda, ho lavorato come dipendente in un’attività dove facevo il tecnico meccanico, ci ho lavorato per sei anni».
Il tempo necessario per capire cosa gli piacesse davvero fare. «Poi mi sono licenziato. Il richiamo dell’azienda di casa era più forte – dice Simone – questo lavoro impiega tanto tempo, sicuramente più di quello che mi occupava l’essere tecnico dipendente, ma l’amore è amore”.
Simone ora può contare su 150 capi, di cui 45 in “lattazione”, ovvero quelli che sta mungendo.
«Ogni mucca produce circa 30 litri di latte al giorno – racconta Simone – e quello che coltiviamo in azienda, dall’orzo ai foraggi, è esclusivamente prodotto per soddisfare i bisogni delle mucche».
Simone condivide le medesime problematiche di Matteo e di tanti che come loro due allevano mucche per produrre latte di qualità. Il settore sta navigando a vista in un mare molto mosso. Le onde, pericolosissime, prendono il nome di speculazione, aumento dei prezzi, crisi di settore. La loro barca però, combatte anche contro un certo pregiudizio che vedrebbe gli allevamenti come uno dei principali responsabili del cambiamento climatico.
Crisi del settore e cambiamento climatico
«Il settore lattiero caseario sta attraversando un periodo molto delicato. Abbiamo portato e stiamo portando avanti molte battaglie al fianco delle aziende. Stiamo spingendo affinché le cooperative di conferimento valorizzino ulteriormente il latte attraverso anche nuovi canali e nuovi prodotti. – racconta Fabrizio Filippi, presidente Coldiretti Toscana – Siamo scesi anche in piazza ed abbiamo promosso una petizione di iniziativa popolare contro il cibo sintetico che riguarda anche il latte».
«Le multinazionali vogliono prendere il posto degli agricoltori e sostituire le fabbriche con le campagne. Ma non basta – prosegue Filippi – Non sono gli agricoltori e gli allevatori i colpevoli dei cambiamenti climatici, né delle speculazioni internazionali. Ma sono, al contrario, l’unico baluardo contro il dissesto idrogeologico e l’abbandono, per la salvaguardia della biodiversità e dell’ambiente. Il lockdown ci ha dimostrato cosa sia davvero inquinante. Il primario è un settore che non si è mai fermato, ed è stato quello che, come sempre, ha garantito l’arrivo dei prodotti ai supermercati».
«Le nostre aziende portano sulle tavole prodotti di assoluta qualità. Il latte in Maremma ne è un esempio – rimarca Milena Sanna, direttrice Coldiretti Grosseto – Molte poi sono di piccole-medie dimensioni, lontane dai grandi numeri e da una logica intensiva. Più si va avanti nel tempo, più anche le tecniche agrarie strizzano l’occhio alla sostenibilità. Il periodo di lockdown ha dimostrato in tutto il mondo che sono ben altre attività umane che impattano seriamente sul cambiamento climatico. Quando il mondo si è fermato – conclude – gli allevamenti non si sono potuti stoppare, non hanno l’interruttore. Eppure, numerosi rapporti scientifici, anche dallo spazio, hanno visto l’aria farsi più salubre, l’inquinamento è diminuito. Tutto finito quando i normali ritmi sono ripresi».
I contatti di Coldiretti Grosseto
Per informazioni: www.grosseto.coldiretti.it.
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Nato a Grosseto, pare abbia scelto quasi da subito di fare l’astronauta, poi qualcosa deve essere cambiato. Pallino fisso, invece, è sempre rimasto quello della scrittura. In redazione mi hanno offerto una sedia che a volte assomiglia all’Apollo 11. Qui scrivo, e scopro. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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