«Stasera le pagelle le fai tu». Gigi e la serata a Roselle | MaremmaOggi Skip to content

«Stasera le pagelle le fai tu». Gigi e la serata a Roselle

Il ricordo di Gigi tracciato da uno che lo conosceva bene. E gli voleva bene
Un momento della partita a Roselle (foto di Simonetta Grechi)
Un momento della partita a Roselle (foto di Simonetta Grechi)

di Giancarlo Mallarini

GROSSETO. Sarà la suggestione, il primo vento freddo, sarà la fantasia in libera uscita o la smania di sognare. Tutto questo concorre a trasformare la strada che porta al centro sportivo biancorosso in una specie di lento nastro trasportatore mentre il paesaggio intorno inizia a confondersi.

Roselle, con un lungo brivido sulla pelle, appare come Dyersville, paesino dello Iowa nel mezzo del nulla, la realtà entra nel film “L’uomo dei sogni”, il baseball si tramuta in calcio. Manca solo il granoturco. Mentre guardi il campo eccola la voce: «Se la giocate, lui tornerà».

Mentre le maglie azzurre e rosse corrono verso il centrocampo “lui” appare con i baffi arricciati, la barba spruzzata di bianco, sopracciglia marcate, in testa il cappello nero a larghe tese, maglietta bianca, bretelle, zaino appoggiato su una spalla. Poi gli occhi: accesi, belli, brillanti. Poi il sorriso: aperto, fragrante, vero, coinvolgente. Voce brillante: «Ciao, ti riconosco, sei quello che mi dava sempre 5 in pagella». «Si, sono io, ciao».

«Sono stati quelli in azzurro e rosso a chiamarmi. Sono venuto per divertirmi e prenderli in giro, alla loro età dovrebbero smetterla di inseguire una palla. Ma sono venuto soprattutto per rivederli e ringraziarli. Hanno avuto una bellissima idea, non potevo mancare». Mi osserva.

«Lo hai letto il mio libro? Ti ho scritto anche la dedica, nonostante tutti i 5 che mi hai rifilato». «Certo, l’ho letto. Stasera sei tu che farai le pagelle». «Che onore, vedrai che voti». Ride, io lo imito.

Dopo una serie di apprezzamenti, non ripetibili, ad ognuna delle maglie impegnate in campo, si alza. «Ora devo andare». Si aggiusta il cappello, gioca con le bretelle, si attorciglia i baffi. «E le pagelle?». Mi guarda dolcissimo: «Non c’è un numero che possa tradurre la bellezza di questo momento. Ciao». «Ciao».

Luigi si allontana, poi si volta verso il campo togliendosi il cappello, con il braccio disegna una semicirconferenza.

È il suo saluto.

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